Le Grazie

Le Grazie

Progettato intorno al 1808, ma composto soprattutto tra il 1812 e il 1813, il poema dedicato alle Grazie rimane incompiuto. Qualche verso anticipatore si può trovare nel testo della Chioma di Berenice di Catullo, che il poeta aveva tradotto nei primissimi anni dell’Ottocento, aggiungendovi un commento e alcuni frammenti spacciati per un’antica fonte ritrovata: quei frammenti ritorneranno, appunto, nel poema, esplicitamente ispirato al gruppo marmoreo di Antonio Canova.

Il poema è il risultato di un accumulo di pensieri, concetti, idee che si ampliano e si approfondiscono: Foscolo intende costruire un’opera allegorica che illustri, per immagini, il cammino compiuto dalla civiltà umana. Dunque ogni episodio e ogni figura avrebbero dovuto contribuire a formare un immenso affresco in grado di congiungere il passato al presente, la poesia antica dei Greci e dei Romani alla cultura del secolo nuovo, cioè l’Ottocento.

A suggellare questo incontro fra epoche distanti, Foscolo pone l’immagine radiosa delle Grazie, tre divinità femminili che fanno parte del seguito di Venere e che Canova aveva riportato in auge proprio in quel periodo, con il suo magnifico gruppo scultoreo. Esse sono divinità «intermedie fra il cielo e la terra», che svolgono una funzione educatrice, suscitando negli uomini gli «affetti sociali», ossia la possibilità di sviluppare una civiltà progredita.

Il poema comprende tre inni in endecasillabi sciolti, dedicati ad altrettante divinità: Venere, Vesta, Pallade. Nel primo inno, il cui nume tutelare è Venere, dea della bellezza, della natura e dell’amore, si narra la nascita delle Grazie dal mar Ionio. Esse sono benefattrici dei mortali che indirizzano al culto delle arti: salvano gli uomini dalla brutalità degli istinti e infondono nelle loro menti lo spirito dell’Armonia.

Nel secondo inno, dedicato a Vesta, dea del focolare domestico, si celebra un rito in onore delle Grazie. Il poeta invita sul colle fiorentino di Bellosguardo tre sacerdotesse, tre donne che egli ha amato: Eleonora Nencini, Cornelia Rossi Martinetti e Maddalena Bignami. Ognuna di esse incarna simbolicamente i doni che le tre divinità hanno portato agli umani: la musica, la poesia, la danza.

Il terzo inno è il più celebre e racconta di come Pallade, dea della sapienza, per proteggere le Grazie dalle insidie di Amore e dalle offese della guerra, le ricopra con un velo incantato, che raffigura i valori più alti della vita sociale, come l’amore coniugale e materno, la pietà e l’ospitalità.

La struttura del poema è ricca e complessa: vi si trovano elementi didascalici e autobiografici, sublimati in uno stile elegante e prezioso, animato da molteplici artifici retorici, soprattutto similitudini e analogie. L’opera costituisce inoltre un omaggio al linguaggio simbolico del mito, di cui l’autore si propone di rinnovare la genuinità assegnandogli una funzione educativa. La bellezza acquista infatti nei versi delle Grazie una valenza allegorica sottolineando il primato della poesia, emblema di incivilimento e di innalzamento dell’uomo al livello divino, e al tempo stesso mezzo insostituibile per ricreare sul piano artistico quei valori umani di eleganza e armonia perduti nel presente.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento