2. Il Satyricon

L autore Petronio in breve la propria morte per continuare a chiacchierare amabilmente con i propri ospiti degli argomenti più disparati, mantenendo il pieno controllo della sua vita fino all ultimo istante. A un tempo stesso si dimostrò dunque padrone del proprio destino e in grado di affrontare, nel momento più estremo, conversazioni su temi nobili ed elevati, ma anche facezie e pettegolezzi di vita quotidiana: in tale comportamento possiamo vedere senza dubbio un richiamo al suicidio stoico, sia pure in una chiave che può essere considerata parodica poiché priva di qualsiasi forma di eroismo. 2. Il Satyricon IL TESTO E LA TRADIZIONE MANOSCRITTA Un opera in frammenti Il testo tradizionalmente noto con il nome di Satyricon è un opera alquanto particolare, che unisce i caratteri del romanzo greco (à p. 276) a quelli della satira menippea (à p. 484), il genere misto di prosa e versi, con parti dialogate, praticato in Grecia dal filosofo cinico-stoico Menippo di Gàdara (III secolo a.C.) e a Roma da Varrone e da Seneca nell Apokoloky`ntosis (à p. 72). Non conosciamo l estensione originaria del testo, ma doveva essere piuttosto ampio: di esso noi possediamo soltanto alcuni frammenti e, per un fortunato caso, tutto il libro XV; durante il Medioevo, invece, erano note esclusivamente alcune porzioni dei libri XIV e XVI, ossia gli excerpta brevia ( estratti brevi ), conosciuti sin dal IX secolo, e gli excerpta longa ( estratti lunghi ), diffusi a partire dal XIII secolo. Nei primi anni Venti del Quattrocento l umanista Poggio Bracciolini (1380-1459) scopre un nuovo, ampio, frammento, la cosiddetta Cena Trimalchionis, che attribuisce al libro XV. Scevino, corruppe uno schiavo di lui e lo spinse alla delazione, sottraendo a Petronio qualunque mezzo di difesa, col gettare in carcere la maggior parte della servitù. In quei giorni Cesare per caso era andato in Campania e Petronio che si era spinto fino a Cuma venne qui trattenuto. Egli allora non volle protrarre più a lungo né la paura né la speranza e non volle nemmeno liberarsi con troppa fretta della vita, ma, recise le vene, se le legò ancora a suo piacere, poi di nuovo se le fece aprire, mentre si tratteneva Del Satyricon, opera a metà fra il romanzo greco e la satira menippea, si sono conservate porzioni dei libri XIV e XVI (excerpta brevia e longa) e tutto il libro XV, scoperto da Poggio Bracciolini nel Quattrocento e poi ritrovato a Traù nel Seicento. cogli amici, senza, tuttavia, trattare con loro di severi argomenti o tenere quel contegno col quale egli sembrasse cercare per sé la lode del fermo coraggio. Nessun discorso volle ascoltare dagli amici intorno all immortalità dell anima o a quelle sentenze che piacciono ai filosofi, ma solo volle udire piacevoli canti e facili versi. Ad alcuni servi fece distribuire doni, ad altri percosse. S assise al banchetto e cedette al sonno perché la morte, per quanto obbligata, avesse un apparenza accidentale. Nel suo testamento non scrisse parole di adulazione né per Nerone, né per Tigellino, né per qualunque altro potente, come faceva la massima parte di coloro che stavano per morire, ma vi notò accuratamente le infamie del principe, col nome degli amasi e delle donne, nonché ogni sua strana dissolutezza nei rapporti sessuali; dopo aver sottoscritto tutto ciò lo mandò a Nerone. Spezzò l anello col sigillo, perché non servisse più tardi a trarre altri alla rovina. (trad. B. Ceva) Piotr Stachiewicz, Petronio nella sua villa (particolare), illustrazione per Quo vadis?, prima metà del XX secolo. 219

Tua vivit imago - volume 3
Tua vivit imago - volume 3
Età imperiale