Tua vivit imago - volume 3

Il disagio esistenziale e la scoperta dell interiorità 10 15 Ma non appena l anima mia ne veniva distolta, m opprimeva con un gran fardello d infelicità. A te, Signore, avrebbe dovuto sollevarsi, da te essere curata, lo sapevo, ma non volevo né potevo, soprattutto perché per me non eri nulla di solido e fermo quando ti pensavo. Non eri tu, infatti, ma un vano fantasma e il mio errore era il mio dio.3 Se tentavo di posarla lì perché riposasse, scivolava via nel vuoto e ricadeva su di me, e io ero rimasto a me stesso un luogo d infelicità, dove non potevo stare né allontanarmi. Dove infatti avrebbe potuto il mio cuore sfuggire al mio cuore? Dove io sfuggire a me stesso? Dove non avrei potuto seguire me stesso? E tuttavia fuggii dalla mia patria. Poiché i miei occhi lo cercavano meno dove non erano soliti vederlo e da Tagaste andai a Cartagine.4 (trad. G. Chiarini) 3. il mio errore dio: appunto perché all epoca Agostino credeva al dio dei manichei e non al Dio dei cristiani. 4. da Tagaste Cartagine: per la biografia di Agostino vedi p. 760. DI TESTO IN TESTO Ma intanto l angoscia aumentava, su questo non c era dubbio: già ne conosceva la formazione: prima una vaga incertezza, un senso di sfiducia, di vanità, un bisogno di affaccendarsi, di appassionarsi: poi, pian piano la gola secca, la bocca amara, gli occhi sbarrati il ritorno insistente nella sua testa vuota di certe sue frasi assurde, insomma una disperazione furiosa e senza illusioni. Di questa angoscia , Michele aveva un timore doloroso: avrebbe voluto non pensarci, e come ogni altra persona, vivere minuto per minuto, senza preoccupazioni, in pace con se stesso e con gli altri e essere un imbecille . [ ] Quel giorno, mentre se ne andava passo passo lungo i marciapiedi affollati, lo colpì, guardando in terra alle centinaia di piedi scalpiccianti nella mota, la vanità del suo movimento: tutta questa gente , pensò, sa dove va e che cosa vuole, ha uno scopo, e per questo s affretta , si tormenta, è triste, allegra, vive, io invece nulla nessuno scopo [ ]; non staccava gli occhi da terra: c era veramente in quei piedi che calpestavano il fango davanti a lui una sicurezza, una fiducia che non aveva: guardava e il disgusto che provava per se stesso aumentava: ecco egli era così, sfaccendato, indifferente. (Alberto Moravia, Gli indifferenti, Bompiani, Milano 2016) FINO A TE Nel brano tratto da Gli indifferenti (1929) di Alberto Moravia (1907-1990), il sentimento di angoscia che prova Michele, il protagonista del romanzo, sfocia nell incapacità di reagire alla crisi economica e morale che vive la sua famiglia. Michele non si fa cogliere dalla frenesia che secondo Agostino rappresenta un modo per sfuggire all inquietudine, non cerca di superare questo disagio, ma addirittura si meraviglia dell inquietudine degli altri e se ne chiede la ragione. Se per Agostino Dio dà un senso alla ricerca di serenità ed equilibrio interiore dell uomo, per Michele nulla può alleviare questa pesante condizione psicologica. Moravia esprime così la sua riflessione sulla crisi dell uomo contemporaneo, che non ha più certezze etiche e religiose e nemmeno è sostenuto da alcun impegno sociale e politico. Sei d accordo con la visione dell autore? Se l angoscia e l inquietudine sono per molti espressione di una mancanza di senso, dove potrebbe rivolgersi l uomo del terzo millennio per trovare le motivazioni che rendano la vita degna di essere vissuta? Esprimi le tue considerazioni confrontandole con quelle dei tuoi compagni. 175

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Età imperiale