Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO Analisi del testo Pitagora e il pitagorismo Storicamente a Pitagora e alla sua scuola sono attribuiti progressi fondamentali nel campo dell aritmetica (come la distinzione tra numeri pari e dispari) e della geometria (come il celebre teorema di Pitagora). Quanto alle dottrine filosofiche, le più importanti sono quella della metempsicosi e quella cosmologica. Per metempsicosi si intende la trasmigrazione delle anime da un corpo a un altro, anche di specie diversa, dopo la morte, mentre la dottrina cosmologica considerava al centro del cosmo il fuoco e attorno a esso, in orbite concentriche, i vari pianeti fino alla sfera estrema, che racchiudeva il tutto ed era formata anch essa di materia ignea. La professione di vegetarianismo, su cui Ovidio insiste molto nel discorso che attribuisce al filosofo, è controversa: in realtà non è sicuro che il Pitagora storico ne fosse davvero un sostenitore (secondo alcune fonti raccomandava di astenersi soltanto da alcuni animali); la questione è assai complessa, ma, come è stato osservato, «Ovidio [ ] non si pone il problema di una restituzione storicamente corretta dell originaria ortodossia pitagorica, e quindi dalla nostra prospettiva il discorso si caratterizza come eclettico da un punto di vista dottrinale [ ]. Evidente è l intenzione di realizzare non tanto un esposizione sistematica quanto un discorso efficace da un punto di vista retorico (L. Galasso). Una filosofia per le Metamorfosi? I critici si sono a lungo interrogati sul significato del discorso di Pitagora all interno del poema ovidiano ( p. 453): è evidente, infatti, che la presenza di un discorso così lungo e impegnato, collocato per di più nell ultimo libro dell opera (ne occupa poco meno della metà), non può certo essere casuale, sicché si può dire che «il discorso di Pitagora sfida il lettore a interpretarlo nei contesti sia della sua cornice narrativa sia dell intero poema (Ph. Hardie). La spiegazione più ovvia sembrerebbe essere quella per la quale con questo discorso Ovidio ha voluto dare un fondamento filosofico alla sua grandiosa creazione poetica: in tal caso, potremmo pensare che le convinzioni che il poeta attribuisce a Pitagora siano anche le sue; ma potremmo anche supporre, in alternativa, che nel suo tendenziale relativismo Ovidio abbia scelto, tra le molte concezioni filosofiche del mondo greco-romano, quella che meglio serviva allo scopo, cioè spiegare il fenomeno della continua metamorfosi di tutte le 544 cose (omnia mutantur, nihil interit, «tutto muta, niente muore , dice Pitagora al v. 165). D altra parte, c è stato anche chi ha postulato una netta distanza del poeta dalle affermazioni che attribuisce al personaggio, ritenendo di scorgere nel lungo discorso del filosofo una parodia del pensiero pitagorico e, in generale, di quel tipo di credenze , oppure ipotizzando che Ovidio abbia voluto mostrare al lettore, come in una versione in miniatura, quello che sarebbe potuto essere un modo diverso e alternativo di affrontare, in poesia, il tema della metamorfosi, vale a dire nella forma di un (noioso) poema didascalico. Ma, se da un lato postulare una identità di vedute tra Ovidio e Pitagora può apparire ingenuo o comunque semplicistico, dall altro ci si potrà anche chiedere, allo stesso tempo, quanto sia verosimile che un poeta dedichi ben quattrocento versi a quella che è una semplice parodia oppure a far vedere quanto la sua opera sarebbe potuta essere peggiore di come è in realtà. Ovidio e la sofferenza degli innocenti Una possibile risposta alternativa alla domanda sul significato del discorso di Pitagora e su quanto e fino a che punto esso rispecchi il pensiero di Ovidio può venire dal confronto con altri passi delle sue opere nei quali sono affrontati gli stessi temi, e in particolare quello, così evidente nel testo qui riportato, della sofferenza degli esseri innocenti, qui nello specifico degli animali che l uomo uccide per sacrificarli e per cibarsene. A proposito dei sacrifici animali, per esempio, anche nei Fasti Ovidio scrive, proprio come ai vv. 111-121 del passo delle Metamorfosi: «Nocque alla scrofa la colpa, e la colpa nocque anche alla capretta, / ma quale colpa pagaste, tu, bue, e voi, placide agnelle? (Fasti I, 361-362, trad. L. Canali; la «colpa della scrofa e della capretta è quella di aver danneggiato, rispettivamente, i germogli del grano e i tralci delle viti). Altrove il dolore innocente è quello dei bambini, sacrificati alle leggi di una giustizia inesorabile: in una delle Heroides, Cànace scrive al fratello Macàreo, dopo che il loro amore è stato scoperto e punito dal padre Eolo, il re dei venti, che aveva condannato sua figlia al suicidio e aveva ordinato che il nipotino appena nato, frutto di quell amore proibito, venisse abbandonato in un luogo solitario per essere divorato dai lupi: «Lo sventurato bambino emise un vagito pareva che avesse capito : supplicava suo nonno

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Età augustea