Promessi sposi

T5 LA NOTTE DEGLI IMBROGLI Analisi Le sorprese non finiscono mai Nel capitolo VIII Manzoni dà prova di straordinaria abilità nell orchestrazione dei toni, che passano dall allegro da commedia nella scena del matrimonio di sorpresa, al drammatico del tentato rapimento di Lucia da parte dei bravi, per approdare infine agli accenti lirici e commossi dell Addio, monti (f T6, p. 84). Ci troviamo nella notte degl imbrogli e de sotterfugi, nella quale gli eventi si intrecciano con rapidità incalzante. Ma è anche la notte della paura, in cui si fatica a capire da dove provengano le minacce, e nessuno riesce a portare a termine con successo i propri piani. Il brano riportato, che coincide con la prima parte del capitolo, verte sulla figura di don Abbondio, il personaggio intorno al quale Manzoni concentra più volentieri l umorismo. Lo vediamo nella tranquillità della sua casa, del tutto ignaro della tempesta che sta per roveT1, p. 43). L atmosfera sciarsi su di lui, come già nell episodio dell incontro con i bravi (f pacifica e raccolta giova a far risaltare con maggiore intensità l imminente trambusto. Il sacerdote è immerso nella lettura di un volume in lode di san Carlo Borromeo, aperto per passare il tempo, più che per passione: l impavido santo milanese del resto sta ai suoi antipodi, per carattere e azioni. Anche in quest attività comunque il pigro don Abbondio inciampa nell imprevisto incontrando degli ostacoli stavolta culturali che lo infastidiscono: Carneade! Chi era costui? è una frase passata in proverbio, per indicare una persona mai sentita nominare. Il debito di Tonio, le chiacchiere di Agnese destino che don Abbondio non possa mai stare tranquillo. Perpetua, la donna di servizio, gli annuncia la visita di Tonio, venuto insieme al fratello Gervaso a saldare un vecchio debito. Pur di riavere il denaro prestato il sacerdote lo fa entrare, nonostante l ora tarda. Perpetua intanto viene distratta da Agnese, che le riporta delle cattiverie sul suo conto, opera di malelingue: sarebbe rimasta nubile perché rifiutata da Beppe Suolavecchia e Anselmo Lunghigna (Manzoni si diverte a inventare degli appellativi comici, che sembrano quasi dei soprannomi). Renzo e Lucia possono così intrufolarsi in casa, con una circospezione segnalata dai raddoppiamenti (zitti zitti, adagino adagino, pian piano, rr. 50-52). Il piano prevede in effetti di sfruttare le debolezze degli interessati, ovvero il gusto per la chiacchiera (che caratterizza la serva) e la tirchieria (che è una delle tante pecche del curato). Don Abbondio, scopriamo, è solito prestare denaro, possiede un apposito registro dei conti e tiene sottochiave in un armadio gli oggetti lasciati come pegni dai debitori. Il sacerdote appare avido, diffidente, meschino, tanto che la sua figura finisce con il somigliare a quella dei celebri avari delle commedie, come l Arpagone di Molière. Nell insieme dà un impressione di trascuratezza e decadenza, sottolineata dall insistenza sugli aggettivi vecchio (vecchia seggiola, vecchia zimarra, vecchia papalina, rr. 62-63), e folto, riferito ai capelli, i sopraccigli, i baffi e al pizzo che incorniciano una faccia bruna e rugosa (r. 66), tutti canuti (r. 66 e perciò paragonati a cespugli coperti di neve, sporgenti da un dirupo, al chiaro di luna (r. 67). Il matrimonio di sorpresa La bizzarra similitudine rimanda alla situazione esterna (una serena notte autunnale) e nel contempo evidenzia il sapiente gioco di luci e ombre, verità e bugie, su cui si basa l episodio, che si svolge al lume scarso d una piccola lucerna (r. 64). Tonio consegna il denaro a don Abbondio, e questi gli restituisce la collana della moglie. Mentre cancella il debito dal suo libraccio (r. 92), immerso nella scrittura, Renzo e Lucia quatti quatti entrano nella stanza e si nascondono dietro i due fratelli, che all improvviso si spostano, senza andarsene, perché il loro compito è di fare da testimoni. A questo punto la situazione conosce un accelerazione improvvisa, rimarcata dalla sequenza di ben sette verbi che riportano in asindeto la reazione di don Abbondio: vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò, si stupì, s infuriò, pensò, prese una risoluzione (rr. 109-111). Abbandonata la consueta pigrizia, il curato riesce a reagire con tempestività. L idea di accettare il fatto compiuto, subìre il matrimonio per dirsi poi vittima di un inganno con don Rodrigo, non lo sfiora neppure: sarebbe troppo pericoloso. 81

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