Promessi sposi

I PROMESSI SPOSI Il narratore, tuttavia, non risulta onnisciente in tutte le pagine del romanzo: anzi, adotta spesso la prospettiva di un personaggio, in sequenze più o meno prolungate. Un esempio celebre è quello dell angoscioso cammino di Renzo verso l Adda (f T9, p. 105): la scelta di assumere il punto di vista del giovane fuggiasco è funzionale ad accrescere la suspense e a restituire le sue emozioni. Non a tutte le sue creature, però, Manzoni concede questa opportunità. Il punto di vista dei malvagi, in atto di meditare cattive azioni, è volutamente ignorato dal romanzo. Non a caso l unica, straordinaria scena in cui al lettore si apre l universo mentale di don Rodrigo è quella in cui il signorotto scopre di essere stato contagiato dalla peste e intravede alla porta il Griso, suo servitore, che lo tradisce (f T11, p. 119). Il pericoloso fascino del male, che tanto spazio ottiene nei romanzi del nostro tempo, dove sempre più spesso capita che gli eroi siano criminali, assassini, depravati, nei Promessi sposi è irreperibile. Punti di vista Postosi al lavoro sul romanzo, Manzoni si trovò dinanzi a gravi difficoltà linguistiche. Non esisteva un modello di riferimento, nella gracile tradizione narrativa italiana, e non esisteva del resto neppure una lingua universalmente adottata nella penisola. Nella vita quotidiana sentiva usare quasi soltanto il dialetto. Come regolarsi, dunque? Come restituire la freschezza della conversazione orale? La soluzione non arrivò subito. «Scrivo male a mio dispetto , sbottò nella seconda introduzione al Fermo e Lucia, biasimando in una spietata autocritica quello che gli pareva un «composto indigesto di frasi un po lombarde, un po toscane, un po francesi, un po anche latine . Nel riscrivere il romanzo Manzoni cercò più saldi appigli nel toscano usato in ambito letterario, sfruttando vocabolari e repertori. A lungo sperò di riuscire a inserire e valorizzare parole ed espressioni del dialetto locale, ma si rese conto che la pagina aveva un sapore in qualche misura libresco . La celebre sciacquatura dei panni in Arno , ovvero il soggiorno a Firenze, subito dopo l uscita della Ventisettana, lo convinse ad adottare la lingua effettivamente usata nella città toscana dalle classi colte. Nella Quarantana Manzoni eliminò dunque i lombardismi, sfrondò le forme auliche (aria al posto di aere, paura al posto di tema, e così via), sostituì nell imperfetto indicativo la prima persona in -o a quella in -a (io facevo), accrebbe la presenza di fenomeni tipici dell oralità, come le dislocazioni («La peste l ho avuta ) e gli anacoluti («il coraggio, uno non se lo può dare ), in modo da conferire al romanzo maggiore vivacità. Lingua e stile Lusignano De Cuppis, Veduta dell Arno dalle mulina di San Nicolò, 1863-1865. 28

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