130 PLOTINO A ogni modo queste cose non mi persuadono che l’uccidersi da se stesso
non sia contro natura: perché il senso nostro porta troppo manifesta contrarietà
e abborrimento alla morte: e noi veggiamo che le bestie; le quali (quando
non sieno forzate dagli uomini o sviate) operano in ogni cosa naturalmente;
non solo non vengono mai a questo atto, ma eziandio per quanto che sieno
135 tribolate e misere, se ne dimostrano alienissime. E in fine non si trova, se non
fra gli uomini soli qualcuno che lo commette: e non mica fra quelle genti che
hanno un modo di vivere naturale;35 che di queste non si troverà niuno che
non lo abbomini,36 se pur ne avrà notizia o immaginazione alcuna; ma solo
fra queste nostre alterate e corrotte,37 che non vivono secondo natura.
140 PORFIRIO Orsù, io ti voglio concedere anco, che questa azione sia contraria a natura,
come tu vuoi. Ma che val questo; se noi non siamo creature naturali, per dir
così? intendo degli uomini inciviliti.38 Paragonaci, non dico ai viventi di ogni
altra specie che tu vogli, ma a quelle nazioni là delle parti dell’India e della Etiopia,
le quali, come si dice, ancora serbano quei costumi primitivi e silvestri; e a
145 fatica ti parrà che si possa dire, che questi uomini e quelli sieno creature di una
specie medesima. E questa nostra, come a dire, trasformazione; e questa mutazion
di vita, e massimamente d’animo; io quanto a me, ho avuto sempre per
fermo che non sia stata senza infinito accrescimento d’infelicità. Certo che quelle
genti salvatiche non sentono mai desiderio di finir la vita; né anco va loro
150 per la fantasia che la morte si possa desiderare: dove che gli uomini costumati
a questo modo nostro e, come diciamo, civili, la desiderano spessissime volte,
e alcune se la procacciano.39 Ora, se è lecito all’uomo incivilito, e vivere contro
natura, e contro natura essere così misero; perché non gli sarà lecito morire
contro natura? essendo che da questa infelicità nuova, che risulta a noi dall’alterazione
155 dello stato, non ci possiamo anco liberare altrimenti, che colla morte.
[…]
PLOTINO Così è veramente, Porfirio mio. Ma con tutto questo, lascia ch’io ti consigli,
ed anche sopporta che ti preghi, di porgere orecchie, intorno a questo tuo
disegno, piuttosto alla natura che alla ragione. E dico a quella natura primitiva,
a quella madre nostra e dell’universo; la quale se bene non ha mostrato
160 di amarci, e se bene ci ha fatti infelici, tuttavia ci è stata assai meno inimica e
malefica, che non siamo stati noi coll’ingegno proprio, colla curiosità incessabile40
e smisurata, colle speculazioni, coi discorsi, coi sogni, colle opinioni e
dottrine misere: e particolarmente, si è sforzata ella di medicare la nostra infelicità
con occultarcene, o con trasfigurarcene, la maggior parte. E quantunque
165 sia grande l’alterazione nostra, e diminuita in noi la potenza della natura; pur
questa non è ridotta a nulla, né siamo noi mutati e innovati tanto, che non
resti in ciascuno gran parte dell’uomo antico. Il che, mal grado che n’abbia la
stoltezza nostra,41 mai non potrà essere altrimenti. Ecco, questo che tu nomini
error di computo;42 veramente errore, e non meno grande che palpabile; pur si
170 commette di continuo; e non dagli stupidi solamente e dagl’idioti, ma dagl’ingegnosi,
dai dotti, dai saggi; e si commetterà in eterno, se la natura, che ha prodotto
questo nostro genere, essa medesima, e non già il raziocinio e la propria
mano degli uomini, non lo spegne. E credi a me, che non è fastidio della vita,
non disperazione, non senso della nullità delle cose, della vanità delle cure,
175 della solitudine dell’uomo; non odio del mondo e di se medesimo; che possa
durare assai: benché queste disposizioni dell’animo sieno ragionevolissime, e
le lor contrarie irragionevoli. Ma contuttociò, passato un poco di tempo; mutata
leggermente la disposizione del corpo; a poco a poco; e spesse volte in un
subito, per cagioni menomissime43 e appena possibili a notare; rifassi44 il gusto
180 alla vita, nasce or questa or quella speranza nuova, e le cose umane ripigliano
quella loro apparenza, e mostransi non indegne di qualche cura; non veramente
all’intelletto; ma sì, per modo di dire, al senso dell’animo. E ciò basta
all’effetto di fare che la persona, quantunque ben conoscente e persuasa della
verità, nondimeno a mal grado della ragione, e ▶ perseveri nella vita, e proceda
185 in essa come fanno gli altri: perché quel tal senso (si può dire), e non l’intelletto,
è quello che ci governa.