– Potete pulirvici quelle verruche schifose che avete addosso, con le vostre blatte
35 puzzolenti! – La risposta del prozio era sempre una frase di questo genere, o
magari più villana ancora: ci accoglieva così ogni volta, ma non ci facevamo caso
perché sapevamo che dopo un po’ finiva per rabbonirsi, gradire i doni, e conversare
in toni più garbati.
– Ma che verruche, zio N’ba N’ga? Quando mai ci ha visto addosso una verruca?
40 Questo delle verruche era un pregiudizio dei vecchi pesci: che a noi, a vivere
all’asciutto, ci venissero tante verruche su tutto il corpo, trasudanti roba liquida;
il che era vero sì, ma solo per i rospi, che con noi non avevano nulla da spartire;
al contrario, la nostra pelle era liscia e sgusciante come nessun pesce l’aveva mai
avuta; e il prozio lo sapeva bene, però non rinunciava a imbastire i suoi discorsi di
45 tutte le calunnie e le prevenzioni in mezzo alle quali era cresciuto.
Andavamo a fare visita al prozio una volta all’anno, tutta la famiglia insieme.
Era anche un’occasione per ritrovarci tra noi, sparpagliati com’eravamo nel continente,
scambiarci notizie e insetti mangerecci, e discutere vecchie faccende d’interessi
rimaste in sospeso.
50 Il prozio interloquiva anche in questioni lontane da lui chilometri e chilometri
di terra secca, come sarebbe la spartizione delle zone per la caccia alle libellule,
e dava ragione agli uni o agli altri secondo criteri suoi, che erano sempre quelli
acquatici. – Ma non lo sai che chi caccia sul fondo è sempre in vantaggio su chi
caccia a galla? Cos’hai da far tanto l’angoscioso, allora?
55 – Ma zio, veda, non è questione di galla o di fondo: io sto al piede della collina
e lui a mezza costa… Le colline, ha presente, zio…
E lui: - Al piede degli scogli c’è sempre i gamberi migliori -. Non c’era verso di
fargli accettare per possibile una realtà diversa dalla sua.
Eppure, il suo giudizio continuava ad avere un’autorità su tutti noi: finivamo
60 per chiedergli consiglio su fatti di cui non capiva niente, benché sapessimo che
poteva avere torto marcio. Forse la sua autorità gli veniva proprio dall’essere un
avanzo del passato, dall’usare vecchi modi di dire, tipo: – E cala un po’ le pinne,
bravo! – di cui noi non comprendevamo neppur più bene il significato.
Tentativi di portarlo a terra con noi ne avevamo fatti parecchi, e continuavamo
65 a farne; anzi, su questo punto non s’era mai spenta la rivalità tra i vari rami della
famiglia, perché chi fosse riuscito a portare il prozio a casa propria si sarebbe trovato
in una posizione diciamo preminente rispetto a tutto il parentado. Ma era
una rivalità inutile, perché il prozio non si sognava di lasciare la laguna.
– Zio, alla bella età che ha, sapesse quanto ci dispiace lasciarla così sempre da
70 solo, in mezzo all’umido… A noi, sa, è venuta un’idea… – attaccavamo.
– Me l’aspettavo che l’avreste capita, – interrompeva il vecchio pesce, – ormai il gusto
di sguazzare nel secco ve lo siete tolto, è giusto l’ora che torniate a vivere come esseri
normali. Qui c’è acqua per tutti, e quanto al mangiare, la stagione dei lombrichi
non è mai stata così buona. Potete buttarvi a bagno bell’e ora e non se ne parli più.
75 – Ma no, zio N’ba N’ga, cos’ha capito? Noi si voleva portarla a star con noi,
in un bel praticello… Vedrà che ci si trova bene, le scaviamo una fossetta umida,
fresca: lei ci si rigira come vuole tal quale a qui; potrà anche provare a fare qualche
passo intorno, vedrà che ci riesce. E poi alla sua età il clima di terra è più indicato.
Dunque, zio N’ba N’ga, non si faccia più pregare: viene?
80 – No! – era la risposta secca del prozio, e con una nasata in acqua scompariva
dalla nostra vista.