– Uuuh! – fecero tutt’a un tratto. Avevano visto lo spadino che gli pendeva dietro.
– Lo vedete cosa ci ha? – E giù risate. – Il battichiappe!
Poi fecero silenzio e soffocavano le risa perché stava per succedere una cosa da
85 diventare matti dal divertimento: due di questi piccoli manigoldi,10 zitti zitti, si
erano portati su di un ramo proprio sopra a Cosimo e gli calavano la bocca d’un
sacco sulla testa (uno di quei lerci sacchi che a loro servivano certo per metterci
il bottino, e quando erano vuoti si acconciavano in testa come cappucci che
scendevano sulle spalle). Tra poco mio fratello si sarebbe trovato insaccato senza
90 neanche capir come e lo potevano legare come un salame e caricarlo di pestoni.
Cosimo fiutò il pericolo, o forse non fiutò niente: si sentì deriso per lo spadino
e volle sfoderarlo per punto d’onore. Lo brandì alto, la lama sfiorò il sacco, lui lo
vide, e con un’accartocciata lo strappò di mano ai due ladroncelli e lo fece volar via.
Era una buona mossa. Gli altri fecero degli «Oh!» insieme di disappunto e meraviglia,
95 e ai due compari che s’erano lasciati portar via il sacco lanciarono insulti
dialettali come: – Cuiasse! Belinùi!11
Non ebbe tempo di rallegrarsi del successo, Cosimo. Una furia opposta si scatenò
da terra; latravano, tiravano dei sassi, gridavano: – Stavolta non ci scappate,
bastardelli ladri! – e s’alzavano punte di forcone. Tra i ladruncoli sui rami ci fu
100 un rannicchiarsi, un tirar su di gambe e gomiti. Era stato quel chiasso attorno a
Cosimo a dar l’allarme agli agricoltori che stavano all’erta.
L’attacco era preparato in forze. Stanchi di farsi rubar la frutta man mano che
maturava, parecchi dei piccoli proprietari e dei fittavoli della vallata s’erano federati
tra loro; perché alla tattica dei furfantelli di dar la scalata tutti insieme a un frutteto,
105 saccheggiarlo e scappare da tutt’altra parte, e lì daccapo, non c’era da opporre che
una tattica simile: cioè far la posta tutti insieme in un podere dove prima o poi sarebbero
venuti, e prenderli in mezzo. Ora i cani sguinzagliati abbaiavano rampando
al piede dei ciliegi con bocche irte di denti, e in aria si protendevano le forche da
fieno. Dei ladruncoli tre o quattro saltarono a terra giusto in tempo per farsi bucare
110 la schiena dalle punte dei tridenti e il fondo dei calzoni dal morso dei cani, e correre
via urlando e sfondando a testate i filari delle vigne. Così nessuno osò più scendere:
stavano sbigottiti sui rami, tanto loro che Cosimo. Già gli agricoltori mettevano le
scale contro i ciliegi e salivano facendosi precedere dai denti puntati dei forconi.
Ci vollero alcuni minuti prima che Cosimo capisse che essere lui spaventato
115 perché era spaventata quella banda di vagabondi era una cosa senza senso, com’era
senza senso quell’idea che loro fossero tanto in gamba e lui no. Il fatto che se ne
stessero lì come dei tonti era già una prova: cosa aspettavano a scappare sugli alberi
intorno? Mio fratello così era giunto fin lì e così poteva andarsene: si calcò il tricorno
in testa, cercò il ramo che gli aveva fatto da ponte, passò dall’ultimo ciliegio
120 a un carrubo, dal carrubo penzolandosi calò su di un susino, e così via. Quelli, al
vederlo girare per quei rami come fosse in piazza, capirono che dovevano tenergli
subito dietro, se no prima di ritrovare la sua strada chissà quanto avrebbero penato;
e lo seguirono zitti, carponi per quell’itinerario tortuoso. Lui intanto, salendo per
un fico, scavalcava la siepe del campo, calava su di un pesco, tenero di rami tanto
125 che bisognava passarci uno alla volta. Il pesco serviva solo ad aggrapparsi al tronco
storto d’un olivo che sporgeva da un muro; dall’olivo con un salto s’era su una
rovere che allungava un robusto braccio oltre il torrente, e si poteva passare sugli
alberi di là.
Gli uomini con le forche, che credevano ormai d’avere in mano i ladri di frutta,
130 se li videro scappare per l’aria come uccelli. Li inseguirono, correndo insieme ai
cani latranti, ma dovettero aggirare la siepe, poi il muro, poi in quel punto del
torrente non c’erano ponti, e per trovare un guado persero tempo ed i monelli
erano lontani che correvano.
Correvano come cristiani, con i piedi per terra. Sui rami c’era rimasto solo mio
135 fratello. – Dov’è finito quel saltimpalo12 con le ▶ ghette? – si chiedevano loro, non
vedendoselo più davanti. Alzarono lo sguardo: era là che rampava per gli olivi.
– Ehi, tu, cala dabbasso, ormai non ci pigliano! – Lui non calò, saltò tra fronda
e fronda, da un olivo passò a un altro, sparì alla vista tra le fitte foglie argentee.