Cesare Pavese

I GRANDI TEMI

1 Poesia e racconto di sé

Lirismo e narrazione Pavese è soprattutto un narratore: le sue opere più celebri sono infatti racconti e romanzi (da La casa in collina a quello che è considerato il suo capolavoro, La luna e i falò). E anche quando, come ai suoi esordi letterari, compone poesia, molto spesso la sviluppa su precise strutture narrative. Nei componimenti di Lavorare stanca (1936), per esempio, l’autore intende comporre un ritratto di sé, descrivendo – secondo quanto afferma egli stesso in un’appendice all’edizione del 1943 – «l’avventura dell’adolescente che, orgoglioso della sua campagna, immagina consimile la città, ma vi trova la solitudine e vi rimedia col sesso e la passione che servono soltanto a sradicarlo e gettarlo lontano da campagna e città, in una più tragica solitudine che è la fine dell’adolescenza».

La ricerca di sé Su questo sfondo tematico, la poesia si fa dunque racconto, secondo una linea sostanzialmente anti-ermetica e all’insegna di una evidente concretezza realistica. I luoghi d’origine, nella narrativa come nella poesia pavesiana, rappresentano l’aspirazione a un’intima comunicazione con la parte più profonda di sé: il senso di solitudine e di estraneità percepito nel presente della vita cittadina, per esempio, può essere mitigato, per Pavese, dal recupero del passato, dell’infanzia, della propria terra. L’obiettivo del poeta (e del narratore) è, comunque, sempre di tipo introspettivo, nel senso che egli punta a tracciare una sorta di bilancio interiore.

L’approdo alla disperazione Tuttavia questa ricerca non conosce quasi mai un esito positivo. Il tentativo di tornare ai luoghi mitici della propria infanzia si rivela infatti fallimentare (lo si vede soprattutto nell’ultimo romanzo, La luna e i falò), come anche appare poco percorribile, agli occhi dello scrittore, la strada della condivisione di una causa sociale o politica (lo si comprende in particolare leggendo La casa in collina).
L’esito della sua vicenda esistenziale non può essere, dunque, che l’isolamento e la solitudine. Quando l’ultima illusione, quella sentimentale, cade miseramente, rimane solo la disperazione: motivi, questi, presenti in molte liriche delle ultime due raccolte poetiche, La terra e la morte (1945-1946) e Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1950).

 >> pagina 509 

2 La Resistenza impossibile

Un impegno volontaristico Nel 1947 Pavese pubblica il suo romanzo più neorealista, Il compagno. Come per rispondere alle sollecitazioni che venivano agli intellettuali nel fervore politico del dopoguerra, egli scrive una storia incentrata su un eroe positivo che acquisisce, nel corso della vicenda, una precisa coscienza di classe. In questo romanzo il tema dell’impegno politico suona però volontaristico e programmatico, come se Pavese sentisse il bisogno di giustificare, attraverso una vicenda d’invenzione, la propria scelta di campo. Appare schematica, per esempio, la contrapposizione tra proletari buoni e borghesi cattivi.
Il compagno riflette così «la stessa contraddizione di fondo dell’adesione di Pavese al Partito comunista, un’adesione tutta sentimentale e umanistica che, venuti meno l’entusiasmo e la fiducia dei primi tempi, lo stesso scrittore lascerà a poco a poco cadere fino al definitivo distacco» (Tondo).

La fuga dalle responsabilità Effettivamente l’impegno politico diretto è intimamente estraneo a Pavese. In tal senso appare assai più sincera e credibile l’ispirazione del romanzo La casa in collina (scritto tra il settembre del 1947 e il febbraio del 1948 e pubblicato nel 1949), in cui il protagonista Corrado (questa volta un vero alter ego dello scrittore) sceglie, per così dire, di non scegliere: di fronte al coinvolgimento diretto, anche a rischio della vita, di molti suoi amici, egli decide di mettersi al riparo dai pericoli, rifugiandosi in un luogo appartato e sicuro. Non si tratta soltanto di mancanza di coraggio o di pusillanimità, quanto di un’intima incapacità di aderire idealmente alle motivazioni politiche che spingono gli altri alla lotta. Ai suoi occhi la tragicità del conflitto riguarda tutte le diverse fazioni in campo: per lui non esistono motivi sufficienti a giustificare la violenza sull’uomo. Scrive infatti in una delle pagine più significative del romanzo: «Ogni guerra è una guerra civile».
Tuttavia, alla fine del libro, quando è rimasto ormai l’unico fra i compagni a non avere preso parte al conflitto, il protagonista comprende che nella vita non ci si può isolare e che ciascuno deve assumersi la propria parte di responsabilità nelle vicende collettive. Ha scritto la narratrice piemontese Gina Lagorio: «Nel modo in cui Corrado giudica la guerra, da spettatore e non da protagonista, coinvolto in essa quasi suo malgrado, è forse riflesso il rimpianto di Pavese di non aver potuto schierarsi al momento giusto accanto agli amici. E la confessione per questo ci tocca: che la mia storia, che è la storia di tanti, insegni agli uomini qualcosa, sembra suggerirci Pavese».

 >> pagina 510 
Dalla Storia al privato In questo stesso romanzo (La casa in collina) – l’opera in cui l’autore ha maggiormente trasposto sé stesso nel protagonista – il tema della tormentata adesione dello scrittore alle vicende storiche si coniuga con la ripresa del mito dell’infanzia, connesso all’esigenza della conoscenza profonda di sé. Alla collina il protagonista ritorna come a «un modo di vivere» caratterizzato da una propensione alla contemplazione e alla riflessionein quanto egli è incapace di agire al cospetto della Storia e delle scelte impegnative che essa impone. La regressione nella dimensione privata e individuale segnala dunque il fallimento di un ideale politico-ideologico che avrebbe dovuto portare a un impegno fattivo nelle vicende collettive.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi