T10 - Dora Markus

T10

Dora Markus

Le occasioni

La poesia viene composta in due periodi tra loro distanti. La prima parte risale al 1926-1928, quando l’amico Roberto Bazlen invia a Montale una fotografia che ritrae il dettaglio delle gambe di una donna: dall’immagine nasce il fantasma irrequieto e affascinante dell’ebrea austriaca Dora, al quale nella seconda parte del testo – composta nel 1939 – si sovrappone il ricordo di altre donne conosciute dal poeta, mentre l’ambientazione passa da Ravenna alla Carinzia, su cui si allunga l’ombra del nazismo.


METRO Versi liberi, con prevalenza di endecasillabi nella prima parte, di ottonari e novenari nella seconda.
I
Fu dove il ponte di legno
mette a Porto Corsini sul mare alto
e rari uomini, quasi immoti, affondano
o salpano le reti. Con un segno
5      della mano additavi all’altra sponda
invisibile la tua patria vera.
Poi seguimmo il canale fino alla darsena
della città, lucida di fuliggine,
nella bassura dove s’affondava
10    una primavera inerte, senza memoria.

E qui dove un’antica vita
si screzia in una dolce
▶ ansietà d’Oriente,
le tue parole iridavano come le scaglie
15    della triglia moribonda.

La tua irrequietudine mi fa pensare
agli uccelli di passo che urtano ai fari
nelle sere tempestose:
è una tempesta anche la tua dolcezza,
20    turbina e non appare,
e i suoi riposi sono anche più rari.
Non so come stremata tu resisti
in questo lago
d’indifferenza ch’è il tuo cuore; forse
25    ti salva un amuleto che tu tieni
vicino alla matita delle labbra,
al piumino, alla lima: un topo bianco,
d’avorio; e così esisti!

II
Ormai nella tua Carinzia
30    di mirti fioriti e di stagni,
china sul bordo sorvegli
la carpa che timida abbocca
o segui sui tigli, tra gl’irti
pinnacoli le accensioni
35    del vespro e nell’acque un avvampo
di tende da scali e pensioni.

La sera che si protende
sull’umida conca non porta
col palpito dei motori
40    che gemiti d’oche e un interno
di nivee maioliche dice
allo specchio annerito che ti vide
diversa una storia di errori
imperturbati e la incide
45    dove la spugna non giunge.

La tua leggenda, Dora!
Ma è scritta già in quegli sguardi
di uomini che hanno fedine
altere e deboli in grandi
50   ritratti d’oro e ritorna
ad ogni accordo che esprime
l’armonica guasta nell’ora
che abbuia, sempre più tardi.

È scritta là. Il sempreverde
55    alloro per la cucina
resiste, la voce non muta,
Ravenna è lontana, distilla
veleno una fede feroce.
Che vuole da te? Non si cede
60    voce, leggenda o destino…
Ma è tardi, sempre più tardi.

 >> pagina 295 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il ritratto di Dora Markus – una delle più suggestive e complesse figure femminili nella vita di Montale – si fonda sulla contraddizione esistenziale che la vede divisa tra irrequietudine (v. 16) e impassibilità, tra l’ansia che intimamente la consuma e il lago / d’indifferenza (vv. 23-24) in cui sprofonda la sua vita, priva di certezze e speranze.
Nello scenario adriatico di una Ravenna fuligginosa e bizantina Montale ritrae una «vita strozzata», senza vie d’uscita. Simile agli uccelli migratori, che nelle tempeste sbattono contro i fari, ingannati dalla luce, Dora ricorre, come antidoto al lago d’indifferenza che ha nel cuore, a un talismano: un topolino bianco d’avorio conservato in mezzo al necessario per il trucco, uno dei tanti oggetti-emblema della poesia di Montale, il cui significato non è sempre precisabile in maniera univoca.

Nella seconda parte della lirica il poeta allontana la figura della donna. La immagina nella natia Carinzia, la patria al di là del mare che a Ravenna vagheggiava, e trasferisce dalla donna al paesaggio il contrasto tra la serenità delle apparenze e la realtà drammatica nascosta dentro di esse.
Dietro la maschera di un placido villaggio montano, affacciato su un lago, traspare la minaccia del nazismo. Dora, ebrea nata nell’Impero asburgico, diviene così l’emblema della vecchia Europa che si avvia alla definitiva distruzione nel rogo della Seconda guerra mondiale. L’irrequietudine si è tramutata in rassegnazione. Osservata dagli avi, ritratti in vecchi quadri polverosi, Dora è sola con i suoi ricordi, mentre fuori una fede feroce (v. 58), ossia l’ideologia nazista, distilla / veleno (vv. 57-58). Il mondo a cui apparteneva non esiste più. Si fa tardi, sempre più tardi (v. 61): è giunta l’epoca dei pogrom antisemiti, della Notte dei cristalli, dei campi di concentramento. Nessun amuleto potrà salvarla.
 >> pagina 296 

Le scelte stilistiche

Fedele alla poetica della sua seconda stagione, Montale sceglie qui di tacere l’occasione (vera o inventata) descritta nel componimento. Propone dunque in apertura una ellissi (Fu dove il ponte di legno…, v. 1), che precisa il luogo, ma lascia nell’ombra circostanze e ragioni dell’incontro con Dora, così come il tipo di rapporto che la lega al poeta. Né viene chiarito quali siano gli argomenti della loro conversazione.
Dora Markus è una lirica costruita con tocchi lievissimi: una mano che indica il mare, un galleggiante che sobbalza, i raggi del sole sui tigli, gemiti d’oche (v. 40) e motori in lontananza, il suono triste di un’armonica guasta (v. 52) che accompagna il calare delle tenebre. Tutto ciò aggiunge un sottile pathos alla tragedia che resta inespressa sotto la superficie del testo per balenare solo a tratti nei riferimenti al mondo animale: le parole di Dora cambiano tono repentinamente come le scaglie / della triglia moribonda (vv. 14-15); la sua irrequietudine (v. 16) porta il poeta a paragonarla agli uccelli di passo che urtano ai fari / nelle sere tempestose (vv. 17-18). Nasce da qui l’ossimoro che riassume una condizione insanabilmente contraddittoria: è una tempesta anche la tua dolcezza, / turbina e non appare (vv. 19-20).

Infine è da notare l’attenzione con cui il poeta valorizza l’aspetto cromatico della rappresentazione: nella prima parte Ravenna appare lucida di fuliggine (v. 8), poi si screzia (v. 12), come le parole di Dora che iridavano (v. 14); nella seconda parte al colorismo degli esterni (le accensioni / del vespro, vv. 34-35; l’avvampo / di tende, vv. 35-36, riflesse nel lago) si oppone il bianco e nero degli interni, in cui le nivee maioliche (v. 41) dialogano con lo specchio annerito (v. 42) dal tempo.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Chi sono gli antenati di Dora?

2 Descrivi brevemente i due scenari in cui sono ambientate la prima e la seconda parte della poesia.

ANALIZZARE

3 Individua i rimandi al contesto storico presenti nella lirica.

4 Elenca i riferimenti a suoni e colori presenti nel componimento e prova a metterli in relazione con l’atmosfera complessiva evocata dal poeta.

INTERPRETARE

5 Qual è la patria vera (v. 6) di Dora Markus?

6 In che senso un topo bianco, / d’avorio (vv. 27-28) consente a Dora di esistere? Il poeta lo spiega oppure si limita a indicare genericamente questa possibilità?

7 Nel passaggio dalla prima alla seconda parte del componimento l’attenzione si sposta dal privato al pubblico, dall’interiorità alla Storia: come cambia di conseguenza l’immagine di Dora?

SVILUPPARE IL LESSICO

8 Il componimento è ricco di verbi usati in senso metaforico: spiegali, dopo averne indicato il significato letterale.


Significato letterale
Significato metaforico
s’affondava (v. 9)


si screzia (v. 12)
   
iridavano (v. 14)
   
incide (v. 44)
   
Non si cede (v. 59)
   

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi