Per Saba l’essere, o il sentirsi, diverso diventa come una malattia psicologi
ca, l’inquietudine che genera poi tutte le altre inquietudini, le insoddisfazioni, le
malattie, le angosce del suo dramma intimo; raccontato nelle poesie o con aperte
confessioni o con metafore, cioè cogliendo altrove o paragonando altre forme e
45 altre situazioni di inquietudine e di malessere alla sua (anche Trieste, abbiamo
visto, è a suo modo «diversa» e può quindi facilmente trasformarsi in un simbolo:
parlare di Trieste è come parlare di sé, o meglio dei propri genitori, o della madre
o, infine, della nutrice, della balia amata che lo allevò con amore materno, quasi
sostituendosi alla mamma nel cuore e nella memoria del poeta).
50 Se nella «diversità» sono le ragioni del malessere, è naturale che la salute venga
cercata e indicata col desiderio di mescolarsi alla calda vita di tutti, confondersi
nella folla del borgo, nella truppa anonima ma umana del reggimento. Insomma,
«essere come tutti gli uomini di tutti i giorni». Questo è l’itinerario del romanzo di
Saba, dai sintomi della malattia ai progetti di guarigione.
55 Essere come tutti gli uomini, d’accordo, ma prima ancora riconoscersi nelle creature
e riconoscere le virtù delle creature, esemplari per l’uomo: cioè riconoscere alla
natura quelle virtù che l’hanno da sempre proposta come modello di vita, di esistenza,
come insegnano trenta secoli di cultura contadina. Chi sono queste creature? Una
capra, un merlo, un pettirosso… Sono gli animali e sono le piante e i fiori, ma è anche
60 il mare, il cielo, il borgo, il campo. Oppure sono i giovani, i ragazzi, Glauco, Guido,
il garzone con la carriola, il portiere della Triestina, cioè il simbolo della salute
e dell’innocenza per antonomasia. Certo non per disegnare un quadro idillico della
realtà, ma per restituire al dramma dell’uomo una pulizia e una consistenza naturali.
Ed ecco che il romanzo di Saba si arricchisce di nuovi elementi, di nuovi personaggi,
65 di nuove storie. Dopo la madre e la balia (la divisione del suo cuore,
sempre scisso in due), la quiete potrebbe venirgli dalla moglie Lina, una dei protagonisti
del suo racconto. E Lina è presentata subito in una celeberrima poesia,
paragonata a tutte le creature domestiche e familiari all’uomo per utilità o bellezza,
per definire così la naturale innocenza. È certo una delle più importanti poesie
70 d’amore di tutti i tempi: «Tu sei come una giovane, / una bianca pollastra… / Tu
sei come una gravida / giovenca… / Tu sei come la rondine…»
Ma dopo Lina entra in scena Linuccia, la figlia, nuovo eventuale motivo di
una nuova divisione. E poi i compagni conosciuti durante il servizio militare e la
guerra, come Zaccaria. Il racconto infatti è andato avanti: Umberto è cresciuto, si
75 è sposato, ha avuto una figlia, è venuto in Italia a fare il soldato, è partito per la
guerra. Una guerra non eroica, se per eroismo si intende solo il gesto clamoroso
e vistoso, ma una guerra vissuta accanto agli «uomini di tutti i giorni», per ricomporre,
rimettere assieme una solidarietà e una comprensione umana annullate
da una brutale follia. Quindi la pace e il ritorno a Trieste, divenuta italiana. Poi il
80 lavoro, l’acquisto di una libreria antiquaria, una vita normale.
Pace, normalità? Per Saba la pace è breve e apparente, presto rotta dall’irrequietezza,
da quell’antico malessere di dentro che cerca una medicina nella meditazione,
nella confessione, nell’esame ripetuto e continuo di sé e delle cose del
mondo, alla ricerca di un equilibrio o alla ricerca della verità. Che è il fare poesia.
85 Perciò ancora una volta Saba è diviso, tra il desiderio e il timore di «guarire» (l’impossibilità?),
se guarire può significare anche la perdita del motivo per cui scrivere,
confessarsi, essere poeta: essere cioè «diverso» in un altro modo. Questo è il tema
svolto nella parte centrale del suo romanzo autobiografico.