Umberto Saba

LE OPERE

A COLPO D’OCCHIO

LA PRODUZIONE IN VERSI

1921 (1a edizione)
1945 (2a edizione)
1961 (3a edizione)

Canzoniere 
opera autobiografica; celebrazione della vita; senso di esclusione
T1-T7
canzoni, sonetti, madrigali

LA PRODUZIONE IN PROSA

1946

Scorciatoie e raccontini

tendenza all’uso dell’aforisma
brevi testi

1948

Storia e cronistoria del Canzoniere

chiarimento su episodi e stati d’animo alla base della composizione del Canzoniere
autocommento e analisi dei propri versi

1956

Ricordi-Racconti
testi memorialistici e narrativi
stile fiabesco

1953 (pubblicato postumo nel 1975)
Ernesto
tema dell’omosessualità 
T9
romanzo autobiografico

Canzoniere

Autobiografia in versi Per la profonda umanità dei contenuti e per la schiettezza della vena lirica il Canzoniere di Saba si colloca tra le maggiori creazioni della poesia italiana contemporanea. In esso, una visione della realtà dominata dal pessimismo e dal senso quasi fatalistico del dolore convive con l’amore per le persone care, con l’interesse per le creature più umili e con un’acuta attenzione per gli aspetti più minuti della vita. Si tratta di un’opera autobiograficache si risolve in un diario intimo, in una confessione dai toni medi, fra il cantato e il parlato, fra l’aulico e il popolaresco, fra echi leopardiani e ritmi facili e cantabili tipici del melodramma: un esperimento, anche sul piano stilistico e formale, del tutto originale.

Il libro di una vita

L’idea e il titolo di una raccolta organica Fin dagli anni successivi alle prime pubblicazioni, Saba comincia a pensare a una raccolta organica dei suoi componimenti, in cui far confluire la sua intera opera poetica e che «da un certo momento in poi ha condizionato e orientato le singole raccolte parziali man mano ideate e pubblicate» (Brugnolo). La intitola, a partire dalla prima edizione del 1921, il Canzonierein omaggio certamente a Petrarca, ma anche al poeta romantico tedesco Heinrich Heine (1797-1856), delle cui liriche era uscita nel 1866 un’edizione italiana intitolata appunto Canzoniere, che Saba aveva letto e amato.
Il riferimento a Petrarca, in realtà, è allo stesso tempo un avvicinamento e una presa di distanza dal modello. Entrambi i Canzonieri costituiscono infatti un’attenta disamina del mondo interiore dell’autore, ma se il poeta trecentesco aveva offerto con i suoi versi un’immagine stilizzata e rarefatta della realtà, della vita e dei sentimenti, Saba, al contrario, canta l’esistenza nella sua dimensione concreta e quotidiana, con tutte le imperfezioni e le contraddizioni che la caratterizzano.
Una seconda edizione del Canzoniere, dopo quella del 1921, esce nel 1945, mentre nel 1961, dopo alcune altre, viene pubblicata postuma l’edizione definitiva (cui faremo riferimento in questa unità): ciò testimonia come Saba abbia lavorato al suo capolavoro, rivedendolo e correggendolo, per tutta la vita.

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La struttura La struttura dell’opera ricalca la cronologia della composizione dei testi. La raccolta è divisa in 3 volumi (ossia 3 partizioni) che comprendono rispettivamente le liriche degli anni 1900-1920, 1921-1932 e 1933-1954. Ogni volume è a sua volta suddiviso in sezioni, ciascuna delle quali ha un titolo e rimanda a un lasso di tempo più ristretto.

Una raccolta unitaria Il Canzoniere si presenta come un diario i cui tre volumi corrispondono grosso modo alle tre età della vita dell’autore: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Ciascun volume è un piccolo canzoniere a sé, ma, allo stesso tempo, le numerose simmetrie tematiche e strutturali che accomunano le tre parti rendono la raccolta nel suo complesso un’opera profondamente unitaria. Come ha scritto il critico Mario Lavagetto, il Canzoniere di Saba non è una semplice «somma di poesie», ma una «forma temporale» in cui «ogni singolo componimento ci appare come una parola inserita in una frase: può essere letto in sé, ma rimanda a un significato latente che attraversa tutta l’opera e la organizza».

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VOLUME
DATE DI COMPOSIZIONE
Volume primo
1900-1920
Poesie dell’adolescenza e giovanili
1900-1907
Versi militari
1908
Casa e campagna
1909-1910
Trieste e una donna
1910-1912
La serena disperazione
1913-1915
Poesie scritte durante la guerra
senza data
Tre poesie fuori luogo
senza data
Cose leggere e vaganti
1920
L’amorosa spina
1920
Volume secondo
1921-1932
Preludio e canzonette
1922-1923
Autobiografia
1924
I prigioni
1924
Fanciulle
1925
Cuor morituro
1925-1930
L’uomo
1928
Preludio e fughe
1928-1929
Il piccolo Berto
1929-1931
Volume terzo
1933-1954
Parole
1933-1934
Ultime cose
1935-1943
1944
senza data (ma 1944)
Varie
senza data
Mediterranee
1945-1946
Epigrafe
1947-1948
Uccelli
1948
Quasi un racconto
1951
Sei poesie della vecchiaia 1953-1954

I temi

Un “romanzo” autobiografico La struttura diaristica del Canzoniere è coerente con la natura autobiografica dei testi che lo compongono. Si può dire che Saba non parli che di sé stesso, anche quando racconta degli altri, delle cose, del mondo che lo circonda, guardato sempre a partire da un forte punto di vista personale e, soprattutto, sempre in relazione al proprio io.
L’autore racconta la propria vita come in una sorta di romanzo, che ha i suoi personaggila nutrice, la madre, la zia, i compagni di scuola, il padre, le fanciulle e i giovani uomini, la moglie, gli “altri”; e i suoi nuclei narrativi essenziali: la ricostruzione dell’infanziail conflitto padre-madre, l’amore per la moglie Lina, la contemplazione della natura e degli animali, il rapporto con i luoghi e in particolare con Trieste.

La celebrazione della vita… Nelle liriche del Canzoniere troviamo la celebrazione dell’esistenza nella sua totalitàe specialmente nei suoi aspetti fisici e minuti: la quotidianità è abbracciata come in un atto istintivo, non mediato dalle sovrastrutture della morale o dell’ideologia. Influisce, su questo atteggiamento, la lettura di Nietzsche, che si affianca all’altro autore di riferimento di Saba, Freud; non il Nietzsche superomistico caro a d’Annunzio, ma il grande “demistificatore” che scava in profondità nella psicologia dell’essere umano, il filosofo che smaschera le ipocrisie e le autocensure dell’individuo e riconosce gli impulsi egoistici alla base delle idee e dei valori più alti (proprio come avrebbe poi fatto Freud, tanto che di Nietzsche Saba scrive: «era uno psicologo prima dell’analisi»).

 >> pagina 204 
… e l’acuto senso di esclusione Allo stesso tempo, e quasi come rovescio di questa convinta adesione alla vita, il poeta vive un’acuta sensazione di estraneità e di esclusione dal mondo e dagli altri: «Dell’umana natura essere al fondo / pensavi, e invece ne sei quasi fuore» (Autobiografia, 7). Egli aspira alla gioia e alla pienezza, ma finisce per essere vittima dell’angoscia. A questo sentimento corrisponde un senso di dolorosa scissione dell’io, «lacerato da conflitti che rinviano […] a traumi personali, freudianamente ricondotti all’infanzia» (Brugnolo). È – quello di Saba – un intreccio psicologico-esistenziale amaro e tormentato.

La diversità del poeta La consapevolezza della propria specificità, l’«onta […] d’essere solo e diverso» (Appunti), rimanda al motivo tradizionale della separazione dell’intellettuale-poeta dalle persone comuni (espresso magistralmente dall’Albatro di Baudelaire), ma sembra anche legato, a tratti, a una diversità di tipo sessuale, che si esprime in una tensione omosessuale mai dichiarata apertamente ma presente sotto traccia (come scrive Lavagetto, tale segreta pulsione è «qualcosa che deve essere indovinato, riconosciuto, avvertito sotto le superfici»).
Nelle liriche di Saba compaiono molti giovani uomini, a partire da Glauco, «un fanciullo dalla chioma bionda, / dal bel vestito di marinaretto», che chiede al poeta: «Qual è il pensiero che non dici, ascoso [nascosto], / e che da noi, così a un tratto, t’invola [ti allontana]?» (Glauco). Il «pensiero ascoso» del poeta «rimanda con molta evidenza al desiderio omoerotico, disseminato in molti modi in tutto il Canzoniere, anche quando non è rappresentato esplicitamente» (Gnerre).

Gli “altri” e la Storia Al di là del vissuto personale e dell’oscuro groviglio che caratterizza il suo mondo interiore, Saba manifesta nel corso degli anni una crescente apertura alle ragioni della sofferenza altrui e alle vicende della Storia collettiva, sempre mantenendo la semplicità e l’assenza di retorica che contraddistinguono tutta la sua produzione: «È bella / la nostra solitudine. Ma pure / sento in essa echeggiar le altrui sventure / più grandi» (Undicesima fuga). È un altro aspetto della sua adesione alla vita, da cui derivano per esempio la solidarietà e la vicinanza nei confronti del popolo ebraico (al quale Saba appartiene in virtù delle origini materne), colpito dalla tragedia immane della Shoah, e più in generale verso tutti coloro che hanno sofferto a causa delle drammatiche vicende del Novecento e che si sono opposti alla barbarie dei regimi totalitari: «Amo sol chi in ceppi avvinto [incatenato], / nell’orror d’una segreta [prigione], / può aver l’anima più lieta / di chi a sangue lo percuote» (Sesta fuga).

Interpretazione e autointerpretazione Nel 1948, giudicando insufficiente l’attenzione della critica nei suoi confronti, Saba pubblica un testo in prosa dal titolo Storia e cronistoria del Canzoniere, un singolare autocommento alla propria opera, in cui rivela le occasioni compositive, chiarisce i riferimenti a episodi e stati d’animo che altrimenti non potrebbero per altra via essere noti al lettore, illustra il significato di alcune espressioni.
Un’analisi sistematica e così approfondita del proprio lavoro creativo da parte di un autore è un esempio unico nella letteratura italiana del Novecento (e che fa piuttosto pensare al Dante della Vita nuova e del Convivio, in cui egli spiegava, attraverso i brani in prosa, il senso delle proprie liriche). Non sempre, tuttavia, l’autoesegesi del poeta è la più corretta: non solo perché al lettore, che pure non può prescindere dall’aderenza ai dati testuali, va garantita una certa libertà ermeneutica, ma anche perché Saba, di proposito o meno, dissemina la sua Storia e cronistoria di informazioni talora errate o comunque inaffidabili. Si tratta dunque di un documento prezioso ma non sufficiente per l’interpretazione della sua opera poetica.

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Lo stile

Modelli e influenze Autodidatta e provinciale rispetto ai centri principali dell’innovazione letteraria, Saba si forma soprattutto sui classici. In una città come Trieste, che si trova all’incrocio di più culture e che non è ancora politicamente unita all’Italia, essi costituiscono un riferimento sicuro in fatto di lingua e contengono un forte richiamo all’identità nazionale italiana, ardente aspirazione del poeta.
I suoi autori prediletti sono Dante, Petrarca, Leopardi e i poeti dell’Ottocento fino a Carducci; minore influenza hanno Pascoli e d’Annunzio, di cui non ama i preziosismi lessicali. Il gusto di Saba si arricchisce inoltre con la lettura degli autori del Romanticismo tedesco e slavo, nonché della poesia dialettale veneta. La conciliazione di queste varie tendenze dà luogo – non senza dissonanze – a una sintesi molto originale.

Metrica e forme fra tradizione e innovazione Il Canzoniere si presenta come un’opera omogenea anche dal punto di vista metricononostante la varietà di forme strofiche e ritmiche. L’elemento unificante è la fedeltà dell’autore a una versificazione regolare, basata sui metri tradizionali, raccolti in forme strofiche canoniche (come il sonetto) o originali. Endecasillabi e settenari – le misure più ricorrenti nella tradizione italiana – sono i più usati da Saba; seguono gli imparisillabi minori (trisillabi e quinari), mentre fra i parisillabi troviamo con una certa assiduità soltanto l’ottonario. Saba non usa mai, invece, il verso libero, né metri che eccedano la misura dell’endecasillabo. L’impiego dei metri classici, comunque, non impedisce al poeta di manifestare una certa inquietudine sperimentale, tipica della poesia del Novecento, per esempio nell’uso ricorrente dell’enjambement, che spezza la corrispondenza armonica tra verso e sintassi.
Sistematico è il ricorso alla rima, che viene per lo più rifiutata dai poeti coevi quale emblema della lirica del passato. Si tratta di una scelta consapevole e ricercata, che tuttavia non impedisce a Saba di inserire spesso, nei suoi componimenti, rime imperfette (soprattutto assonanze).
La propensione di Saba a tradurre la propria confessione lirica in racconto rende frequente la comparsa di cadenze prosastiche (temperate, nelle ultime poesie, da una certa concisione epigrammatica), che si coniugano però con una tendenza al canto dovuta alle scelte metriche di tipo tradizionale.

 >> pagina 206 
La lingua La singolare commistione di modernità e classicità è testimoniata anche dalla lingua: le forme auliche e ricercate convivono con un linguaggio quotidiano e colloquiale, talvolta volutamente dimesso. Nel Canzoniere – ha notato Giacomo Debenedetti – la lingua è diretta conseguenza di uno stretto rapporto con la realtà. Esiste cioè un’univoca e inequivocabile corrispondenza tra parole e cose: «Le parole in Saba si presentano naturalmente, come i segni necessari delle cose che egli vuole dire. Sono, o appaiono, come imposte direttamente dalla cosa: una rosa non può che chiamarsi rosa, una lacrima non può che chiamarsi lacrima. Le cose di tutti i giorni non possono che presentarsi col loro nome di tutti i giorni».

Oltre il Crepuscolarismo: la nobilitazione del quotidiano Proprio per questa alternanza linguistica di alto e basso alcuni critici hanno avvicinato Saba al Crepuscolarismo. Gli intenti e gli esiti della poetica crepuscolare sono tuttavia molto diversi: i Crepuscolari abbassano, insieme al lessico, anche i contenuti e i temi della loro poesia, talora attraverso l’adozione di toni ironici (come nel caso di Gozzano), per cui i termini letterari o desueti rispondono a una funzione parodica e riduttiva; Saba, al contrario, tende a innalzare e a nobilitare la dimensione dell’umile e del familiare, motivo per cui si è parlato, in riferimento alla sua poesia, di “epica del quotidiano”.

T1

A mia moglie

Canzoniere

Questo componimento, tratto dalla sezione Casa e campagna (1909-1910), è una sorta di manifesto della «poesia onesta» propugnata da Saba: una poesia che aderisce alla concreta realtà della vita, senza preziosismi e orpelli stilistici. Con termini di paragone legati a uno scenario domestico e attraverso toni di voluta ingenuità, l’autore intesse un singolare elogio dell’amata moglie Lina.


METRO Strofe diseguali di settenari, endecasillabi e quinari liberamente rimati.
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Audiolettura

Tu sei come una giovane,
una bianca ▶ pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
5       per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
10    È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
15    Così, se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
20    mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.

25    Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
30    volge, ove tinge un rosa
tenero la sua carne.
Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
35    strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t’offro quando sei triste.

Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
40    dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
45    e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
50    candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.

Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
55    gabbia ritta al vederti
s’alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
60    tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
65    che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?

Tu sei come la rondine
70    che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
75    questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un’altra primavera.

Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
80    parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
85    i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.

 >> pagina 208 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

L’apparente stravaganza dei paragoni che il poeta introduce per parlare della moglie – le similitudini con una serie di animali domestici – ha reso celebre questo testo. Di norma, l’accostamento di una donna a una gallina o a una mucca non viene percepito in senso positivo, e in effetti Lina, a quanto racconta l’autore, non fu all’inizio entusiasta di questo componimento: «Era invece rimasta male, molto male; mancò poco che litigasse con me. Ma è anche vero che poca fatica durai a persuaderla che nessuna offesa ne veniva alla sua persona, che era “la mia più bella poesia”, e che “la dovevo a lei”». In realtà, la comparazione con gli animali rappresenta un elogio sentito e commosso della moglie, per due volte definita indirettamente “unica” (nella prima strofa, al v. 17, e, con ripresa letterale, all’ultimo verso della lirica, in cui Saba afferma di non trovare le qualità da lei possedute in nessun’altra donna).
Alla base di queste inconsuete similitudini, infatti, c’è un’idea precisa: la natura è una, e la sostanza dell’esistenza è la medesima per tutti gli esseri viventi, ugualmente provati dalla sofferenza (le voci delle gallinelle che ricordano i lamenti della moglie, vv. 19-22; la musica dei pollai soave ma anche triste, vv. 23-24; il muggito lamentoso della giovenca, vv. 32-34). Grazie alla semplicità e alla nudità della loro esistenza, gli animali – che il poeta contempla stupito come un fanciullo – sono in grado di avvicinarci a Dio molto più degli esseri umani, costretti all’ipocrisia e alla finzione dalle esigenze della convivenza civile.

Si tratta di una concezione religiosa della natura, che avvicina la poesia di Saba al Cantico delle creature di san Francesco e ad alcune pagine della Bibbia. In molti luoghi dell’Antico Testamento gli animali sono considerati simili agli esseri umani e perciò collocati sul loro stesso piano di fronte a Dio: «Ecco, l’ippopotamo che io ho creato al pari di te, si nutre di erba come il bue. […] Esso è la prima delle opere di Dio» (Giobbe, 40,15; 19); «Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti. L’uomo non ha alcun vantaggio sulle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso il medesimo luogo: tutto è venuto dalla polvere e nella polvere tutto ritorna» (Ecclesiaste, 3,19-20).
Nel Cantico dei cantici la donna è paragonata a una «puledra» (1,9) e chiamata con il nome di «colomba» (2,14); si dice che i suoi capelli assomigliano a una «mandria di capre» (4,1), i denti a un «gregge di pecore» (4,2), le mammelle a «due cerbiatti» (4,5). Definiti da Saba sereni (vv. 13 e 85), in quanto estranei alle inquietudini e alle complicazioni che la ragione determina nell’umano, gli animali avvicinano a Dio (vv. 14 e 86) perché, nella loro semplice istintività, sono più prossimi alla fonte della vita, cioè, appunto, alla divinità; attraverso di loro, l’essere umano può entrare in contatto con essa.

 >> pagina 209 

Le scelte stilistiche

L’apparente semplicità del componimento nasconde in realtà una complessa elaborazione formale. Se il lessico è strettamente ancorato al quotidiano, infatti, il dettato è impreziosito dalle frequenti inversioni (soprattutto anastrofi, ma anche iperbati) e dal ricorso a forme verbali di ascendenza letteraria (ti quereli, v. 22; riguarda, v. 45; mi sentiva ed erav. 75). La commistione di registri diversi si manifesta anche nell’espressione e tu non hai quest’arte (v. 72), ricalcata sul passo della Divina Commedia in cui Dante incontra Farinata («ma i vostri non appreser ben quell’arte»; «“S’elli han quell’arte”, disse, “male appresa”», Inferno, X, 51; 77): l’illustre modello viene riportato – senza alcun intento parodico – a una dimensione umile e domestica.

Anche la figura retorica della similitudine – una delle più ricorrenti in tutto il Canzoniere – mostra qui una sua complessità: il secondo termine di paragone (quello introdotto dal come: la pollastra, la giovenca e così via) serve a presentare le virtù di Lina, ma tende a trasformarsi nell’elemento principale della rappresentazione; può così succedere che siano le qualità della donna a esprimere le caratteristiche degli animali (a proposito della pollastra, per esempio, il poeta dice che ha il lento / tuo passo di regina, / ed incede sull’erba / pettoruta e superbavv. 6-9). In altre parole, non solo la donna è simile alle femmine degli animali, ma anche queste ultime sono simili a lei; attraverso un raffinato gioco di specchi, la donna si identifica negli animali e viceversa, così che «ogni paragone è doppio […], con prospettive alternate, con un giuoco affascinante di luci e di riverberi, in cui sempre due figure (la donna e un animale) si avvicinano, si sovrappongono, si amalgamano, si ricreano» (Pinchera).

Scrive Saba a proposito di questa lirica: «La poesia ricorda […] una poesia religiosa; fu scritta come altri reciterebbe una preghiera». La dimensione religiosa, molto evidente a livello contenutistico, modella anche la struttura della poesia: l’impianto formulare conferisce al componimento un andamento quasi liturgico, per cui all’inizio di ogni strofa si ripete una frase dall’identica costruzione (la principale Tu sei come seguita da un articolo, da uno o più aggettivi e infine dal nome dell’animale).

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Esponi in 10 righe il contenuto della poesia.

2 In che senso la cagna è paragonata a una santa (v. 42)? E perché a volte scopre i denti / candidissimi (vv. 49-50)?

3 Spiega il significato della similitudine contenuta nei vv. 73-76: in che cosa la moglie del poeta assomiglia alla rondine?

ANALIZZARE

4 In quale punto della prima strofa si passa da associazioni di tipo visivo e concettuale ad altre di natura uditiva?

5 In quali espressioni contenute nella terza e quarta strofa è ravvisabile il motivo della sofferenza?

6 Segnala almeno tre enjambement che ti sembrano particolarmente significativi e spiega il motivo della tua scelta.

INTERPRETARE

7 In che modo dolcezza e ferocia (vv. 40-41) possono intrecciarsi nella cagna e nella moglie del poeta?

8 Quali sono le qualità della moglie del poeta che emergono dai paragoni con gli animali?Rintracciale nel testo e prova poi a descrivere il tipo di femminilità che emerge dal loro insieme.

SVILUPPARE IL LESSICO

9 Il lessico di A mia moglie è estremamente composito, e comprende anche numerosi latinismi: per ciascuno di essi spiega il significato e, con l’aiuto di un dizionario etimologico, indica da quale termine latino derivi.
quereli • gravida • gravezza • pavida • angusta • provvida

SCRIVERE PER...

RACCONTARE
10 Prova a costruire, in versi o in prosa, l’elogio di una persona che stimi attraverso una serie di similitudini (almeno cinque o sei), dotate di uno sviluppo articolato e introdotte dallo stesso modulo utilizzato da Saba (Tu sei come).

Classe di letteratura - volume 3B
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Dalla Prima guerra mondiale a oggi