Classe di letteratura - volume 3A

Glossario prosa o in fine di verso in testi poetici. Fanno r. o sono in r. vocaboli come testo : manifesto (r. piana, perché fra parole piane), virtù : tribù (r. tronca), veicolo : ridicolo (r. sdrucciola), biasimano : spasimano (r. bisdrucciola): queste coppie illustrano la r. perfetta. Quando l identità fonetica dalla tonica in poi non è assoluta, si ha una r. imperfetta, come nel caso dell assonanza o della consonanza . In un componimento poetico le rime vengono identificate a seconda della loro disposizione in una sequenza di versi; i tipi di disposizione fondamentali sono: r. baciata, quando procede per coppie (AABB); rima alter-nata, se le rime si alternano (ABAB); r. incrociata, se una coppia abbraccia un altra coppia (ABBA o ABA.ABA); r. invertita, se più sequenze si presentano con i componenti disposti in ordine inverso (ABC.CBA); r. ripetuta o replicata, quando i componenti di diverse sequenze rimano nello stesso ordine (ABC.ABC); r. incatenata, come nella terzina dantesca, che ha schema ABA.BCB.CDC.DED. Ripresa In musica e nella poesia destinata originariamente a essere cantata (per es., la ballata , il rispetto ecc.), ripetizione di una parte della composizione. Ritmo Nella metrica, l alternarsi, in un verso, di sillabe toniche e sillabe atone secondo determinate leggi: scandire il r. di un verso, leggerlo in modo da mettere in risalto tale alternanza; riferito alla metrica classica, e in particolare alla lettura moderna (in cui si accentano le arsi, generalmente lunghe, dei metri). In prosa, il succedersi degli accenti di frase, in genere senza leggi fisse (eccetto in qualche caso come nel cursus della prosa d arte medievale), ma secondo il gusto e la sensibilità di chi scrive o parla. Il componimento stesso che è caratterizzato dall opposizione di sillaba tonica a sillaba atona, rispetto al verso classico basato sulla quantità sillabica e vocalica. S Sdrucciolo In linguistica, che ha l accento sulla terzultima sillaba (it. esile). Versi s.; endecasillabi , settenari , ottonari s. sono quelli che, terminando con parola s., hanno 12 sillabe invece che 11, 8 invece che 7 e così via; ottave s., composte di versi sdruccioli. Esempi: « l alba: si chiudono i petali (G. Pascoli, Il gelsomino notturno, v. 21); «Canta la gioia! Io voglio cingerti / di tutti i fiori perché tu celebri/ la gioia (G. d Annunzio, Canta la gioia!, vv. 1-3). Senario Verso composto di 6 sillabe metriche, con accento principale fisso sulla 5ª sillaba; compare per lo più accostato ad altri versi. S. doppio o accoppiato è detto il verso costituito da due emistichi di 6 sillabe metriche ciascuno, separati da una cesura fissa, chiamato anche dodecasillabo. Esempi: «como degio fàre? (Rinaldo d Aquino, Già mai non mi conforto, v. 8); «Taci. Su le s glie / del bosco non do (G. d Annunzio, La pioggia nel pineto, vv. 1-2); «Dagli atri muscosi, // dai fori cadenti (A. Manzoni, Adelchi, atto III). Sestina Forma particolare della canzone , formata nel suo schema tipico da 6 stanze di 6 endecasillabi ciascuna, con un congedo di 3 endecasillabi; ogni stanza si collega alla precedente ripetendo, nel primo verso, la parola-rima con cui quella termina, mentre i versi successivi riprendono anch essi, con ordine variato, le medesime rime della prima stanza, per cui le parole in rima sono in totale soltanto sei; nel congedo è seguito lo stesso criterio, ma con qualche varietà nell alternanza delle parole-rime. Nella poesia italiana la sestina fu dapprima adottata da Dante sul precedente esempio di Arnaut Daniel; è poi presente otto volte nel Canzoniere di Petrarca, e ciò spiega la sua frequenza nei poeti petrarchisti; andata in disuso nel Sei e Settecento, verrà ripresa da poeti moderni, tra i quali Carducci e d Annunzio. Genericamente, strofa di 6 versi, che possono essere tutti uguali (endecasillabi, decasillabi , settenari ), oppure endecasillabi alternati a settenari ecc. In senso stretto, strofa formata di 6 endecasillabi, dei quali i primi 4 a rime alternate e i 2 finali a rima baciata. Settenario Verso composto di 7 sillabe metriche, con accento principale fisso sulla 6ª e uno o due altri su una delle prime 4 sillabe, da cui una grande varietà di armonia. Prevale il ritmo giambico, con accenti sulla 2ª, 4ª e 6ª sillaba. Esempio: «L albero a cui tendévi / la pàrgolétta màno (G. Carducci, Pianto antico, vv. 1-2). il verso più usato dopo l endecasillabo , per lo più congiunto a questo e al quinario in varie forme strofiche. Similitudine Figura retorica che mira a chiarire (logicamente o fantasticamente) un concetto presentandolo in parallelismo e in paragone con un altro, mediante la congiunzione come o i nessi così come , tale quale , come tale ecc.; può avere forma estesa, e in tal caso consta di una prima parte in cui si descrive la cosa presa come confronto, e di una seconda parte in cui si passa all applicazione. Esempio: «Come la luce rapida / piove di cosa in cosa, / e i color vari suscita / dovunque si riposa; / tal risonò moltiplice / la voce dello Spiro (A. Manzoni, Pentecoste, vv. 41-46). Oppure può risolversi tutta nel giro di una frase (per es., fu trattato come un cane ); in forma ancora più concentrata si riduce alla metafora , mentre la soppressione del come o di ogni altro nesso, cioè l identificazione di un termine con l altro, dà luogo all analogia . Esempio: «quando partisti, come son rimasta! / come l aratro in mezzo alla maggese (G. Pascoli, Lavandare, vv. 9-10). Sincope In linguistica, caduta di un suono o di un gruppo di suoni all interno di una parola (per es., l ital. verde dal lat. viridis, con sincope della vocale -i- interna; spirto per spirito). Sineddoche Figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo avere mentalmente associato due realtà differenti ma dipendenti o contigue logicamente o fisicamente, si sostituisce la denominazione dell una a quella dell altra. La relazione tra i due termini coinvolge aspetti quantitativi, cioè i rapporti parte-tutto (una vela per la barca), singolare-plurale (lo straniero per gli stranieri), genere-specie (i mortali per gli uomini), materia prima-oggetto prodotto (un bronzo per una scultura in bronzo). Esempio: «Quando vi mettete a fare tutti quei figliuoli non ci pensate che son tante bocche che mangiano? (G. Verga, Il reverendo). Sinestesia Nel linguaggio della stilistica e della semantica, particolare tipo di metafora per cui si uniscono in stretto rapporto due parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse (colore squillante, voce calda); quando l accostamento tende a ripetersi (per contingenze storico-culturali e stilistiche) può determinarsi un mutamento semantico e nascere una nuova accezione della parola (il latino clarus, etimologicamente appartenente alla sfera sensoriale auditiva, è passato alla sfera visiva sia nel latino classico sia nelle lingue romanze, dove, a partire dal linguaggio musicale, ha nuovamente assunto un accezione acustica, come in suoni chiari , voce chiara ). 831

Classe di letteratura - volume 3A
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Dal secondo Ottocento al primo Novecento