Classe di letteratura - volume 3A

170 175 180 185 190 «Ma tu , gli disse il capitano, guardandolo attentamente, «devi aver perso molto sangue, tu, per esser debole a quel modo . «Perso molto sangue? , rispose il ragazzo, con un sorriso. «Altro che sangue. Guardi . E tirò via d un colpo la coperta. Il capitano dié un passo indietro, inorridito. Il ragazzo non aveva più che una gamba: la gamba sinistra gli era stata amputata al di sopra del ginocchio: il troncone era fasciato di panni insanguinati. In quel momento passò un medico militare, piccolo e grasso, in maniche di camicia. «Ah! signor capitano , disse rapidamente, accennandogli il tamburino, «ecco un caso disgraziato; una gamba che si sarebbe salvata con niente s egli non l avesse forzata in quella pazza maniera; un infiammazione maledetta; bisognò tagliar lì per lì. Oh, ma un bravo ragazzo, gliel assicuro io; non ha dato una lacrima, non un grido! Ero superbo che fosse un ragazzo italiano, mentre l operavo, in parola d onore. Quello è di buona razza, perdio! . E se n andò di corsa. Il capitano corrugò le grandi sopracciglia bianche, e guardò fisso il tamburino, ristendendogli addosso la coperta; poi, lentamente, quasi non avvedendosene, e fissandolo sempre, alzò la mano al capo e si levò il cheppì.24 «Signor capitano! , esclamò il ragazzo meravigliato. «Cosa fa, signor capitano? Per me! . E allora quel rozzo soldato che non aveva mai detto una parola mite ad un suo inferiore, rispose con una voce indicibilmente affettuosa e dolce: «Io non sono che un capitano; tu sei un eroe . Poi si gettò con le braccia aperte sul tamburino, e lo baciò tre volte sul cuore. 24 cheppì: copricapo militare rigido, di forma cilindrica, con visiera di cuoio. DENTRO IL TESTO L avventuroso racconto di un impresa eroica Lacrime e patriottismo Approfondisci TEMI NEL TEMPO La scuola tra le pagine I contenuti tematici Prima guerra d indipendenza. Primo giorno della battaglia di Custoza, in Veneto, nel 1848. Un reggimento dell esercito italiano, arroccato in un casolare, è preso d assedio; la salvezza è possibile solo con l arrivo dei rinforzi. Un tamburino sardo, un ragazzo di poco più di quattordici anni, che ne dimostrava dodici scarsi (rr. 11-12), fragile e pallido (r. 15), riceve un incarico da cui dipendono le sorti della compagnia: portare un biglietto contenente una richiesta di aiuto al di là dei campi, al primo ufficiale italiano che incontrerà. Il racconto che segue è un trepidante resoconto scritto con l abilità di uno scrittore avvezzo allo stile asciutto del reporter, quale De Amicis era stato in gioventù. La voce narrante accompagna, infatti, passo dopo passo, l avventurosa missione del piccolo soldato, preso di mira dai fucili nemici, scandendo come nella cronaca di un moderno giornalista le diverse fasi, viste e commentate dai sospiri e dalle esclamazioni del capitano che gli ha affidato il compito. L impresa riesce: mentre gli austriaci assediano la roccaforte, l arrivo dei rinforzi capovolge l esito della battaglia. Tuttavia, poiché l intento di educare commuovendo non può essere esercitato appieno con un classico lieto fine, l autore rafforza l efficacia persuasiva del messaggio enfatizzando le potenzialità patetiche e drammatiche dell episodio. La frase finale a effetto Io non sono che un capitano; tu sei un eroe, rr. 191-192 pronunciata dal capitano, l abbraccio e i baci conferiscono appunto una patina emozionale alla pedagogia di De Amicis, che in questo come in altri casi sembra dare il meglio di sé quando agisce su personaggi sfortunati o comunque penalizzati dalla sorte. 296 / IL SECONDO OTTOCENTO

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Dal secondo Ottocento al primo Novecento