Il sistema geocentrico o aristotelico-tolemaico
Dall’antichità fino al XVII secolo, l’universo era stato descritto come una sfera delimitata dalle stelle fisse, sospesa nel vuoto, al centro della quale si trovava, immobile, la Terra: intorno a essa giravano tutti gli altri corpi celesti, Sole compreso, incastonati in sfere concentriche in perenne movimento circolare. Si credeva altresì che i pianeti e le loro sfere fossero fatti di una materia incorruttibile, luminosa e perfetta, chiamata etere, molto diversa dagli elementi costitutivi della Terra: aria, acqua, terra e fuoco.
La visione del mondo detta geocentrica, proprio perché vede la Terra (in greco gea) al centro dell’universo, nasce da alcuni calcoli del matematico Eudosso di Cnido (inizio IV sec. a.C.), ai quali il filosofo greco Aristotele (IV sec. a.C.) conferì poi il valore di descrizione fisica della realtà, inserendoli in un organico e coerente sistema cosmografico. Questa concezione dell’universo venne infine sistematizzata dall’astronomo egiziano Claudio Tolomeo (II sec. d.C.). Si trattava di una descrizione apparentemente ovvia (dato che tutti vediamo il Sole sorgere e morire all’orizzonte), ma in realtà non veritiera. Per questo motivo gli astronomi, per calcolare i reali movimenti degli astri nel sistema aristotelico-tolemaico, dovevano fare operazioni matematiche molto complicate e, nonostante i loro sforzi, spesso i conti non tornavano: sovente i pianeti, nei loro movimenti, venivano a trovarsi in posizioni non previste dagli studiosi.
Già nell’antichità c’era stato chi aveva sostenuto l’ipotesi eliocentrica (secondo cui non è la Terra a trovarsi al centro dell’universo, ma il Sole, in greco elios), come il filosofo e scienziato greco Aristarco di Samo (IV sec. a.C.). Tuttavia quella geocentrica era l’unica teoria accettata dalla Chiesa e dalla società del tempo di Galileo.