T11 - Umberto Saba, Avevo

Tipologia A POESIA Umberto Saba, Avevo T 11 Il canzoniere Dopo l 8 settembre 1943, il poeta Umberto Saba (Trieste 1883-Gorizia 1957), nato da madre ebrea, deve fuggire da Trieste per scampare ai rastrellamenti nazifascisti. Si rifugia in varie case a Firenze, dove trova gli amici Eugenio Montale e l antifascista Bruno Sanguinetti. L ultimo nascondiglio è la casa dell amica Anna Maria Ichino, in Piazza Pitti (la casa ospitale del v. 2). Qui Saba vive i primi momenti della liberazione, che sono raccontati in una sezione del suo libro lavorato per tutta la vita, Il canzoniere, intitolata 1944 e costituita da cinque poesie: Avevo è la prima della serie. 5 10 15 20 25 Da una burrasca ignobile approdato a questa casa ospitale, m affaccio liberamente alfine alla finestra. Guardo nel cielo nuvole passare, biancheggiare lo spicchio della luna, Palazzo Pitti di fronte. E mi volgo vane antiche domande: Perché, madre, m hai messo al mondo? Che ci faccio adesso che sono vecchio, che tutto s innova, che il passato è macerie, che alla prova impari mi trovai di spaventose vicende? Viene meno anche la fede nella morte, che tutto essa risolva. Avevo il mondo per me; avevo luoghi del mondo dove mi salvavo. Tanta luce in quelli ho veduto che, a momenti, ero una luce io stesso. Ricordi; tu dei miei giovani amici il più caro, tu quasi un figlio per me, che non pure so dove sei, né se più sei, che a volte prigioniero ti penso nella terra squallida, in mano al nemico? Vergogna mi prende allora di quel poco cibo, dell ospitale provvisorio tetto. Tutto mi portò via il fascista abietto ed il tedesco lurco. 9 s innova: si rinnova. 18 tu dei miei giovani amici il più ca- ro: il giovane Federico Almansi, il più ca- ro degli amici, al quale Saba dedicherà diverse poesie. In questo periodo, il poeta non sa nulla di Almansi e teme il peggio. 25-26 Tutto lurco: i due versi finali, che si ripetono invariati nelle strofe successive sino all ultima, sono, a detta dello stesso Saba, «un motivo popolare che, nei primi giorni della liberazione, correva le vie desolate di Firenze, che si poteva, per così dire, coglierlo da ogni bocca (Storia e cronistoria del Canzoniere). L espressione tedesco lurco è di ascendenza dantesca: sta a significare ghiottone, mangione, ingordo; di «Tedeschi lurchi Dante parla nel XVII canto dell Inferno (v. 21), dove descrive la discesa nelle Malebolge e l apparizione di Gerione, assomigliato al castoro, tipico abitante dei grandi fiumi germanici (Reno e Danubio), che appunto «là tra li Tedeschi lurchi attira i pesci con la coda immersa nell acqua e poi li divora. 209

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