La narrativa italiana

      LA NARRATIVA ITALIANA

L’ansia di raffigurare in maniera oggettiva i mutamenti politico-sociali dell’Italia post-bellica, propria del neorealismo, cede il passo al bisogno di raccontarne gli effetti sull’interiorità degli individui. La Storia, dunque, viene interiorizzata e narrata in chiave soggettiva. Tra gli autori più significativi di questa tendenza troviamo:


Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore de Il Gattopardo (1958), romanzo storico, che racconta la decadenza fisica e sociale del protagonista – il principe Fabrizio Salina – e del suo mondo mentre la Sicilia passa dal regime borbonico allo Stato unitario italiano, vicenda scelta dall’autore come metafora della condizione umana.


Elsa Morante esordisce con il romanzo Menzogna e sortilegio (1948) ambientato in una Sicilia immaginaria e fuori del tempo. Il secondo romanzo, di grandissimo successo, L’isola di Arturo (1957) racconta la storia di un ragazzo di Procida che vive sentimenti contrastanti nei confronti del padre e della sua nuova e giovane moglie. Ne La Storia (1974), la Morante esprime una  concezione fatalistica e tragica della Storia. Attraverso le vicende dei protagonisti racconta l’orrore della Seconda guerra mondiale, in una personale forma di realismo che affida alla letteratura il compito di portare alla luce la bellezza e la verità sepolte tra le pieghe della Storia.


Carlo Emilio Gadda adotta nei romanzi e nei molti racconti uno stile espressionistico molto originale e una lingua che nasce dalla mescolanza di un’impressionante varietà di elementi: tecnicismi, arcaismi, inserti in lingua straniera, parole dialettali e neologismi. 

Il romanzo La cognizione del dolore è profondamente autobiografico, in cui il protagonista, che è un alter ego dell’autore, ha un rapporto conflittuale con l’anziana madre. È un angoscioso ritratto familiare in cui i personaggi sono sopraffatti da ire, nevrosi e inquietudini incomunicabili. 

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda, che esce prima a puntate nel 1946-1947, poi in volume nel 1957, nasce come un giallo ma termina senza un soluzione del delitto. La mancata conclusione della vicenda e il fallimento dell’indagine investigativa sono una metafora dell’inadeguatezza degli schemi che pretendono di definire la vita, infatti le vicende umane non possono essere spiegate come effetto di un’unica causa, ma come risultato di una serie di cause che, in modo ingarbugliato, contribuiscono a realizzare le vicende.


Leonardo Sciascia lega l’impegno narrativo è a quello civile e politico. Sciascia vuole far luce sulle forme di potere che nascono e si rafforzano facendo leva su intrecci perversi, di corruzione, violenza e  omertà; per questo mette in scena personaggi che cercano la verità indagando.

Nel romanzo Il giorno della civetta (1961), l’inchiesta sulla realtà siciliana e sulla mafia fa un particolare uso della struttura del giallo: contravvenendo ai canoni di genere, Sciascia svela subito al lettore l’identità dei colpevoli, e costruisce la trama sullo sforzo ostinato e vano con cui il detective tenta di incriminarli.


Luigi Meneghello nel libro Libera nos a Malo (1963) disegna la storia recente del suo paese natale e le vicende della sua infanzia. Meneghello evidenzia con sguardo lucido e spirito umoristico il rapido dissolversi del tessuto sociale contadino e del dialetto originario travolti dalla civiltà industriale.


Umberto Eco scrive Il nome della rosa (1980) dove mescola sapientemente lo schema del giallo con i moduli del romanzo storico, di quello filosofico e di quello di formazione: il ricorso a diversi piani compositivi ha inserito l’opera nell’ambito della produzione postmoderna, che tende a contaminare alto e basso, colto e popolare.

I saperi fondamentali di letteratura - volume 3
I saperi fondamentali di letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento ad oggi