T1
Veglia
- Tratto da L’allegria, 1931
- Metro versi liberi
Costretto a trascorrere un’intera notte in trincea, accanto al corpo dilaniato di un compagno ucciso dal nemico, il poeta sente accendersi con straordinaria intensità il desiderio di vivere e amare.
Audiolettura
Cima Quattro* il 23 dicembre 1915
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
5 con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
10 penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
15 tanto
attaccato alla vita
Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Mondadori, Milano 1992
Ti accorgi quanto è importante la salute solo quando la perdi. Con la vita non succede lo stesso, per forza di cose: ma l’apparire della morte intorno a noi spinge a interrogarsi sul modo in cui spendiamo l’esistenza. Questo almeno nella realtà, dove la visione di un cadavere è sempre più rara rispetto ai tempi passati. E d’altra parte la smorfia orribile che colpisce Ungaretti l’abbiamo vista mille volte, in film e fotografie. Quali sono gli effetti di questa dilagante attrazione per il macabro? Secondo alcuni essa rischia di anestetizzarci, trasformando in abitudine ciò che dovrebbe essere un evento eccezionale. Secondo altri ci allena a reagire dinanzi agli appuntamenti con la morte, che nella vita di ogni uomo prima o poi si presentano. Ma un conto è la scomparsa per vecchiaia di una persona cara, giunta al termine del suo percorso esistenziale; un altro conto una fine prematura, magari violenta, come quella rappresentata in Veglia. In ogni caso, solo tenendo presente l’inevitabilità del trapasso si può amare sino in fondo la vita.
Veglia è la prima poesia di argomento bellico dell’Allegria. Il 23 dicembre 1915 Ungaretti era giunto da poche settimane nei panni di fante volontario sul fronte del Carso, dove subito aveva dovuto fare i conti con una realtà del tutto diversa da quella immaginata nei giorni delle manifestazioni a favore dell’intervento in guerra dell’Italia. Una realtà fatta di paura, sporcizia, ordini d’assalto che sconvolgevano le lunghe ore trascorse dai soldati nelle trincee. L’incontro con la morte fu subito una traumatica consuetudine, che in questi versi assume le fattezze di un compagno / massacrato (vv. 3-4), colpito da un cecchino o forse da una granata. Per esigenze di servizio e per i comandi imposti dagli ufficiali il poeta non può allontanarsi ed è così costretto a una veglia obbligata – come quelle che si tenevano un tempo in casa dei defunti – che dura Un’intera nottata (v. 1). Di qui il titolo del componimento, che come sempre in Ungaretti offre un’importante chiave di lettura del testo.
A rinforzare l’impressione di orrore provvede lo stile, connotato da un’aspra essenzialità, grazie alle allitterazioni che insistono sulle consonanti dentali, spesso raddoppiate: la cogliamo nell’incipit (Un’intera nottata / buttato, vv. 1-2) o nei participi chiamati a formare da soli un verso (massacrato, v. 4; digrignata, v. 6; penetrata, v. 10) e capaci di fornire immagini di forte impatto emotivo.
La bocca digrignata (v. 6) del soldato morto è volta al plenilunio (v. 7), quasi in un estremo tentativo di parlare, e chiedere alla luna – l’ultima immagine a fermarsi nei suoi occhi – il perché di un sacrificio atroce, e di una vita spezzata nel fiore degli anni. La stessa muta domanda agita il poeta, che resta in silenzio ma travasa nella propria scrittura il dolore del quale è testimone. Il legame che unisce i due fanti è strettissimo: fra la vita e la morte passa un soffio. Un attimo, una mossa, il gioco del caso e l’uno sarebbe stato al posto dell’altro.
Il sopravvissuto ne ricava l’impulso a scrivere lettere piene d’amore (v. 13) e a cogliere fino in fondo il miracolo della riscoperta elementare della vita. Cambia così il tono del componimento: messo da parte il contesto drammatico resta il momento di sospensione dettato dal chiaro di luna, a qualche giorno dal Natale. La scrittura è un modo per esprimere i propri sentimenti, trovare consolazione e tener viva l’umanità là dove tutti l’hanno perduta: sia essa privata, in forma epistolare, o pubblica, come la prima manciata di versi pubblicata da Ungaretti nel Porto sepolto, di cui Veglia fa parte.
Dinanzi al tremendo spettacolo del massacro, la scrittura celebra la vittoria dell’amore sull’odio, della vita sulla morte. La poesia del primo Ungaretti nasce al cospetto della tragedia e la oltrepassa di slancio, come avviene negli ultimi tre versi che, isolati dallo stacco grafico, propongono una constatazione quasi sorpresa. Ora il poeta guarda se stesso. La presenza incombente della morte risveglia l’istinto di sopravvivenza: ricorre un altro participio connotato dalle dentali sorde, attaccato (v. 16), ma questa volta per esprimere l’acquisita consapevolezza del valore della vita, maturata appunto dal contatto con la tragedia. È un insopprimibile desiderio di esistere, nonostante il dolore che pervade il mondo: un’“allegria di naufragi”, per ricorrere a un’espressione ossimorica dello stesso Ungaretti.
1. Il compagno (v. 3) del poeta è
2. Che cosa è successo al compagno (v. 3) del poeta?
3. Che cosa fa il poeta durante la notte?
4. Che rapporto c’è tra il titolo della lirica e il suo contenuto?
5. Le parole amore (v. 13) e vita (v. 16) sono poste a chiusura delle due strofe: per quale motivo, a tuo parere?
6. Quale tra le seguenti tematiche non è presente nei versi di questa poesia?
7. La maggior parte dei testi dell’Allegria reca in apertura l’indicazione precisa del luogo e della data di composizione. Perché Ungaretti compie questa scelta?
8. Lessico. La derivazione. Che differenza c’è tra “notte” e “nottata”? Quale sfumatura di significato viene veicolata dal suffisso “-ata”? Ti diamo alcune coppie di parole: dopo averne controllato il significato sul dizionario, scrivi una frase per ciascuna parola, cercando di sottolinearne le sfumature.
• giorno/giornata • mattina/mattinata • sera/serata • mese/mesata • anno/annata
9. Scrivere per esprimere. Che cosa avrà scritto il poeta nelle lettere piene d’amore (v. 13)? Immagina di scriverne una tu, indirizzandola a chi vuoi (massimo 20 righe).
La propaganda militarista di tutte le epoche ha sempre dipinto la morte in battaglia come eroica, bella e gloriosa, come un traguardo a cui il vero soldato doveva ambire con sprezzo del pericolo. Morire in guerra è meglio che morire in altri modi?
L’emozione della lettura - edizione gialla - volume B
Poesia e teatro