T2 - Dedalo e Icaro (P. Ovidio Nasone)

T2

Publio Ovidio Nasone

Dedalo e Icaro

  • Tratto da Metamorfosi, libro VIII, vv. 183-235
  • Lingua originale latino

Dedalo è il mitico architetto e scultore ateniese che costruisce una mucca di legno per Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, in modo da consentire l’accoppiamento della donna con un toro sacro mandato dal dio Poseidone. Dalla loro unione nasce il mostruoso Minotauro, uomo con il volto di toro, che viene rinchiuso nel labirinto progettato da Dedalo stesso.

Frattanto Minosse impone un duro tributo agli Ateniesi, responsabili di avergli ucciso il figlio Androgeo, perché questi aveva vinto tutti i concorsi atletici indetti dal re di Atene Egeo: ogni anno essi devono consegnare a Minosse sette ragazzi e sette ragazze da dare in pasto al Minotauro. Teseo, figlio di Egeo, si offre di partecipare alla spedizione, per uccidere il mostro e porre fine alla sudditanza verso Creta.

È proprio Dedalo che si presta ad aiutare Arianna, innamorata di Teseo, suggerendole lo stratagemma del filo, con il quale l’amato può trovare l’uscita dal labirinto dopo aver ucciso il Minotauro. Minosse, scoperta la cosa, punisce l’architetto rinchiudendolo nel labirinto insieme al figlio Icaro. L’inventiva di un artista, però, non si lascia scoraggiare e anche nella prigionia il mitico architetto trova un modo per fuggire.

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Audiolettura

Ma intanto Dedalo, insofferente d’essere confinato a Creta

da troppo tempo e punto dalla nostalgia della terra natale,

185 era bloccato dal mare. «Che Minosse mi sbarri terra ed acqua»,

rimuginò, «ma il cielo è pur sempre aperto: passeremo di lì.

Sarà padrone di tutto, ma non dell’aria!». E subito

dedica il suo ingegno a un campo ancora inesplorato,

sovvertendo la natura. Dispone delle penne in fila,

190 partendo dalle più piccole via via seguite dalle più grandi,

in modo che sembrano sorte su un pendio: così per gradi

si allarga una rustica zampogna fatta di canne diseguali.

Poi al centro le fissa con fili di lino, alla base con cera,

e dopo averle saldate insieme, le curva leggermente

195 per imitare ali vere. Icaro, il suo figliolo, gli stava

accanto e, non sapendo di scherzare col proprio destino,

raggiante in volto, acchiappava le piume che un soffio di vento

sollevava, o ammorbidiva col pollice la cera

color dell’oro, e così trastullandosi disturbava il lavoro

200 prodigioso del padre. Quando all’opera fu data

l’ultima mano, l’artefice provò lui stesso a librarsi

con due di queste ali e battendole rimase sospeso in aria.

Le diede allora anche al figlio, dicendogli: «Vola a mezza altezza,

mi raccomando, in modo che abbassandoti troppo l’umidità

205 non appesantisca le penne o troppo in alto non le bruci il sole.

Vola tra l’una e l’altro e, ti avverto, non distrarti a guardare

Boòte o Èlice e neppure la spada sguainata di Orìone:

vienimi dietro, ti farò da guida». E mentre l’istruiva al volo,

alle braccia gli applicava quelle ali mai viste.

210 Ma tra lavoro e ammonimenti, al vecchio genitore si bagnarono

le guance, tremarono le mani. Baciò il figlio

(e furono gli ultimi baci), poi con un battito d’ali

si levò in volo e, tremando per chi lo seguiva, come un uccello

che per la prima volta porta in alto fuori del nido i suoi piccoli,

215 l’esorta a imitarlo, l’addestra a quell’arte rischiosa,

spiegando le sue ali e volgendosi a guardare quelle del figlio.

E chi li scorge, un pescatore che dondola la sua canna,

un pastore o un contadino, appoggiato l’uno al suo bastone

e l’altro all’aratro, resta sbalordito ritenendoli dèi

220 in grado di solcare il cielo. E già s’erano lasciati a sinistra

le isole di Samo, sacra a Giunone, Delo e Paro,

e a destra avevano Lebinto e Calimne, ricca di miele,

quando il ragazzo cominciò a gustare l’azzardo del volo,

si staccò dalla sua guida e, affascinato dal cielo,

225 si diresse verso l’alto. La vicinanza cocente del sole

ammorbidì la cera odorosa, che saldava le penne,

e infine la sciolse: lui agitò le braccia spoglie,

ma privo d’ali com’era, non fece più presa sull’aria

e, mentre a gran voce invocava il padre, la sua bocca

230 fu inghiottita dalle acque azzurre, che da lui presero il nome.

Ormai non più tale, il padre sconvolto: «Icaro!» gridava,

«Icaro, dove sei?» gridava, «dove sei finito?

Icaro, Icaro!» gridava, quando scorse le penne sui flutti,

e allora maledisse l’arte sua; poi ricompose il corpo

235 in un sepolcro e quella terra prese il nome dal sepolto.


Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, libro VIII, vv. 183-235, trad. di M. Ramous, Garzanti, Milano 1995

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a TU per TU con il testo

Da sempre l’essere umano ha sognato di volare e prima di riuscirvi attraverso l’invenzione dei moderni aeroplani ha speso infinite energie nella creazione di sistemi in grado di imitare il volo degli uccelli: basti pensare a Leonardo da Vinci, autore di studi anatomici e di disegni avveniristici nel famoso Codice del volo, conservato alla Biblioteca Reale di Torino. La storia di Dedalo e Icaro ci conquista perché è la prima della civiltà occidentale che narra questo sogno, realizzato nel tempo sospeso del mito.

Ma non finisce qui. Essa è anche un esempio eloquente del rapporto che può maturare tra un padre e un figlio. Ti è mai capitato di osare sempre di più e sfidare la norma imposta da un genitore, in preda a una smania incontenibile? In effetti, Icaro siamo tutti noi quando disobbediamo agli ordini paterni e alle tradizioni rassicuranti, e lo facciamo convinti che un genitore possa proteggerci comunque. Purtroppo non è sempre così: anche l’azione di un genitore o di un educatore è sottoposta a dei limiti. E vanno compresi fino in fondo prima che sia troppo tardi.

Analisi

La storia inizia allorché l’ateniese Dedalo, simbolo di uno spirito inventivo versatile e capace di cimentarsi in più campi, dall’architettura alla scultura, stanco di essere tenuto nel labirinto cretese dal re Minosse, decide di tentare la fuga verso la città natale Atene attraverso la sola via alternativa al mare e alla terra: il cielo (vv. 183-187). Di qui matura l’interesse per scienze sconosciute che lo portano a reinventare la natura: attraverso la scelta del lessico Ovidio mette in luce il problema originario della sua impresa, che tenta di mutare l’ordine delle cose, violando i limiti che la natura ha imposto all’uomo (E subito / dedica il suo ingegno a un campo ancora inesplorato, / sovvertendo la natura, vv. 187-189). L’idea è originale e ingegnosa: si tratta di ricreare ali simili a quelle degli uccelli attraverso delle penne disposte dalla più grande alla più piccola, legate con lo spago al centro e saldate con la cera in alto (vv. 189-195).

È ritratto con l’ingenuità e l’innocenza che competono a un bambino il figlio di Dedalo, Icaro, che assiste partecipe alla preparazione delle ali a cura del padre: eppure si insinua presto il sospetto che l’impresa sia votata a una fine terribile. Icaro, infatti, trasforma in gioco il lavoro di Dedalo, che disturba sia pur incolpevolmente, non sapendo di scherzare col proprio destino (v. 196). Quando il lavoro è ormai concluso e l’artefice ha verificato di potersi librare nell’aria, Icaro riceve dal padre opportune istruzioni per volare senza incorrere in pericoli, cioè tenersi sempre a mezza via, né troppo basso, vicino all’acqua, né troppo alto, a contatto con il calore del sole (vv. 203-209). Dedalo, in realtà, sin dall’inizio trema al pensiero di esporre il figlio a tale pericolo: quando gli applica le ali, al vecchio genitore si bagnarono / le guance, tremarono le mani. Baciò il figlio / (e furono gli ultimi baci), vv. 210-212. Levatosi in volo, Dedalo si volge indietro a osservare Icaro proprio come fa un uccello che porta per la prima volta i suoi piccoli fuori del nido: insieme, mentre volano nei cieli del Mediterraneo, padre e figlio sembrano dèi (vv. 213-220).

Come l’autore ha già lasciato presagire, la storia è destinata a un tragico epilogo: non appena comincia ad apprezzare la bellezza rischiosa del volo, affascinato dal cielo (v. 224), Icaro si libra sempre più in alto. La cera si scioglie, le ali si staccano, le braccia ormai nude non possono più tenerlo in volo e, mentre chiama a gran voce il padre, cade nelle acque del mare (vv. 225-230). Non più in sé, Dedalo cerca disperatamente il figlio finché non vede le penne nel mare e comprende la gravità della sciagura di cui è stato lui stesso artefice (vv. 231-235). Il mito si conclude con un dettaglio eziologico: a Icaro è ricondotto, infatti, il nome del tratto di mare dove sarebbe caduto, compreso tra le isole di Patmo e Lero, nell’Egeo orientale, detto nell’antichità mare Icario.

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Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Riassumi il contenuto del brano (massimo 8 righe).


2. Riempi gli spazi vuoti con le parole opportune.


Dedalo costruisce le ali utilizzando                                                         e saldandole con                                                         e                                                         .


3. Perché Dedalo raccomanda al figlio di volare a mezza altezza (v. 203)?


4. Quale tra queste azioni non compie Dedalo al momento di levarsi in volo?

  • A Abbraccia Icaro. 
    B Bacia Icaro. 
  • C Piange. 
  • D Trema. 


5. Riempi gli spazi scegliendo tra le alternative proposte.


Dopo aver sorvolato                                                         (molte isole/molte montagne), Icaro,                                                         (attratto dal rischio/deciso a disubbidire al padre), si dirige verso il sole. Il calore del sole scioglie la cera che saldava le penne ed egli,                                                         (senza neanche accorgersene/dopo aver agitato le braccia invano), precipita                                                         (ammutolito dalla paura/chiamando il padre), e                                                         (finisce in mare/si schianta su un’ampia pianura).

ANALIZZARE E INTERPRETARE

6. Perché Dedalo “sovverte la natura” con il suo ingegno (vv. 187-189)?

  • A Perché volare è contro la natura degli uomini, nati per camminare sulla terra o per navigare sulle acque. 
    B Perché non obbedisce alla volontà di Minosse, che lo ha condannato a restare chiuso nel labirinto. 
  • C Perché non rispetta la volontà degli dèi. 
  • D Perché utilizza le arti magiche per perseguire i suoi scopi. 


7. Mentre Dedalo costruisce le ali, il figlio Icaro sembra divertito e distratto. Da quale verbo presente nel testo desumiamo questa informazione?


8. Icaro disobbedisce al padre perché comincia a gustare l’azzardo del volo (v. 223). Potremmo perciò definirlo

  • A Coraggioso. 
    B Temerario. 
  • C Capriccioso. 
  • D Riflessivo.

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COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Congiunzioni. […] ma il cielo è pur sempre aperto (v. 186): con quale congiunzione potrebbe essere sostituita la congiunzione ma?

  • A Sebbene. 
    B Quando. 
  • C Poiché. 
  • D Tuttavia. 


10. Verbi composti. […] e allora maledisse l’arte sua (v. 234). Il verbo maledire è formato dal prefissoide male aggiunto all’infinito dire. Sono circa una trentina in italiano i verbi composti di dire; con l’aiuto del dizionario, prova a riconoscere a quali tra questi verbi si riferiscono le seguenti definizioni.


smentire, contestare qualcuno

 


annullare un appuntamento, un impegno

 


esprimere la propria disapprovazione, obiettare

 


negare qualcosa a qualcuno, proibire

 

PRODURRE

11. Scrivere per raccontare. Ti è mai capitato di disobbedire all’ordine di un genitore e di trovarti così in una situazione rischiosa? Racconta un episodio in cui hai recitato, più o meno consapevolmente, la parte di Icaro (massimo 15 righe).

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

storia dell’arte

Come molti altri miti contenuti nelle Metamorfosi, la vicenda di Icaro ha ispirato, nel corso del tempo, numerosissime rappresentazioni pittoriche e scultoree. Te ne presentiamo una: dopo averne ricercate altre, discuti con i compagni su quale sia per voi la più affascinante e perché.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

L’episodio raccontato da Ovidio invita a riflettere non solo sul rapporto tra padre e figlio, ma anche sui limiti che la natura ha imposto al progresso e all’inventiva umana. Che insegnamenti si possono trarre, secondo te, dalla storia di Dedalo e Icaro? Discutine in classe con l’insegnante e con i compagni.

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa