T3 - Il bene comune (G. Papi)

T3

Giacomo Papi

Il bene comune

  • Articolo

Siamo disposti a regalare qualcosa a uno sconosciuto? Qualcosa che non ci costa niente? Una novità tecnologica come il wifi, che milioni di famiglie italiane hanno attivato nell’ultimo decennio, ci rimette di fronte a domande che non tramontano. Giacomo Papi (n. 1968), scrittore e giornalista, parte dall’osservazione di un caso personale per riflettere sulla crisi della democrazia che attraversa i nostri tempi. Tempi in cui l’idea di un bene comune esiste ancora, anzi si è fatta sempre più concreta, e ha poco a che fare con parole come eguaglianza e felicità, a differenza di quanto accadeva nel Novecento. Troppo spesso l’atlante dei desideri è modellato dal mercato.

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Audiolettura

Ho installato il wifi nel 2008. Ero l’unico ad averlo in tutto il palazzo, in tutto il cortile,
in tutta la zona. A quei tempi si discuteva ancora dell’eventualità che gli esseri
umani scegliessero spontaneamente di condividere le proprie connessioni inaugurando
una sorta di comunismo digitale dal basso che avrebbe fatto da modello a 

5      molte altre condivisioni a venire. Ci ho sperato un po’ anch’io, almeno fino alla sera
maledetta in cui alla riunione di condominio ho conosciuto Carlucci.

Abita sotto di me, lavora in una multinazionale, ha una moglie, una figlia, tanti
progetti e certezze. Compresa una bandiera a Stelle e Strisce1 sul balcone. Anche lui
stava installando il wifi. «Lo lasci aperto o lo chiudi, Carlucci?». «Lo chiudo, metti 

10    che poi di giorno, quando sono al lavoro, mi si attaccano…». «Che cosa ti cambia?».
«Che io pago e un altro va a sbafo». «Allora, dividiamola noi due…». «Scusa, sai,
non ti offendere, ma preferisco avere la mia…».

Sono passati alcuni anni. Il mio computer vede 22 reti, compresa quella di Carlucci.
Sono tutte chiuse da password, tranne una, la mia.

15    Dicono che sui soldi la gente sia molto razionale, ma non è vero. È stato rilevato,
per esempio, che i tassisti di New York vanno a casa solo quando raggiungono
l’incasso prefissato, ma così facendo finiscono stupidamente per lavorare poco nei
giorni migliori e tanto in quelli peggiori. La nostra idiozia economica esplode, però,
quando si tratta di condividere o, peggio, di regalare. Pur di sventare il rischio di 

20    dare qualcosa a un estraneo, miliardi di Carlucci sono disposti a pagare più del dovuto.
L’attitudine2 opposta, purtroppo, è molto più rara. E sta scomparendo.

All’alba di un mattino d’inverno dei primi anni Ottanta, il Macchi, un vecchio
tipografo anarchico che oggi non c’è più, trovò un barbone che dormiva nella sua
macchina. L’intruso si svegliò spaventato, bofonchiò che se ne andava subito, ma il

25    Macchi gli disse che si sentiva più tranquillo se qualcuno gli controllava la macchina
di notte con i ladri che c’erano in giro. La pantomima3 andò avanti per mesi, fino a
quando in primavera il barbone scomparve lasciando sul cruscotto un biglietto di
ringraziamento.

Si dice che democrazia e sinistra siano in crisi perché è tramontata l’idea del bene 

30    comune, cioè il concetto che fonda ogni politica. Ho fatto un’indagine. Ho chiesto
a un po’ di bambini. Una di sei anni ha risposto: «Che cosa vuol dire comune?». Un
ragazzo di nove è stato perfetto e perentorio: «È il bene di tutti e si raggiunge comportandosi
in modo civile». Un diciassettenne via sms: «È un bene ke un gruppo di
persone decide di mettere appunto in comune e di kui kiunque può usufruire». Lo 

35    stesso concetto è stato poi precisato da un dodicenne: «Qualcosa che tutti hanno.
Per esempio il telefonino: io sono l’unico nella mia classe senza, ma per gli altri è
un bene comune».

Alla fine avevo una convinzione: l’idea del bene comune non sembra finita, ha
perso via via ogni astrazione. È diventata concreta. Non è più la felicità o l’uguaglianza, 

40    ma ciò che si può acquistare, possedere e utilizzare. È una cosa, quasi sempre
una merce, è l’auto del Macchi, la connessione di Carlucci, il telefonino del
dodicenne. Persiste, cioè, la percezione confusa di avere diritto a ciò che hanno gli
altri, ma anche a difendere il proprio dall’assalto di chi è senza. Da come si stabilizzeranno
queste percezioni dipende il futuro. Se l’atlante dei desideri non sarà più 

45    disegnato unicamente dal mercato, le idee di bene e bene comune ritorneranno a
definire qualcosa che non potrà mai essere consumato.


Giacomo Papi, Dizionario sentimentale, Laterza, Roma-Bari 2013

 >> pagina 519 

Laboratorio sul testo

1. Che cosa intende l’autore parlando di comunismo digitale dal basso (r. 4)?

  • A Una richiesta di tariffe agevolate. 
    B Una condivisione del wifi tra tutti gli abitanti della zona. 
  • C Un utilizzo del wifi a giorni alternati. 
  • D Una diffusione gratuita del wifi ai piani più bassi degli stabili. 


2. Che cosa propone Papi al suo vicino Carlucci nel corso della riunione di condominio? Per quale motivo, presumibilmente, Carlucci rifiuta la proposta?


3. A quale proposito vengono citati i tassisti di New York?


4. Qual è l’attitudine che secondo Papi sta scomparendo (r. 21)?

  • A La parsimonia. 
    B La fiducia nel prossimo. 
  • C La generosità. 
  • D L’avarizia. 


5. Perché il Macchi citato nell’articolo ha lasciato che un barbone dormisse per mesi nella sua automobile?


6. Un ragazzo di nove anni è stato perfetto e perentorio (rr. 31-32). Quale tra i seguenti è un sinonimo di “perentorio”?

  • A Preciso. 
    B Dettagliato. 
  • C Chiaro. 
  • D Categorico. 


7. La società moderna, secondo Papi, considera “bene comune” tutto ciò che si può acquistare e utilizzare (quindi, sostanzialmente, oggetti materiali), mentre in passato erano ritenuti “beni comuni” dei valori o dei concetti astratti. Quali tra questi ultimi vengono menzionati, come esempio, nella parte finale del testo?


8. A quale condizione, in futuro, l’umanità potrà cessare di considerare “beni comuni” gli oggetti destinati al consumo?

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa