La Patagonia comincia sul Río Negro.7 A mezzogiorno l’autobus attraversò un
ponte di ferro sul fiume e si fermò davanti a un bar. Una donna india scese col figlio.
20 Con la sua roba aveva occupato due posti. Masticava aglio e portava dei tintinnanti
orecchini di oro vero e un cappello bianco rigido, appuntato con spilloni alle trecce.
Una smorfia di disgusto passò sul volto del figlio mentre la donna trafficava per
scendere coi suoi pacchi sulla strada.
Le case del villaggio erano di mattoni, con tubi di stufa neri e sopra un intrico
25 di fili elettrici. Dove finivano le case di mattoni, cominciavano le catapecchie degli
indios,8 fatte con casse da imballaggio, fogli di plastica e tela di sacco.
Un uomo risaliva la strada, con un cappello di feltro9 marrone tirato giù sulla
faccia. Portava un sacco di tela e camminava in mezzo a nuvole di polvere bianca,
diretto verso la campagna. Alcuni bambini, riparati sotto l’arco di una porta, tormentavano
30 un agnello. Da una capanna usciva il rumore di una radio e di grasso
che friggeva. Apparve un braccio rigonfio che gettò un osso a un cane, che lo prese
in bocca e scappò via.
Gli indios erano lavoratori emigrati dal Cile meridionale. Erano indios araucani.
Un centinaio d’anni fa gli araucani erano incredibilmente feroci e coraggiosi. Si dipingevano
35 il corpo di rosso, scorticavano vivi i nemici e succhiavano il sangue dal
cuore dei morti. L’educazione dei figli consisteva in hockey, cavalcate, bevande alcooliche,
arroganza e atletica sessuale. Per tre secoli gli araucani fecero impazzire di
paura gli spagnoli. Nel sedicesimo secolo Alonso de Ercilla10 scrisse un poema epico
in loro onore e lo intitolò La Araucana. Voltaire lo lesse e per opera sua gli araucani
40 divennero candidati a impersonare il Nobile Selvaggio (versione violenta).11 Gli
araucani sono ancora molto forti e ancor più lo sarebbero se smettessero di bere.
Fuori dal villaggio c’erano piantagioni irrigate di mais e di zucche e frutteti di
ciliegi e di albicocchi. Lungo la riva del fiume i salici erano tutti germogliati e mostravano
l’argento che brilla sotto le loro foglie. Gli indios avevano tagliato dei vincastri,12
45 lasciando sui tronchi delle bianche ferite e nell’aria l’odore della linfa. Il
fiume, gonfio per lo scioglimento delle nevi sulle Ande, scorreva veloce, facendo
frusciare le canne. Rondini rossastre davano la caccia agli insetti. Quando volavano
sopra la scogliera, il vento le afferrava e ne invertiva di colpo il volo finché calavano
di nuovo basse sul fiume.
50 La scogliera si elevava a picco sull’approdo di un traghetto. Mi arrampicai su per
un sentiero e dall’alto guardai controcorrente verso il Cile. Vedevo il fiume scorrere
lucente fra scogliere bianche come ossa, con strisce smeraldine di terra coltivata da
ogni lato. Lontano dalle scogliere c’era il deserto. Nessun suono tranne quello del
vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita
55 all’infuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca.
Il deserto della Patagonia non è un deserto di sabbia o di ghiaia, ma una distesa
di bassi rovi dalle foglie grigie, che quando sono schiacciate emanano un odore
amaro. Diversamente dai deserti dell’Arabia non ha prodotto nessun drammatico
eccesso dello spirito, ma ha certamente un posto nella storia dell’esperienza umana.
60 Darwin trovò le sue qualità negative irresistibili. Ricapitolando Il viaggio della Beagle13
tentò, senza riuscirvi, di spiegare perché, più di tutte le meraviglie da lui viste,
questo «arido deserto» aveva tanto colpito la sua mente.
Bruce Chatwin, In Patagonia, trad. di M. Marchesi, Adelphi, Milano 1977