Alla scoperta dei testi

T1

Agatha Christie

Doppio indizio

  • Titolo originale The Double Clue, 1923
  • Lingua originale inglese
  • racconto poliziesco
L’autrice

Agatha Christie nasce nel 1890 a Torquay, nell’Inghilterra meridionale, da padre americano e madre inglese. La sua esistenza ordinaria e regolare è interrotta soltanto dalla partecipazione alla Grande guerra, come crocerossina. Dopo aver pubblicato i primi romanzi, nel 1926 la morte della madre e il divorzio dal primo marito, un colonnello delle forze aeree britanniche, la gettano in una depressione che la induce a scomparire misteriosamente per qualche tempo. Ripresasi, si risposa con un archeologo, insieme al quale intraprende numerosi viaggi che le offrono spunti per romanzi celebri come Assassinio sull’Orient Express (1934), dove compare per la prima volta il detective Hercule Poirot, protagonista di ben 33 romanzi scritti fra il 1920 e il 1975. Grazie a Poirot e ad altri investigatori – come la coppia formata da Tommy e Tuppence e l’anziana Miss Jane Marple – la Christie si impone come regina del romanzo giallo a livello planetario. I suoi libri, tradotti in decine di lingue, hanno venduto complessivamente oltre due miliardi di copie e sono stati più volte trasposti al cinema. Muore a Wallingford, nel 1976.

Poirot è chiamato d’urgenza da un collezionista, disperato per il furto dei suoi gioielli sottratti durante un ricevimento. I sospettati fra gli ospiti sono soltanto quattro, ma l’indagine – da condursi nella massima riservatezza – si presenta insidiosa e disseminata di trabocchetti, in cui chiunque cascherebbe facilmente. Chiunque ma non Poirot, che risolve il caso grazie alla sua brillante intelligenza.

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Audiolettura

«Ma soprattutto… niente pubblicità», disse il signor Marcus Hardman, forse per la
quattordicesima volta.

La parola “pubblicità” ricorreva nella conversazione con la regolarità di un leitmotiv.1
Il signor Hardman era un omarino,2 di una pinguedine delicata, con mani 

5      squisitamente curate e una lamentosa voce tenorile.3 A suo modo, era più o meno
una celebrità e la mondanità era la professione della sua vita. Era ricco, ma non in
modo notevole, e spendeva il denaro alla zelante ricerca della partecipazione ai piaceri
dell’alta società. Il suo hobby era il collezionismo. Aveva l’animo del collezionista.
Pizzi antichi, ventagli antichi, gioielli antichi – niente di volgare e di moderno 

10    per Marcus Hardman.

Poirot ed io,4 obbedendo a una pressante convocazione, eravamo arrivati per
trovare l’ometto in preda all’angoscia dell’indecisione. Date le circostanze, per lui
chiamare la polizia era ripugnante. D’altro canto, non chiamarla significava accettare
la perdita di alcune “perle” della sua collezione. Aveva trovato Poirot come 

15    compromesso.

«I miei rubini, monsieur5 Poirot, e la collana di smeraldi che sembra sia appartenuta
a Caterina de’ Medici.6 Oh, la collana di smeraldi!».

«Vuole raccontarmi le circostanze in cui sono scomparsi?», propose gentilmente
Poirot.

20    «Sto cercando di farlo. Ieri pomeriggio ho dato un piccolo tè…7 qui, una cosa
senza pretese, una mezza dozzina di persone o giù di lì. Ne ho dati altri due o tre
nel corso della stagione e, anche se forse non dovrei essere io a dirlo, sono stati un
vero successo. Un po’ di buona musica. Nacora, il pianista e Katherine Bird, il contralto8
australiano… nello studio. Be’, all’inizio del pomeriggio stavo mostrando ai 

25     miei ospiti la mia collezione di gioielli medievali. Li tengo in una piccola cassaforte
laggiù. All’interno è fatta come uno stipo,9 con uno sfondo di velluto colorato per
mettere in evidenza i gioielli.

«Quindi abbiamo esaminato i ventagli, in quella vetrinetta sulla parete. Poi siamo
passati tutti nello studio per sentire la musica. Solo dopo che se ne sono andati 

30    tutti ho scoperto che la cassaforte era stata svuotata. Devo averla chiusa male e qualcuno
ha colto l’occasione per farne sparire il contenuto. I rubini, monsieur Poirot,
la collana di smeraldi… una collezione per cui ho speso una vita! Che cosa non
darei per riaverli! Ma non ci deve essere pubblicità! Mi capisce pienamente, vero,
monsieur Poirot? I miei stessi invitati, i miei amici personali… Sarebbe uno scandalo 

35    terribile!».

«Chi è stata l’ultima persona a lasciare questa stanza quando siete passati nello
studio per il concerto?».

«Il signor Johnston. Forse lo conosce? Il miliardario sudafricano. Ha acquistato
da poco la casa degli Abbotbury in Park Lane. Si è trattenuto qualche momento, 

40    ricordo. Ma certamente non può trattarsi di lui!».

«Qualcuno degli ospiti è tornato in questa stanza durante il pomeriggio, con
qualche pretesto?».

«Ero preparato alla domanda, monsieur Poirot. Tre di loro. La contessa Vera Rossakoff,
il signor Bernard Parker e Lady Runcorn».

45    «Mi parli di loro».

«La contessa Rossakoff è una deliziosa signora russa, appartenente al vecchio ré­gime.10
È venuta in questo paese da poco. Mi aveva già salutato, quindi sono rimasto
un po’ stupito nel ritrovarla in questa stanza nell’apparenza in estasi davanti alla
vetrinetta dei ventagli. Sa, monsieur Poirot, più ci penso più mi sembra sospetto. 

50    Non è d’accordo?».

«Oltremodo sospetto. Ma sentiamo degli altri».

«Bene, Parker è venuto qui soltanto per prendere una scatola di miniature che ero
ansioso di mostrare a Lady Runcorn».

«E Lady Runcorn stessa?».

55    «Come penso saprà, Lady Runcorn è una donna di mezza età, di notevole forza
di carattere, che dedica quasi tutto il proprio tempo a vari enti di beneficenza. Si è
limitata a tornare qui per cercare la borsetta che aveva lasciata da qualche parte».

«Bien, monsieur. Quindi abbiamo quattro possibili sospetti. La contessa russa; la
grande dame11 inglese, il miliardario sudafricano e il signor Bernard Parker. Chi è, tra 

60    l’altro, il signor Parker?».

La domanda parve imbarazzare non poco il signor Hardman.

«È… ehm… un giovanotto. Be’, in effetti è un giovanotto che conosco».

«Questo l’avevo già intuito», rispose con gravità Poirot. «Ma che cosa fa, questo
signor Parker?».

65    «È un giovane di mondo… non proprio del giro altolocato, se così posso
esprimermi».

«Come è diventato amico suo, se posso chiederlo?».

«Be’, in alcune… occasioni ha fatto delle piccole commissioni per me».

«Continui, monsieur», disse Poirot.

70    Hardman lo guardò con aria infelice. Manifestamente l’ultima cosa che voleva
fare era continuare. Ma poiché Poirot manteneva un silenzio inesorabile, capitolò.

«Vede, monsieur Poirot, è risaputo che io sono interessato ai gioielli antichi. A volte
c’è un’eredità di famiglia che qualcuno vorrebbe vendere ma che, badi bene, non
sarebbe mai messa sul mercato e nemmeno offerta a un mediatore. Ma una vendita 

75    privata a me è una cosa del tutto diversa. È Parker che predispone i particolari di
cose del genere, lui è in contatto con entrambe le parti e così si evita qualsiasi imbarazzo.
Lui mi dà comunicazione di qualsiasi notizia di questo tipo. Per esempio, la
contessa Rossakoff ha portato con sé dalla Russia alcuni gioielli di famiglia. È ansiosa
di venderli. Bernard Parker avrebbe dovuto concludere la transazione».

80    «Capisco», commentò Poirot pensosamente. «E lei si fida completamente di lui?».

«Non ho ragione per far diversamente».

«Signor Hardman, di queste quattro persone quale sospetta?».

«Oh, monsieur Poirot, che domanda! Sono amici, come le ho detto. Non ne sospetto
nessuna… o sospetto di tutte, come preferisce lei».

85    «Non sono d’accordo. Sospetta di una delle quattro. Non è la contessa Rossakoff.
Non è il signor Parker. Lady Runcorn, oppure il signor Johnston?».

«Mi mette alle strette, monsieur Poirot, davvero. Sono ansiosissimo di non avere
scandali. Lady Runcorn appartiene a una delle più vecchie famiglie d’Inghilterra.
Ma è vero, purtroppo è vero che sua zia, Lady Caroline, soffriva di una tristissima 

90    malattia. Naturalmente tutti gli amici ne erano al corrente e la cameriera restituiva i
cucchiaini, o quello che era, al più presto possibile. Capisce la delicatezza della mia
situazione?».

«Dunque Lady Runcorn aveva una zia cleptomane?12 Molto interessante. Mi permette
di esaminare la cassaforte?».

95    Con il consenso del signor Hardman, Poirot aprì lo sportello della cassaforte e ne
esaminò l’interno. I ripiani foderati di velluto ci fissavano del tutto vuoti.

«Nemmeno ora lo sportello è chiuso bene», mormorò Poirot, smuovendolo
avanti e indietro. «Mi chiedo come mai! Ah, che cosa abbiamo qui? Un guanto,
impigliato nel cardine. Un guanto da uomo».

100 Lo porse al signor Hardman.

«Non è mio», dichiarò quest’ultimo.

«Ah! Qualcos’altro!». Poirot si chinò con agilità e prese dal fondo della cassaforte
un minuscolo oggetto. Un portasigarette piatto, rivestito di raso nero.

«Il mio portasigarette!», esclamò il signor Hardman.

105 «Suo? No di certo, monsieur. Queste non sono le sue iniziali».

Indicò un monogramma13 in platino con due lettere che si intersecavano.

Hardman prese il portasigarette in mano.

«Ha ragione», dichiarò. «È molto simile al mio, ma le iniziali sono diverse. Una
“B” e una “P”. Santo cielo, Parker!».

110 «Sembrerebbe!», disse Poirot. «Un giovanotto un po’ distratto… soprattutto se
anche il guanto è il suo. Sarebbe un doppio indizio, no?».

«Bernard Parker!», mormorò Hardman. «Che sollievo! Bene, monsieur Poirot, lascio
a lei il compito di riavere i gioielli. Metta pure la cosa nelle mani della polizia,
se le pare il caso… se, cioè, è sicuro che il colpevole sia lui».

115 «Vede, amico mio» disse Poirot, mentre uscivamo insieme dalla casa di Hardman,
«ha una legge per i nobili e un’altra per i comuni mortali, questo signor Hardman.
Io non sono ancora stato insignito di titoli nobiliari, cosicché sto dalla parte dei
comuni mortali. Provo simpatia per quel giovanotto. Tutta la storia è un po’ strana,
vero? Hardman sospettava di Lady Runcorn. Io sospettavo della contessa e di Johnston. 

120 E invece per tutto questo tempo il nostro uomo era l’oscuro signor Parker».

«Perché sospettava degli altri due?».

«Parbleu!14 È tanto semplice essere una rifugiata russa o un miliardario sudafricano.
Chiunque può farsi passare per una contessa russa. Chiunque può comperarsi
una casa in Park Lane15 e farsi passare per un miliardario sudafricano. Chi li contraddirà? 

125 Ma vedo che stiamo passando per Bury Street. Il nostro amico giovane e
distratto abita qui. Vogliamo, come dice lei, battere il ferro finché è caldo?».16

Il signor Bernard Parker era in casa. Lo trovammo sdraiato su un paio di cuscini,
avvolto in una stupefacente vestaglia arancione e viola. Raramente ho provato
un’antipatia più forte verso qualcuno come quella che provai istantaneamente per 

130 quel giovanotto in particolare, con quel suo viso pallido ed effeminato e un modo
di parlare sussiegoso nella balbuzie.

«Buon giorno, monsieur», disse Poirot con tono vivace. «Vengo ora dal signor
Hardman. Ieri, alla festa, qualcuno gli ha rubato i gioielli. Posso chiederle, monsieur,
se è suo questo guanto?».

135 I meccanismi mentali del signor Parker non sembravano scattare molto rapidamente.
Fissò il guanto quasi stesse cercando di raccogliere le idee.

«Dove l’ha trovato?», chiese alla fine.

«È suo, monsieur?».

II signor Parker parve aver deciso.

140 «No, non è mio», rispose.

«E questo portasigarette è suo?».

«No di certo. Io ne ho sempre uno d’argento».

«Benissimo, monsieur. Vado a mettere le cose nelle mani della polizia».

«Oh, un momento, non lo farei se fossi in lei», esclamò il signor Parker piuttosto 

145 preoccupato. «Gente bestialmente incomprensiva, la polizia. Aspetti un momento!
Andrò dal vecchio Hardman. Ehi, senta, oh, si fermi un momento…». Ma Poirot
batté in una decisa ritirata.

«Gli abbiamo dato qualcosa da pensare, vero?», chiese, ridacchiando. «Domani
vedremo che cosa è successo».

150 Ma era destino che qualcosa ci riportasse al caso Hardman nello stesso pomeriggio.
Senza il minimo preavviso la porta si spalancò e un turbine in forma umana
invase la nostra privacy, trascinandosi appresso un ondeggiare di visoni17 (faceva
freddo come può farlo in un giorno di giugno solo in Inghilterra) e un cappello sul
quale svettavano piume di struzzi massacrati. La contessa Rossakoff era una personalità 

155 piuttosto conturbante.18

«Lei è monsieur Poirot? Che cosa ha fatto? Accusare quel povero ragazzo! È infame.
È scandaloso. Lo conosco. È un pollastrino, un agnellino… non ruberebbe mai
e poi mai. Mi ha aiutata molto. E io devo starmene in disparte a vederlo martirizzare
e squartare?».

160 «Mi dica, madame, questo portasigarette è del ragazzo?». Poirot tese il portasigarette
di raso nero.

La contessa tacque per un attimo mentre lo osservava.

«Sì, è suo. Lo conosco bene. E con questo? L’avete trovato nella stanza? Ma eravamo
tutti lì. L’ha lasciato cadere, suppongo. Ah, voi poliziotti siete peggio delle 

165 Guardie Rosse…».19

«E questo guanto?».

«Come faccio a saperlo? Un guanto è uguale a un altro. Non tenti di fermarmi…
deve essere liberato. La sua figura deve essere riabilitata. Lo farà. Venderò i miei
gioiel­li e le darò molto denaro».

170 «Madame…».

«È inteso, allora? No, non discuta. Il povero ragazzo! È venuto da me con le lacrime
agli occhi. “Ti salverò”, gli ho detto. “Andrò da quell’uomo, da quel mostro!
Lascia fare a Vera”. E adesso che la cosa è a posto me ne vado».

Con altrettante poche cerimonie quante ne aveva fatte all’arrivo volò fuori dalla 

175 stanza, lasciandosi appresso una scia di profumo molto forte dalla fragranza esotica.

«Che donna!», esclamai. «E che pelliccia!».

«Ah, sì, ed era abbastanza preziosa come pelliccia… Una contessa fasulla potrebbe
avere una pelliccia vera? Sto scherzando, Hastings. No, è veramente russa, penso.
Bene, bene, dunque, il nostro piccolo Bernard è andato da lei a piangere».

180 «Il portasigarette è suo. Mi chiedo se anche il guanto…».

Con un sorriso Poirot estrasse di tasca un secondo guanto e lo mise accanto al
primo. Non c’era dubbio sul fatto che erano un paio di guanti eguali.

«Dove ha trovato il secondo, Poirot?».

«Era scaraventato con un bastone da passeggio su una mensola nel vestibolo di 

185 Bury Street. Veramente un giovanotto molto distratto il signor Parker. Bene, bene,
mon ami,20 dobbiamo andare fino in fondo. Solo per pura formalità farò una visitina
in Park Lane».

Inutile dire che accompagnai il mio amico. Johnston era fuori, ma parlammo
con la sua segretaria privata. Risultò che Johnston era arrivato dal Sud Africa solo di 

190 recente. Non era mai stato in Inghilterra prima.

«È interessato alle pietre preziose?», chiese Poirot.

«Le miniere d’oro, più specificatamente», rispose ridendo la segretaria.

Poirot uscì da quella casa piuttosto pensieroso. Nella tarda serata, con mia totale
sorpresa, lo trovai assorto nello studio di una grammatica russa.

195 «Santo Cielo, Poirot!», esclamai. «Sta imparando il russo per conversare nella sua
lingua con la contessa russa?».

«Certo lei non ascolterebbe il mio inglese, amico mio!».

«Ma i nobili russi, Poirot, parlano tutti il francese».

«Lei è una miniera di informazioni, Hastings. Smetterò di rompermi la testa sulle 

200 difficoltà dell’alfabeto russo».

Scaraventò il libro con gesto melodrammatico. Non ero del tutto soddisfatto.
C’era nei suoi occhi una luce che conoscevo da tanto tempo. Era invariabilmente il
segno che Poirot era contento di sé.

«Forse», dissi con l’aria di saperne più di quanto in realtà sapessi, «dubita che sia 

205 veramente russa? La vuole mettere alla prova?».

«Oh, no, è proprio russa».

«Be’, allora…».

«Se vuole veramente farsi onore in questo caso, Hastings, le consiglio di leggersi
“Primi Passi in Russo” per avere un aiuto preziosissimo».

210 Poi rise e non volle aggiungere altro. Presi il libro da terra e cominciai a guardarlo
curioso, ma non riuscii lo stesso a capire il motivo delle parole di Poirot. Il mattino
seguente non ci portò alcuna notizia, ma questo non parve preoccupare il mio piccolo
amico. Durante la prima colazione annunciò che intendeva andare a trovare il
signor Hardman nel corso della giornata, sul presto. Trovammo il farfallone mondano21 

215 a casa, apparentemente più calmo del giorno prima.

«Bene, monsieur Poirot, notizie?», chiese impaziente.

Poirot gli porse un foglietto.

«Questa è la persona che ha preso i gioielli, monsieur. Devo affidare la cosa alla
polizia, oppure preferisce riaverli senza far intervenire la polizia nella faccenda?».

220 II signor Hardman fissava il foglietto. Alla fine ritrovò la voce.

«Sbalorditivo. Preferirei di gran lunga che non ci fossero scandali. Le do carte
blanche
,22 monsieur Poirot. Sono sicuro che sarà discreto».

Il nostro passo successivo fu fermare un tassì e Poirot ordinò all’autista di portarci
al Carlton. Lì chiese della contessa Rossakoff. Pochi minuti dopo fummo introdotti 

225 nell’appartamento della nobildonna. Ci venne incontro con le mani tese,
avvolta in un meraviglioso negligé23 a disegni orientali.

«Monsieur Poirot!», esclamò. «Ci è riuscito? Ha riabilitato quel povero fanciullo
dai sospetti?».

«Madame la comtesse,24 il suo amico, il signor Parker non corre alcun rischio di 

230 essere arrestato».

«Ah, ma lei è proprio un ometto in gamba! Stupendo! E così alla svelta, per di
più!».

«D’altro canto ho promesso al signor Hardman che i gioielli gli saranno restituiti
oggi».

235 «E allora?».

«Quindi, madame, le sarò obbligatissimo se vorrà metterli immediatamente nelle
mie mani. Mi spiace farle fretta ma ho un tassì da basso che mi aspetta… nel caso
fossi costretto ad andare a Scotland Yard.25 E noi belgi, madame, abbiamo il vizio
dell’economia».

240 La contessa si era accesa una sigaretta. Per qualche istante rimase assolutamente
immobile, mandando anelli di fumo nell’aria e guardando con fermezza Poirot.
Poi scoppiò a ridere e si alzò. Si avvicinò allo scrittoio, aprì un cassetto e ne tolse
una borsettina di seta nera. La gettò con leggerezza a Poirot. Il tono della sua voce,
quando parlò, era perfettamente calmo e gaio.

245 «Invece noi russi abbiamo il vizio della prodigalità», rispose. «E per pagarcelo, ci
serve denaro. Non è necessario che controlli. Ci sono tutti».

«Mi congratulo, madame, per la sua intelligenza pronta e per la sollecitudine».

«Ah! Ma dato che il tassì l’aspetta, che altro potevo fare?».

«Lei è troppo amabile, madame. Si tratterrà a lungo a Londra?».

250 «Temo di no… grazie a lei».

«Accetti le mie scuse».

«Ci ritroveremo altrove, forse».

«Lo spero».

«E io no!», esclamò la contessa con una risata. «Ed è un grande complimento che 

255 le faccio ora: vi sono pochissimi uomini dei quali ho paura. Addio, monsieur Poirot».

«Addio, madame la comtesse. Ah, perdoni, dimenticavo! Mi consenta di restituirle
il portasigarette».

E con un inchino le porse il portasigarette di raso nero che avevamo trovato nella
cassaforte. Lei lo accettò senza che una linea del suo viso si alterasse… si limitò a 

260 sollevare un sopracciglio e a mormorare: «Capisco!».

«Che donna!», esclamò Poirot entusiasta mentre scendevamo le scale. «Mon dieu,
quelle femme
!26 Non una parola di discussione… di protesta… di bluff. Una rapida
occhiata e ha capito la situazione al volo. Le dico, Hastings, che una donna in grado
di accettare la sconfitta così, con un sorriso scanzonato, andrà lontano! È pericolosa, 

265 ha nervi d’acciaio. È…». Inciampò pesantemente.

«Se riesce a moderare gli entusiasmi e a guardare dove mette i piedi», proposi io,
«andrebbe meglio. Quando ha cominciato a sospettare della contessa?».

«Mon ami, sono stati il guanto e il portasigarette, il doppio indizio, diciamo…
a preoccuparmi. Bernard Parker avrebbe benissimo potuto lasciar cadere l’uno o 

270 l’altro, ma certo non entrambi. Ah, no! sarebbe stato troppo distratto! Allo stesso
modo, se qualcun altro ce li aveva messi per incriminare Parker, uno sarebbe stato
sufficiente – il portasigarette o il guanto – e non entrambi».

«Quindi sono stato costretto a concludere che uno dei due oggetti non apparteneva
a Parker. Prima ho immaginato che il portasigarette fosse suo e il guanto 

275 no. Ma quando ho scoperto l’altro guanto ho capito che era il contrario. Di chi era
dunque il portasigarette? Chiaramente non poteva appartenere a Lady Runcorn. Le
iniziali non erano quelle. A Johnston? Solo se viveva sotto falso nome. Ho parlato
con la segretaria ed è subito apparso chiaro che tutto in lui era al di sopra di ogni
sospetto. Non c’erano reticenze sul passato del signor Johnston. La contessa, allora? 

280 Si supponeva che avesse portato con sé gioielli dalla Russia: bastava che togliesse le
pietre dalla loro incastonatura e sarebbe stato molto difficile poterle riconoscere.
Che cosa c’era di più facile per lei che prendere uno dei guanti di Parker quel giorno
dal vestibolo e cacciarlo nella cassaforte? Ma, bien sûr,27 non intendeva lasciarvi cadere
il portasigarette che le apparteneva!».

285 «Ma se il portasigarette era suo, come mai aveva incise le iniziali “B.P.”? Le iniziali
della contessa sono “V.R.”, no?».

Poirot mi sorrise con dolcezza.

«Esatto, mon ami. Ma nell’alfabeto russo28 la B è una V e la P è una R».

«Be’, non poteva illudersi che lo indovinassi. Non conosco il russo».

290 «Neppure io, Hastings. Per questo ho comperato quel libro e ho insistito perché
lo esaminasse anche lei!».

Sospirò.

«Una donna notevole. Ho la sensazione – una sensazione ben precisa – amico mio, che la ritroverò. Ma mi chiedo, dove?».


Agatha Christie, I primi casi di Poirot, trad. di L. Lax, Mondadori, Milano 1979

 >> pagina 246 

a TU per TU con il testo

È difficile sottrarsi al fascino di un racconto come questo. Un fascino che va al di là dell’indagine condotta da Poi­rot, e coinvolge gli ambienti in cui si sviluppa. Del resto i detective sono innanzitutto degli esploratori della società. Il lavoro li porta a contatto con le situazioni e i personaggi più diversi. Insieme a loro scopriamo luoghi e mentalità che altrimenti non potremmo mai conoscere. In questo caso Agatha Christie ci apre le porte dell’alta società londinese dei ruggenti anni Venti. Il seducente effetto di esotico, già percepibile al tempo in cui Doppio indizio uscì, è moltiplicato per noi dalla distanza temporale che ci separa dalla storia. In compagnia dell’elegante Poirot entriamo nella casa di un ricchissimo collezionista, veniamo a sapere dei suoi ricevimenti e dei suoi intrallazzi. Poi bussiamo alla porta di un miliardario sudafricano, infine penetriamo nelle stanze di un esclusivo albergo internazionale per restituire a una contessa russa il suo portasigarette. Con molta discrezione: polizia e giornali non devono sapere nulla. Noi lettori, invece, vogliamo sapere tutto.

Analisi

Doppio indizio si configura come un tipico giallo “della stanza chiusa”: un giallo, cioè, che ruota intorno a un reato compiuto in un luogo circoscritto, al quale ha avuto accesso un numero limitato di personaggi. Sono infatti soltanto quattro i sospettati d’aver sottratto i gioielli al signor Hardman: la contessa russa; la grande dame inglese, il miliardario sudafricano e il signor Bernard Parker (rr. 58-59), gli unici a essere entrati per conto proprio nella stanza della cassaforte.

Il racconto è scandito dai dialoghi, o meglio dagli interrogatori condotti da Poirot, intervallati da tre momenti di confronto con il capitano Arthur Hastings, amico fidato dell’investigatore e narratore della storia. La prima occasione di confronto tra Poirot e Hastings avviene a margine del colloquio iniziale con Hardman; la seconda riguarda la grammatica russa consultata dall’investigatore; la terza chiude la storia, offrendo i necessari chiarimenti ai lettori: colpevole del furto è la contessa Vera Rossakoff. A inchiodarla è il portasigarette ritrovato nella cassaforte, che reca le sue iniziali, B.P.: come spiega Poirot, infatti, nell’alfabeto russo la B è una V e la P è una R (r. 288).

 >> pagina 247 

Hercule Poirot, un tempo ispettore di polizia nel natio Belgio (come tradiscono le numerose espressioni in francese), è un investigatore privato già in là con gli anni, piccoletto, grassoccio, dalla testa a uovo. Tiene molto al suo aspetto e in particolare ai baffi, che arriccia e cura con impegno. Questo identikit lascia comprendere come l’azione non sia il suo forte: Poirot detesta l’uso delle armi. Nelle indagini sfrutta i tratti salienti della sua personalità: la calma e la perspicacia, che alimentano le sue straordinarie capacità deduttive.

Spesso, però, la logica non basta, come dimostra il caso dei gioielli di Hardman. I due indizi rinvenuti nei pressi della cassaforte, ovvero il guanto e il portasigarette siglato B.P., conducono dritti alla persona sbagliata, ovvero al signor Bernard Parker. I sospetti nei suoi confronti sono accresciuti dal contegno ambiguo del proprietario della casa, in difficoltà nel chiarire i suoi rapporti con lui, e dall’antipatia del narratore, che lo dipinge come un giovanotto debosciato, balbuziente, avvolto in una stupefacente vestaglia arancione e viola (r. 128). Per fortuna l’intuito e l’esperienza conducono Poirot a ulteriori riflessioni: il responsabile del furto non è lui. Il giorno seguente è così in grado di comunicare al signor Hardman il nome esatto del colpevole, scritto su un biglietto, in modo da non spegnere la curiosità dei lettori.

La figura travolgente della contessa Rossakoff si imprime all’attenzione sin dalla prima entrata in scena, quando fa irruzione a casa Poirot coperta da una pelliccia di visone, in testa un cappello sul quale svettavano piume di struzzi massacrati (rr. 153-154). Nella concitazione del discorso piazza abilmente una bugia strategica, attribuendo al signor Parker – che finge di difendere – la proprietà del portasigarette. Poirot è ammirato dalla personalità straripante della donna, pericolosa e dai nervi d’acciaio (rr. 264-265). Per evitare scandali le permette di fuggire, ma sa già che finirà per ritrovarla. Cosa che puntualmente accadrà in varie altre avventure.

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Perché il signor Hardman non ha chiamato la polizia ma Hercule Poirot?


2. A un certo punto della narrazione, tutti i partecipanti al tè risultano indiziati. Per quale motivo?


3. Indica se le affermazioni seguenti sono vere o false.


a) Il signor Hardman è un uomo alto e imponente.

  •   V       F   

b) Hardman vorrebbe denunciare immediatamente il furto alla polizia.

  •   V       F   

c) Il furto è avvenuto durante una festa da ballo, alla quale stavano partecipando moltissimi invitati.

  •   V       F   

d) Dopo aver ascoltato il racconto di Hardman, Poirot ritiene che tra gli invitati ci siano quattro possibili sospetti.

  •   V       F   

e) Il giovane Parker aiuta Hardman nell’acquisto di gioielli.

  •   V       F   

f) Poirot trova nella cassaforte vuota un portasigarette e un guanto appartenente al signor Johnston.

  •   V       F   

g) La contessa Rossakoff tenta di corrompere Poirot per indurlo a scagionare da ogni colpa Parker.

  •   V       F   

h) Il signor Johnston è un miliardario americano.

  •   V       F   

i) Poirot telefona ad Hardman e gli comunica di aver scoperto il colpevole del furto.

  •   V       F   

j) L’oggetto che mette definitivamente Poirot sulla strada giusta per scoprire il colpevole è il guanto.

  •   V       F   

k) La colpevole del furto è la contessa Rossakoff, costretta a rubare per mantenere il suo costosissimo tenore di vita.

  •   V       F   

 >> pagina 248 

ANALIZZARE E INTERPRETARE

4. Completa la tabella relativa alla caratterizzazione dei personaggi.


  Aspetto fisico Professione/attività Carattere
Hardman      
Johnston      
Bernard Parker      
Lady Runcorn      
Vera Rossakoff      

5. In quale ambiente sociale si svolge la vicenda? Quali aspetti di questa società emergono? Motiva la tua risposta facendo precisi riferimenti al testo.

COMPETENZE LINGUISTICHE

6. Lessico. I sinonimi. Cerca nel dizionario le seguenti parole contenute nel testo e scrivi accanto a ciascuna di esse un sinonimo adatto al contesto in cui la parola è stata usata:


a) pinguedine (r. 4)

 


b) zelante (r. 7) 

 


c) pressante (r. 11) 

 


d) estasi (r. 48) 

 


e) altolocato (r. 65) 

 


f) sussiegoso (r. 131) 

 


g) melodrammatico (r. 201)

 


h) prodigalità (r. 245) 

 


i) scanzonato (r. 264) 

 


j) reticenze (r. 279)

 


7. Lessico. La polisemia. Quando Poirot dice: «Chiunque può comperarsi una casa in Park Lane e farsi passare per un miliardario sudafricano. Chi li contraddirà? Ma vedo che stiamo passando per Bury Street» usa, in due accezioni differenti, il verbo “passare”. Questo è possibile perché il verbo “passare” è una parola polisemica, cioè può avere diversi significati.

Indica i diversi significati dei verbi polisemici sottostanti e poi scrivi una frase per ciascuno di essi.


a) Salire: 

 


b) Prendere: 

 


c) Dividere: 

 


d) Beccare: 

 


e) Impegnare: 

 


f) Rinviare: 

 


g) Spiegare: 

 


h) Finire:

 


Ora rifletti: a che cosa è dovuta la differenza tra i diversi significati dello stesso verbo?


8. Discorso diretto e indiretto. Riscrivi l’interrogatorio a Bernard Parker utilizzando il discorso indiretto. Fai attenzione all’uso dei tempi e dei modi verbali.

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PRODURRE

9. Scrivere per descrivere. Inventa un altro personaggio (maschio o femmina) che avrebbe potuto essere presente al tè in casa Hardman e descrivilo, utilizzando i seguenti termini (massimo 10 righe):


• smeraldo • curvo • stivali • fumare • riga.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

LINGUE STRANIERE

La chiave dell’enigma risolto da Poirot sta nella differenza tra l’alfabeto latino e i caratteri cirillici: quando e dove nasce questo alfabeto? Quali lingue lo adottano? Fai una breve ricerca in proposito e prepara un’esposizione orale di circa cinque minuti.

L’emozione della lettura - edizione gialla - volume A
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Narrativa