Storia dei verbi che si stancarono di essere omologabili e decisero di travestirsi
I protagonisti di questa storia: sono i verbi deponenti, passivi nella forma, ma attivi nel significato. Li incontrerai ancora.
Gli abitanti della ridente cittadina di Grammatica vivevano felici e appagati, perché le loro giornate erano regolate da antichissime tradizioni, che rassicuravano così tanto da eliminare ogni preoccupazione. La città era suddivisa in quartieri, tutti puliti e ordinati, con casette bianche e gialle con il tetto di ardesia grigia, ognuna con il suo praticello ben tenuto e le aiuole fiorite. C’era il quartiere dei Verbi, quello vicino degli Avverbi, il quartiere dei Nomi, con il contiguo quartiere degli Aggettivi, e così via. Le strade erano state tracciate dal mitico architetto Grammatico, che diede il nome alla città e che, alle origini di questa comunità felice, aveva progettato tutto il processo edilizio in funzione di quella che era da sempre la principale occupazione degli abitanti: incontrarsi.
Infatti, il lavoro di tutti era interagire per elaborare forme di comunicazione sempre più complesse. E i cittadini lo svolgevano per bene, con serietà, impegno e con grande entusiasmo.
Ma, si sa, i tempi cambiano (non solo quelli verbali) e le nuove generazioni, anche in una società così perfetta, mal sopportavano il rigore delle tradizioni e volevano respirare aria di libertà. E così, un gruppo di giovani del quartiere dei Verbi, che frequentavano la stessa scuola, insofferenti alle convenzioni, si diedero appuntamento una notte nel parco cittadino, per trovare il modo di ribellarsi.
«La scuola ci sta massificando,» esordì Loquor, il più abile e forbito nel parlare «e noi non vogliamo più imparare a essere bravi predicati, transitivi o intransitivi, attivi o passivi, ognuno con il proprio ruolo!»
«Ci vogliono costringere a vestirci tutti allo stesso modo, a dire sempre apertamente le stesse cose, a fare quello che tutti si aspettano» fece eco Conor, sempre pronto a intraprendere qualche battaglia.
«È troppo quello che ci chiedono! Troppi complementi da gestire! Che poi proprio non ti ascoltano… Il mio amico Esco è disperato: continua a ripetere che è intransitivo, ma gli Oggetto lo ignorano e pretendono di collegarsi!» incalzò Queror, che però aveva l’abitudine di lagnarsi continuamente per ogni cosa e nessuno gli diede retta.
«Non dobbiamo agire senza pensare bene alle conseguenze» disse Tueor, cauto e protettivo come sempre.
«Andiamo via da qui, in un’altra città. Dicono che Letteratura sia bellissima!» esortò Proficiscor, sognando di partire all’avventura.
L’atmosfera si era surriscaldata e tutti volevano dire la propria, soltanto Sequor, poco appariscente ma affidabile, si limitava a seguire l’animata discussione, restando alle spalle di Patior, che lamentava un forte mal di testa, mentre i gemelli Egredior e Ingredior non riuscendo a stare fermi, continuavano a fare fuori e dentro dal cancello del parco, per controllare – così dicevano – se arrivasse qualcuno.
«Forse dovremmo rinunciare… » accennò timidamente Vereor.
«O piuttosto… prendere tempo… » soggiunse un po’ esitante Moror, non avvezzo alle decisioni.
«Basta parlare! Prendiamoci la città!» tuonò Potior, alzando i pugni al cielo, in piedi sul bordo della vasca dei pesci rossi.
«Io dico,» intervenne il pragmatico Utor «che dobbiamo usare ogni mezzo di cui disponiamo».
Tante idee frullavano nelle giovani teste, idee diverse, spesso opposte, ma tutte con lo stesso scopo: non voler omologarsi.
E fu Experior che fece la Proposta. «Siamo tutti verbi attivi, nella forma e nel significato, con il nostro doppio passivo, che ci portiamo come un peso».
Gli altri assentirono con convinzione. Experior continuò: «Annulliamo questa inflessibile differenza: assumiamo sempre la forma passiva, ma manteniamo il significato attio» e fece una pausa ad effetto, nel silenzio teso e pieno di aspettative dei suoi amici. Poi, sorridendo: «Non è spiazzante? Immaginatevi le facce dei Servili!».
Seguì un attimo solo di silenzio, in cui si sentì in lontananza il cri-cri dei grilli, poi un grido esplose nella notte, come un boato: «Facciamolo!». Da allora andarono in giro tra Verbi e Complementi, travestendosi da Passivi ma svolgendo il compito degli Attivi, sprezzanti dei commenti e delle critiche, fieri di non essere conformi.