Le opere
Dopo l’esordio di Come un’allegoria (1936), il lavoro poetico di Caproni prosegue con Ballo a Fontanigorda (1938) e Finzioni (1941). Con quest’ultima raccolta ha inizio la fase della maturità, segnata da un superamento dei residui ermetici e dall’adozione di forme più rigorose, soprattutto dal punto di vista metrico. In Cronistoria (1943) emergono con forza le componenti diaristiche, legate alla perdita della donna amata e al dramma della guerra.
Nelle raccolte successive – Stanze della funicolare (1952), Il passaggio d’Enea (1956), Il seme del piangere (1959) – si accentua l’importanza della memoria e del recupero del passato attraverso alcune figure emblematiche, a partire da quella della madre. Dopo (1965), incentrato sul motivo del viaggio esistenziale, le opere degli anni Settanta e Ottanta – Il muro della terra (1975), Il franco cacciatore (1982), Il conte di Kevenhüller (1986) – si caratterizzano per le forme brevi e i toni epigrammatici, conformi a una ricerca etica e religiosa sempre più lacerante, centrale anche nella raccolta postuma Res amissa (1991).
La poesia di Caproni si forma inizialmente nell’ambito dell’Ermetismo, ma con richiami al vocianesimo ligure (da Camillo Sbarbaro a Giovanni Boine): oltre alle rarefazioni analogiche proprie degli Ermetici, infatti, troviamo anche la presenza di un forte autobiografismo. L’autore riprende inoltre, accanto alla “poetica della parola” di matrice simbolista, alcuni modi propri della poesia tradizionale (dai metri chiusi alla rima). Caratterizzata da commozione e ironia, la tonalità stilistica è media, elegiaca, lontana sia da un livello alto, tendente al sublime, sia dal tono basso della poesia crepuscolare. La lingua si colloca in un originale equilibrio tra letterario e colloquiale, tra nobile e quotidiano.
Caproni può essere definito uno dei poeti più liberi del nostro tempo: nella ricerca costante di una limpida trasparenza e di una comunicazione diretta con il lettore, la sua opera presenta soluzioni di grande efficacia, caratterizzate da una notevole chiarezza che cela tuttavia una complessa visione esistenziale. Alle incisive rappresentazioni di paesaggi e figure o alle immediate espressioni delle gioie e dei dolori del vivere quotidiano, infatti, si accompagna l’angoscia per l’infruttuoso tentativo, da parte dell’uomo, di cogliere un significato globale nel mondo e nella propria esistenza.
La vita |
Le opere |
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• Nasce a Livorno |
1912 |
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• La famiglia si trasferisce a Genova |
1922 |
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• Comincia la carriera di insegnante di scuola elementare in Val Trebbia |
1935 |
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• Muore la fidanzata Olga Franzoni |
1936 |
Come un’allegoria |
• Sposa Rosa Rettagliata e si trasferisce a Roma |
1938 |
Ballo a Fontanigorda |
• È richiamato alle armi e inviato prima sul fronte occidentale, poi su quello orientale |
1940 |
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1941 | Finzioni | |
• Entra nella Resistenza partigiana attiva in Val Trebbia |
1943 |
Cronistoria |
• Torna a Roma e affianca all’insegnamento il lavoro di traduttore e di giornalista letterario |
1945 |
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1952 | Stanze della funicolare | |
1956 | Il passaggio d’Enea | |
1959 | Il seme del piangere | |
1965 | Congedo del viaggiatore cerimonioso & altre prosopopee | |
1975 | Il muro della terra | |
1982 | Il franco cacciatore | |
1986 | Il conte di Kevenhüller | |
• Muore a Roma |
1990 |
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1991 | Res amissa |
I grandi temi
1 I luoghi
La poesia di Caproni è strettamente legata ai luoghi in cui egli ha vissuto e che di volta in volta hanno ispirato i suoi versi, come se il suo “canzoniere” fosse, anche in questo, una sorta di opera autobiografico-diaristica. I luoghi – ha confidato l’autore in uno scritto del 1981 – «hanno lasciato orme nel mio carattere e, qua e là, nei miei versi: e non davvero come elementi pittorici, ma anch’essi come laterizi (o metafore) di quell’umana condizione che ho sempre cercato di esprimere». Essi hanno plasmato il suo carattere e inciso profondamente sul suo modo di vedere e di rappresentare la realtà.
Un rilievo centrale nella poesia di Caproni hanno anche le città. Livorno, innanzitutto, la città dell’infanzia: il centro portuale toscano appartiene ai suoi ricordi più antichi, rievocati nella mitica luce delle origini e degli affetti primigeni, come quelli delle idealizzate figure dei genitori. Esemplari in questo senso sono i Versi livornesi, concepiti dopo la morte della madre e pubblicati nel suo libro più noto, Il seme del piangere (1959).
Troviamo poi Genova, dove la famiglia si era trasferita nel 1922. Se Livorno è la simbolica città della madre, Genova rappresenta il luogo della formazione umana e culturale dell’autore: «Genova sono io. Sono io che sono “fatto” di Genova». Il capoluogo ligure segna anche l’inevitabile epilogo dell’infanzia: «Genova della Spezia. / Infanzia che si screzia. / Genova di Livorno, / partenza senza ritorno» (Litania). La natura di questa città è dunque bifronte, «come il Giano messo a guardia dei suoi giardini»: luogo della scoperta di sé ma anche città-mondo che apre all’altro da sé.
Livorno e Genova, città marinare, sono lo scenario prediletto per la rappresentazione di un’umanità quotidiana, per un’epica della gente comune che occupa gran parte della poesia di Caproni e che si svolge all’insegna di una notevole precisione di dettaglio, non rifuggendo dalla rappresentazione di oggetti concreti come tram, ascensori, funicolari.
T1
Su cartolina
Stanze della funicolare
Questo testo – risalente al 1948 ma compreso nella sezione In appendice della raccolta Stanze della funicolare, pubblicata nel 1952 – è una dichiarazione d’amore di Caproni a Genova, la seconda città della sua vita dopo la natia Livorno.
Metro 3 strofe di diversa lunghezza (4, 9 e 2 versi) composte in prevalenza da settenari, con qualche ottonario e un novenario (v. 8).
Qui forse potrei vivere,
potrei forse anche scrivere:
potrei perfino dire:
qui è gentile morire.
5 Genova mia città fina:
ardesia e ghiaia marina.
Mare e ragazze chiare
con fresche collane di vetro
(ragazze voltate indietro,
10 col fiasco, sul portone
prima di rincasare)
ah perdere anche il nome
di Roma, enfasi e orina.
Qui forse potrei scrivere:
15 potrei forse anche vivere.
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
Nel componimento, scritto quando Caproni vive ormai stabilmente a Roma, Genova è radicalmente contrapposta alla capitale. La città ligure è connotata dagli elementi tipici del suo paesaggio (l’ardesia e la ghiaia marina v. 6; il Mare, v. 7), ma anche attraverso una viva presenza femminile (le ragazze chiare del v. 7). Al contrario, Roma è caratterizzata per mezzo di due termini negativi (enfasi e orina, v. 13). A proposito della capitale, nel 1981 Caproni scrive: «Con Roma non sono mai riuscito a entrare in dimestichezza: non sono mai riuscito a sentirla, neppure in parte, mia. Forse perché Roma è una scarpa troppo grande – o “grandiosa” – per il mio piede».
Le scelte stilistiche
La semplicità del dettato poetico dà vita a un tono cantabile, quasi da canzonetta o da ballata, ottenuto anche grazie ad alcune specifiche scelte metriche: per esempio la riproposizione, negli ultimi due versi, del distico iniziale, come in una sorta di ripresa o refrain (salvo che per l’inversione dei due termini chiave: vivere e scrivere), ma anche la brevità dei versi e la frequenza delle rime baciate. La lirica ha il tono lieve tipico della produzione del Caproni dei tardi anni Quaranta. Proprie dello stile del poeta sono anche le scelte lessicali, tutte nella direzione di una comunicazione di tipo colloquiale.
Verso le COMPETENZE
Comprendere
1 Che cosa apprezza, di Genova, il poeta?
ANALIZZARE
2 Trova tutte le figure retoriche presenti nella lirica.
INTERPRETARE
3 Che cosa suggerisce, a proposito delle ragazze genovesi, l’immagine delle fresche collane di vetro (v. 8)?
Dibattito in classe
4 Il componimento fotografa il momento in cui il poeta sceglie come suo luogo d’elezione una città diversa da quella in cui è nato. Ti è mai capitato di trovarti in un luogo in cui hai pensato “sarebbe bello poter vivere qui”? quale? Confrontati con i compagni.
Vola alta parola - volume 6
Dal Novecento a oggi