CLASSICI a confronto - Calvino e Pasolini

CLASSICI a confronto

Calvino e Pasolini

Per condurre un confronto tra due dei massimi scrittori italiani del secondo Novecento, Pasolini e Calvino, non è possibile prescindere da un saggio, ormai classico, di Carla Benedetti, Pasolini contro Calvino. Per una letteratura impura (1998).
La diversa concezione della letteratura
In primo luogo va evidenziato come l’opera di Pasolini sia in conflitto con l’idea di letteratura che in Italia è stata dominante negli ultimi decenni del Novecento, un’idea con la quale invece Calvino è sempre stato in armonia, avendo egli stesso contribuito a diffonderla e a costruirla.

Calvino è l’emblema dell’autore «discreto» che si eclissa dalla propria opera e che sparisce dalla scena, quasi dissolvendosi nelle sue creazioni fantastiche. Al contrario, Pasolini è il prototipo dell’autore «ingombrante», che si rifiuta di scomparire dietro al testo, nelle varie maschere della finzione narrativa, di uno scrittore, insomma, che pretende di rivolgersi al lettore «direttamente e non convenzionalmente» (come scrive lui stesso in una lettera a Moravia), «che scommette su di un’impossibile “parola diretta”, che parla per persuadere, per esprimere le proprie angosce, per lasciare “progetti” o testamenti». E se Calvino sembra volersi rinchiudere nella dimensione tutta letteraria della variazione stilistica, lo scrittore friulano esce drammaticamente dal recinto della letteratura fino quasi a realizzare una sorta di cortocircuito tra vita e opera nel dramma della propria morte (ucciso da un giovane che assomiglia tragicamente a un personaggio dei suoi romanzi).

Anche per tale motivo l’opera di Pasolini appare caratterizzata dalla contaminazione di linguaggi e da una febbrile ricerca di autenticità stilistica, assai lontane dalla rarefazione e dalla perfezione formale a cui perviene invece Calvino attraverso un attento lavoro di limatura della pagina.

“Integrato” (Calvino) e “apocalittico” (Pasolini)
Diverso è anche il rapporto con il mondo editoriale e con l’industria culturale: come scrive la Benedetti, «mentre Calvino mantiene con essa un rapporto accondiscendente, accettando di giocare dentro a quei confini» (ricordiamo anche solo il suo ruolo dirigenziale nella casa editrice Einaudi), «Pasolini le dichiara guerra, attaccandone la separatezza, la convenzionalità, l'autoreferenzialità: in definitiva attaccando la sua finta autonomia».
Due differenti comunismi
Venendo infine all’ambito politico, entrambi gli scrittori sono vicini al Pci, sebbene Pasolini venga radiato dal Partito in seguito a un scandalo privato. Tuttavia da un certo punto della sua carriera in poi in Calvino la dimensione di impegno viene meno, man mano che egli si accosta alla cultura postmoderna e a un’arte concepita in chiave ludica come gioco combinatorio (ci riferiamo al passaggio da opere come La giornata di uno scrutatore ad altre quale Se una notte d’inverno un viaggiatore). In Pasolini, invece, persiste sino alla fine, e anzi sembra amplificarsi nell’ultima fase del suo lavoro (pensiamo ai saggi degli Scritti corsari, al romanzo incompiuto Petrolio o anche a un film come Salò), una tenace volontà di critica alla società dei consumi, ai suoi falsi valori e alla prassi politica di quegli stessi anni.

Vola alta parola - volume 6
Vola alta parola - volume 6
Dal Novecento a oggi