Appena vestito, cercai di aiutarlo nell’impresa di ricollocare ogni cosa al suo
25 posto nella valigia. Ma non vi era modo di venirne a capo: almeno un terzo del suo
corredo rimaneva fuori. Il barone Viterbo, che era professore universitario di scienze
esatte, non si dava per vinto: «Sarà questione» diceva «di ripiegare gli abiti in
modo diverso, di utilizzare gli angoli e soprattutto di pigiare un poco». E svuotava
la valigia, per ricominciare da capo a riempirla.
30 Nel passargli pantaloni, scarpe, camicie, fazzoletti, calze, astucci, scatolette
e involti d’ogni genere che egli cercava di stivare in modo sempre più appropriato,
mi venne alle mani un disco pesantissimo, del diametro di circa trenta centimetri e
dello spessore di almeno dieci, chiuso in una fodera di satin5 nero. Non riuscendo
a capire di cosa si trattasse e non osando slacciare la fodera, istintivamente avvicinai
35 al naso il misterioso oggetto.
«Sì» disse benevolmente il barone. «È una specie di Asiago, una toma. Uno dei
tanti formaggi che si fanno dalle nostre parti, in Friuli. Dovendo affrontare la fuga,
ho pensato anche a una scorta di viveri, per il caso che avessi dovuto star nascosto
dei giorni in qualche luogo».
40 Prese dalle mie mani l’involto, lo ripose con cura nella valigia e lo ricoprì con
maglie, mutande, calzini e fazzoletti. Ma con un paio di scarpe, un abito scuro e
una pila di biancheria, dovette confezionare un pacco a parte, perché gli era divenuto impossibile ricollocare tutto nell’ordine e nello spazio di prima. Di lasciar fuori
il formaggio, come gli consigliai, non volle neppure sentir parlare.
45 Quando i soldati ci misero in fila e ci avviarono verso l’oratorio di San Biagio
dove eravamo alloggiati, per rispetto al rango e all’età del mio compagno lasciai a
lui il pacco e gli portai la valigia, reggendola faticosamente per le strade di Bellinzona,
sotto lo sguardo dei passanti. Era una giornata d’inverno, rigida e cristallina,
che ci faceva rimpiangere le nostre case abbandonate.
50 Avere a quei tempi e in quelle circostanze un formaggio simile, stagionato e
sopraffino, era quasi come essersi portato dietro un pezzo di casa: una fortuna alla
quale pensavo di partecipare, perché una legge tacita dei campi e degli infelici
che vi stazionavano prescriveva, all’internato venuto in possesso di viveri fuori assegnazione, di dividerli con chi avesse cognizione della sua buona ventura. Non
55 perdevo d’occhio quindi il barone, che presto o tardi avrebbe certo intaccato la
sua forma di formaggio.
La nostra giornata di gente in attesa, sfaccendata, chiusa in un solo grande locale,
mi permetteva di sorvegliare ogni mossa del Viterbo, che teneva la valigia tra il mio
e il suo pagliericcio,6 come un comodino da notte o un divisorio. Il formaggio, che era
60 sul fondo della valigia, veniva a trovarsi dalla mia parte, e di notte, quando non mi riusciva
di dormire, ne percepivo l’odore attraverso il cuoio, o credevo percepirlo, morso
come ero dalla fame. Una notte pensai di fare un taglio nel fianco della valigia e di
staccare una fetta di formaggio. Il barone se ne sarebbe accorto solo in occasione di
un cambiamento di posto, quando ormai gli avevo mangiato tutto il formaggio. Ma
65 fu più che altro un sogno: mai avrei fatto una cosa simile a un gentiluomo di tal fatta.
Passò una settimana e il barone, pur avendo aperto due o tre volte la valigia
con la chiave che teneva in un taschino del panciotto, ne aveva tolto solo dei fazzoletti
e una sciarpa di lana. La forma di Asiago era come se non esistesse e mi
domandavo se non fosse stata un’allucinazione a farmela sentire in quelle notti.
70 Improvvisamente, a seguito di un ordine da Berna, il nostro gruppo fu trasferito
a Lugano. Aiutai il professore nel trasloco, portandogli ancora la valigia, che sentii
pesante, come se avesse delle pietre nell’interno.
“È il formaggio” pensavo “ancora intatto, che il barone ha riservato per quando
avremo davvero fame. E se la valigia mi pare più pesante di prima, è perché mi
75 sono indebolito.”
Ma neppure a Lugano, dove il nostro vitto era scarsissimo, egli ritenne opportuno
ricorrere al formaggio.