I SAPERI fondamentali

I SAPERI fondamentali

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La vita

Giovanni Boccaccio nasce a Firenze, o a Certaldo (vicino a Firenze), nel 1313, figlio naturale di un mercante che lo fa studiare perché entri nel mondo dei commerci. Nel 1327 il padre, rappresentante di banchieri fiorentini, si trasferisce a Napoli e porta con sé Giovanni. Durante il soggiorno partenopeo Boccaccio però non si appassiona agli affari: preferisce le letture dei classici, della produzione cortese-cavalleresca e delle opere di Dante, e la vita raffinata della corte di Roberto II d’Angiò. Compone i suoi primi testi e osserva con attenzione la varia umanità presente a Napoli: gli sarà utile soprattutto per il Decameron, dove rappresenterà ogni componente sociale (nobiltà, borghesia, popolo). S’innamora di una donna, che nelle sue opere sarà indicata con lo pseudonimo di Fiammetta, la quale ricambia il sentimento solo per qualche tempo.

Dopo il rientro a Firenze Boccaccio si affermerà come scrittore e come diplomatico e nel 1348 avrà esperienza diretta della peste: ne descriverà i tragici effetti nel Decameron, che trae spunto proprio dalla sciagura della “morte nera”. Per amministrare il patrimonio familiare dopo la scomparsa del padre, Boccaccio si adatta a malincuore alla vita borghese fiorentina; riceve però incarichi ufficiali che lo portano in Romagna, dal papa ad Avignone e per breve tempo a Napoli. A Firenze, nel 1350, Boccaccio incontra Francesco Petrarca: i due stringono amicizia (si rivedranno a Padova, a Milano, a Venezia). La frequentazione di uno spirito inquieto come Petrarca e l’esperienza della peste (che gli ha sottratto tre figli naturali) portano Boccaccio a una crisi religiosa, che lo induce a una seria riflessione sia personale che artistica; nel 1362 si ritira a Certaldo, per dedicarsi agli studi e alla scrittura di opere erudite. Nel 1373 il Comune di Firenze lo incarica di commentare la Divina Commedia, ma gravi problemi di salute gli impediscono di concludere il progetto. Boccaccio muore nell’indigenza il 21 settembre 1375 a Certaldo.

Opere del periodo napoletano

A Napoli, tra il 1327 e il 1340, Boccaccio realizza opere in versi e in prosa, scrivendo sia in latino sia in volgare, e armonizza la tradizione classica con quella cortese di origine provenzale. Compone le Rime (principalmente sonetti e ballate) e testi in cui la materia amorosa si fonde con l’epica e l’autobiografia dell’autore: il Filocolo, lungo romanzo in 5 libri; la Caccia di Diana, poemetto mitologico in 18 canti di terzine dantesche; il Filostrato poemetto in ottava di endecasillabi, che narra la storia di Troilo e della sua infelice passione per la scaltra Criseida; il poema Teseida, incentrato sulla contesa amorosa di due amici, sullo sfondo della vittoria di Teseo contro le Amazzoni.

Opere del periodo fiorentino

Nei primi anni del suo rientro a Firenze, Boccaccio i ispira alla tradizione della poesia allegorica: tra il 1341 e il 1346 nascono l’opera mista di prosa e terzine Comedia delle ninfe fiorentine, il poema allegorico Amorosa visione, il poemetto Ninfale fiesolano. Nel 1347 termina l’Elegia di Madonna Fiammetta, romanzo in prosa in cui l’autore adotta il punto di vista di una gentildonna e descrive l’amore come un’esperienza umana e terrena. Nel 1349-1353 realizza il suo capolavoro, il Decameron. In seguito si dedica all’opera dantesca con saggi e commenti (il Trattatello in laude di Dante e le Esposizioni sopra la Comedia) e, influenzato dal modello letterario di Petrarca, a una serie di opere erudite in latino; nel 1365 scrive un testo in prosa fortemente misogino, il Corbaccio.

Il DECAMERON

Decameron È una raccolta di 100 novelle, narrate in 10 giorni da altrettanti giovani (7 donne e 3 uomini) rifugiatisi in una villa fuori Firenze per scampare alla peste del 1348. L’epidemia, dalla valenza reale e simbolica, allude metaforicamente alla corruzione morale della società dalla quale i ragazzi scelgono di allontanarsi.

Ogni giornata presenta un tema diverso ma quelli fondamentali sono la fortuna, l’amore e l’ingegno, le tre forze che per l’autore muovono il mondo. Nel Proemio, dedicato alle donne, si afferma la concezione edonistica della narrazione, lontana dalle finalità moralistiche della letteratura medievale. Nonostante la varietà delle tematiche affrontate il Decameron è un’opera organica, unificata nei suoi diversi momenti: l’autore celebra i molteplici aspetti dell’esistenza umana senza preoccupazioni religiose.

La prospettiva di Boccaccio è laica: la sessualità è una realtà naturale da assecondare e non ha nulla di peccaminoso; alla visione fatalistica e teocentrica tipica della cultura precedente subentra l’esaltazione delle qualità umane (con l’intelligenza i personaggi vincono le sventure). Il Decameron si rivolge a un nuovo pubblico, la borghesia mercantile emergente: ne canta i valori (intraprendenza, libertà intellettuale e religiosa, considerazione degli aspetti economici) e al contempo suggerisce il recupero di alcuni ideali della società cortese (lealtà, senso dell’onore).

La prosa del Decameron, modellata sui classici latini (in particolare Cicerone e Livio) presenta una certa complessità sintattica; si registrano innovazioni anche sul piano dello stile, grazie alla molteplicità dei punti di vista (quelli dei dieci narratori), alla caratterizzazione realistica di personaggi e ambienti, al sapiente uso dei registri linguistici (il linguaggio è sempre adeguato al livello socio-culturale dei personaggi).

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Vola alta parola - volume 1
Vola alta parola - volume 1
Dalle origini al Trecento