Il tesoro della letteratura - volume 3

Il primo Novecento non fa doni), come pure più avanti (ai vv. 4-5) tra gelido e gioia (normalmente alla gioia si associa una sensazione di calore, e non di freddezza). Anche il sintagma* sospirati abbandoni (v. 3) è di incerto significato: abbandoni pieni di sospiri (chi è abbandonato può esprimere il dolore dell abbandono sospirando) oppure abbandoni a lungo desiderati (nel senso di effusioni emotive per troppo tempo represse o ritardate). E poi che cosa vuol dire che l oboe risillaba / gioia di foglie perenni (vv. 4-5)? E perché il poeta ci tiene a specificare che tali foglie non sono le sue (v. 6)? Per quale motivo l oboe smemora (v. 6)? Quando si è mai sentito che l acqua tramonta (v. 8)? E ancora: perché le mani del poeta sono erbose (v. 9)? Forse perché in tal caso si tratterebbe di un analogia* sono coperte di peli come la terra di erba? Sono domande destinate a rimanere prive di risposte certe e al contrario aperte a diverse ipotesi. Altre espressioni sembrano invece più facilmente decodificabili: in me si fa sera (v. 7) rimanda, anche sulla scorta della lirica Ed è subito sera ( T1, p. 983), al motivo della disillusione esistenziale; le immagini del cuore che trasmigra (v. 11), del gerbido a cui il poeta assimila sé stesso (v. 12) e della maceria dei giorni (v. 13) traducono metaforicamente i motivi dell aridità sentimentale e del vuoto di senso. Il lessico ermetico Le scelte stilistiche La lirica presenta alcuni vocaboli tipici del repertorio lessicale ermetico. Viene detto, per esempio, che l oboe risillaba (v. 4): sillabare significa scandire una parola sillaba per sillaba; il prefisso ri- denota ripetizione, «ma il senso del verbo è da cercare, più che nel suo significato, nella sua materia sonora, che ne ha fatto, in ambito ermetico, un sinonimo poetico di pronunciare (Fiori). Anche smemorare è un verbo di uso frequente nei poeti ermetici: significa letteralmente perdere la memoria , ma anche confondersi, turbarsi . Nel vocabolo gerbido (v. 12) uno dei maggiori studiosi dell Ermetismo, Mario Petrucciani, ha identificato non solo «una parola rara, ma anche lievemente vaga, precisa e insieme sfuggente, allusiva e simbolica , come è appunto, in generale, il lessico dei poeti di questa corrente: per i dizionari, infatti, si tratta di un terreno incolto, di una sorta di brughiera, ma anche di una pianta, di un giunco; ne è anche attestato l uso come aggettivo (per esempio in Camillo Sbarbaro e in Italo Calvino). L assolutizzazione della parola La critica ha parlato, a proposito di Quasimodo, di «poetica della parola e anche di «no minalismo , per dire che spesso nei suoi versi le parole contano più delle cose, degli oggetti, delle realtà a cui esse normalmente rimandano. Così chi legge è portato a concentrare la propria attenzione sui vocaboli e sul loro suono, più che a interrogarsi sui significati, che invece si intravedono appena, come in lontananza. Una poetica simbolista In tale aspetto della poesia di Quasimodo è chiaramente riconoscibile l influsso del Simbolismo. Stéphane Mallarmé aveva sostenuto che «nominare un oggetto significa distruggere i tre quarti della gioia della poesia, che è fatta del dono di indovinare a poco a poco . E Paul Valéry aveva scritto: «I miei versi hanno il senso che ognuno dei lettori presta ad essi . Siamo di fronte, insomma, a un esaltazione della dimensione dell ambiguità e della pluralità di significati di una poesia che si sente chiamata a evocare stati d animo, a suggerire sensazioni, a suggestionare più che ad affermare e a comunicare concetti, idee, contenuti. A tale modo di concepire l attività poetica, soprattutto quando condotto all estremo, non sono mancate critiche e persino stroncature, come quella di un autorevole letterato del tempo, Giuseppe De Robertis, il quale parlò, proprio a proposito di Quasimodo, di «una finzione di profondi sensi, che diventano nonsensi . 986

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Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi