Il tesoro della letteratura - volume 3

Umberto Saba 65 70 delle stoffe esibite al passante. E, al tempo stesso, sia per compensare i sullodati cani dei calci che ricevevano senza che potessero comprenderne il motivo (ma il mondo e le leggi che lo governano appaiono ugualmente incomprensibili a tutti, vuoi uomini, vuoi cani), sia perché allora si credeva che questi ultimi ammalassero d idrofobia5 per sete, tenevano, fuori dell uscio, una ciotola piena d acqua, rinnovata, l estate, due volte al giorno. Automobili non ce n erano (o assai rare); la gente comune andava a piedi; i ricchi (ma non sempre) in carrozza, ad uno o a due cavalli, alcune stemmate6 allo sportello e col servo in livrea7 a cassetta.8 Dio mio, Linuccia, com era bella allora tua madre! E come era bella, allora, la nostra città! 5 idrofobia: rabbia. 6 stemmate: con lo stemma della casa- ta aristocratica alla quale appartenevano. 7 livrea: divisa indossata dai servitori di nella parte anteriore della carrozza. una famiglia aristocratica. 8 cassetta: sedile per il cocchiere, posto Dentro il TESTO Un rapporto ambivalente Il rimpianto del passato La stratificazione compositiva come segno di disagio I contenuti tematici Inizialmente Saba nega di essere il poeta di Trieste (r. 2), come voleva un luogo comune critico e giornalistico che egli intende evidentemente smentire. Perciò afferma recisamente: io non sono stato un poeta triestino, ma un poeta e uno scrittore italiano, nato, nel 1883, in quella grande città italiana che è Trieste (rr. 6-7). In base a quanto spiega l autore stesso, infatti, questa città possiede caratteristiche molto diverse da quelle della sua psicologia: Trieste è romantica (r. 9) e drammatica (r. 10), mentre il temperamento del poeta è classico (r. 9) e idillico (r. 10). E se tale disaccordo intimo con il luogo in cui si è trovato a nascere e a vivere gran parte dell esistenza è stato fecondo per la poesia, si è rivelato un dato negativo per la sua felicità personale. Eppure poco più avanti assistiamo a un ribaltamento della prospettiva: il testo prosegue infatti con un esplicita dichiarazione d amore nei confronti della città (io Trieste l ho amata, r. 17) e con l affermazione della necessità, per ogni scrittore, di un profondo radicamento nella propria terra (rr. 19-21). Di fronte alle trasformazioni storiche della città (come l abbattimento della sua parte vecchia), l amore di Saba si trasforma in nostalgia: la Trieste di un tempo può essere soltanto rimpianta in sogni sognati ad occhi aperti (rr. 46-47). Tuttavia sono sogni molto vividi, che restituiscono al lettore l immagine fascinosa di una città ricca di Storia e di culture diverse (C era l Italia [...], c era l Austria [...], c era l Oriente, c era il Levante, rr. 5253), in cui il poeta si sentiva a proprio agio, nonché alcune istantanee della sua vita, come il racconto delle passeggiate quotidiane (r. 48) con la moglie Lina e la descrizione delle antiche botteghe che si potevano vedere lungo le vie. Finché, nell ultima frase del brano, il profilo della città si confonde con quello di Lina, che era morta l anno prima, dando luogo a un unica immagine, forse quella della giovinezza ormai perduta per sempre: Dio mio, Linuccia, com era bella allora tua madre! E come era bella, allora, la nostra città! (rr. 71-72). Le scelte stilistiche Il testo è un articolo giornalistico approntato su richiesta per una rivista, ma la sua tessitura è ordita su più livelli. Innanzitutto la forma è quella di una lettera indirizzata alla figlia Linuccia (l incipit, che non abbiamo riportato nel brano, recita canonicamente Mia cara Linuccia ecc.), al quale il poeta si rivolge con la seconda persona (tu sai benissimo ecc., r. 2). C è poi la trattazione saggistica del tema assegnatogli (il proprio rapporto con Trieste), ma anche una lunga auto-citazione attraverso l inserimento di parte di un 889

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi