Lo stile

Il secondo Ottocento in sintesi nullamento: di fronte a essa e alle immagini che ne derivano la tomba e il camposanto non si prova che sgomento e paura. Allo stesso tempo, però, il poeta cerca continuamente di rinsaldare i vincoli spezzati, recuperando una sorta di comunicazione affettiva con i defunti della propria famiglia. Tra chi c è ancora e chi è scomparso persiste un legame: i morti nella poesia di Pascoli sussistono in una condizione intermedia tra la vita e il nulla, e da lì possono tornare per incontrare i vivi (come accade in molti componimenti, spesso al momento del crepuscolo, prima che scenda la notte). Dunque la loro presenza è come se fosse reale, tangibile, quasi ossessiva nella coscienza dei sopravvissuti. Lo stile La lingua e la sintassi La semplicità delle cose rappresentate in Myricae trova riscontro nello stile di Pascoli. Sul piano lessicale egli impiega vocaboli della tradizione letteraria, ma soprattutto termini riferibili a un linguaggio pre-grammaticale: suoni, rumori, versi, onomatopee, e insieme termini di un linguaggio post-grammaticale, ossia vocaboli tecnici attinti alle lingue speciali della botanica, della zoologia, delle attività agricole e artigianali. L assoluta precisione che il poeta persegue nel dare il nome alle cose non tende a una resa realistica, ma introduce un indeterminatezza dovuta al valore simbolico di cui, allusivamente, sono cariche le parole stesse, anche grazie a ripetizioni di suoni, sillabe, frasi. 358 La novità della lingua di Myricae Nella storia della lingua letteraria, l esperienza pascoliana rappresenta una profonda novità, in quanto alternativa al monolinguismo lirico di ascendenza petrarchesca, egemone nella tradizione poetica italiana. Possiamo affermare che, con Myricae, Pascoli porta a compimento nella scrittura lirica la rivoluzione inaugurata nel romanzo da Alessandro Manzoni: un progetto di «democrazia poetica (Contini) che, abbattute le rigide selezioni classicistiche, conferisce dignità a tutti gli elementi della realtà, da quello illustre a quello umile. Analizziamo le diverse componenti del lessico di Myricae a partire dalle osservazioni di Gianfranco Contini, che per primo l ha studiato in maniera sistematica. In primo luogo, sopravvivono nel lessico pascoliano vocaboli della tradizione letteraria (compresi termini di derivazione dantesca e, in generale, aulicismi), come conseguenza della formazione classicista dell autore. Si tratta della componente meno rilevante: queste tracce del codice poetico tradizionale consentono però di intravedere il punto di partenza della sperimentazione pascoliana, e di valutare dunque appieno lo straordinario lavoro compiuto dal poeta nel percorrere la grande distanza che separa la lingua antica dalla nuova. Sono poi presenti termini di un linguaggio pre-grammaticale , cioè estraneo alla lingua istituzionale , come per esempio le onomatopee per rendere determinati rumori (il din don delle campane o il fru fru di rumori nelle siepi) e i versi degli uccelli (il chiù dell assiuolo o gli scilp, vitt, videvitt, dib dib bilp bilp di passeri e rondini), vocaboli al confine tra linguaggio umano e animale. Compaiono infine numerosi termini di un linguaggio post-grammaticale , cioè vocaboli tecnici e specialistici appartenenti alle cosiddette lingue speciali : dalla botanica alla zoologia, dalle tecniche agricole a quelle artigianali. Pascoli tende alla precisione e all esattezza lessicale: è stato calcolato che in Myricae vengono nominate, con termini specifici, 56 specie di animali (soprattutto uccelli: assiuoli, cince, fringuelli, pettirossi...) e 66 tipi di piante (acanto, biancospino, fiordaliso, timo, veccia...). Dal reale al simbolico Non bisogna pensare però che la precisione delle scelte lessicali conduca al realismo. La puntualità dei vocaboli si pone in un continuo e sistematico rapporto con altre soluzioni espressive, che sfumano i contorni della rappresentazione ( p. 380). Di questo processo si possono individuare almeno tre modalità. 1 Nei singoli testi la precisione lessicale è sempre controbilanciata da «un fondo di indeterminatezza (Contini): si pensi all uso degli aggettivi in forma connotativa, che suggerisce senza descrivere, allude senza dire, indica senza distinguere: tremulo, fragile, gracile ecc.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi