Il tesoro della letteratura - volume 3

Il secondo Ottocento La malattia e gli inutili consulti dei «dottoroni 80 85 90 95 100 105 110 115 Adesso era chiuso fra quattro mura, col brusìo incessante della città negli orecchi, lo scampanìo di tante chiese che gli martellava sul capo, consumato lentamente dalla febbre, roso dai dolori che gli facevano mordere il guanciale, a volte, per non seccare il domestico che sbadigliava nella stanza accanto. Nei primi giorni, il cambiamento, l aria nuova, forse anche qualche medicina indovinata, per sbaglio, avevano fatto il miracolo, gli avevano fatto credere di potersi guarire.12 Dopo era ricaduto peggio di prima. Neppure i migliori medici di Palermo avevano saputo trovar rimedio a quella malattia scomunicata!13 tal quale come i medici ignoranti del suo paese, e costavano di più, per giunta! Venivano l uno dopo l altro, dei dottoroni che tenevano carrozza, e si facevano pagare anche il servitore che lasciavano in anticamera. L osservavano, lo tastavano, lo interrogavano quasi avessero da fare con un ragazzo o un contadino. Lo mostravano agli apprendisti come il zanni14 fa vedere alla fiera il gallo con le corna, oppure la pecora con due code, facendo la spiegazione con parole misteriose. Rispondevano appena, a fior di labbra, se il povero diavolo si faceva lecito15 di voler sapere che malattia covava in corpo, quasi egli non avesse che vederci, colla sua pelle!16 Gli avevano fatto comperare anch essi un intera farmacia: dei rimedi che si contavano a gocce, come l oro, degli unguenti che si spalmavano con un pennello e aprivano delle piaghe vive, dei veleni che davano delle coliche più forti e mettevano come del rame nella bocca, dei bagni e dei sudoriferi che lo lasciavano sfinito, senza forza di muovere il capo, vedendo già l ombra della morte da per tutto. «Signori miei, a che giuoco giuochiamo? , voleva dire. «Allora, se è sempre la stessa musica, me ne torno al mio paese . Almeno laggiù lo rispettavano pei suoi denari, e lo lasciavano sfogare, se pretendeva di sapere come li spendeva per la sua salute. Mentre qui gli pareva d essere all ospedale, curato per carità. Doveva stare in suggezione anche del genero che veniva ad accompagnare i pezzi grossi chiamati a consulto. Parlavano sottovoce fra di loro, voltandogli le spalle, senza curarsi di lui che aspettava a bocca aperta una parola di vita o di morte. Oppure gli facevano l elemosina di una risposta che non diceva niente, di un sorrisetto che significava addirittura «Arrivederci in Paradiso, buon uomo! . C erano persino di quelli che gli voltavano le spalle, come si tenessero offesi. Egli indovinava che doveva essere qualche cosa di grave, al viso stesso che facevano i medici, alle alzate di spalle scoraggianti, alle lunghe fermate col genero, e al borbottìo che durava un pezzo fra di loro in anticamera. Infine non si tenne più. Un giorno che quei signori tornavano a ripetere la stessa pantomima,17 ne afferrò uno per la falda, prima d andarsene. «Signor dottore, parlate con me! Sono io il malato, infine! Non sono un ragazzo. Voglio sapere di che si tratta, giacché si giuoca sulla mia pelle! . Colui invece cominciò a fare una scenata col duca, quasi gli si fosse mancato di rispetto in casa sua. Ci volle del bello e del buono per calmarlo, e perché non piantasse lì malato e malattia una volta per sempre. Don Gesualdo udì che gli dicevano sottovoce: «Compatitelo Non conosce gli usi un uomo primitivo nello stato di 12 potersi guarire: uso dialettale per gua- rire . 13 scomunicata: maledetta. 14 zanni: il servo sciocco o il buffone, figure della commedia dell arte. 192 15 si faceva lecito: osava. 16 quasi egli non avesse che vederci, col- la sua pelle: come se non avesse a che fare con la propria pelle; come se il corpo non fosse suo. 17 pantomima: scena. La pantomima è una rappresentazione scenica muta: l azione è affidata unicamente all espressione del volto, ai movimenti del corpo, alla danza.

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi