4 - La concezione della vita

Giovanni Verga in sintesi Verga ha una visione pessimistica della vita. Il dolore fa parte dell esistenza umana e non c è possibilità di salvarsi o riscattarsi dalla propria condizione. L autore professa l «ideale dell ostrica : l ostrica che si stacca dallo scoglio è destinata a morire; allo stesso modo, chi prova a rinnegare le proprie origini e a mutare la propria condizione sociale incontrerà soltanto fallimento e rovina. Occorre dunque rassegnarsi e accettare il proprio destino. questo il solo modo per affrontare al meglio la dolorosa esistenza a cui si è condannati. Nemmeno il progresso può venire in soccorso. Esso anzi peggiora la situazione e, come un fiume in piena, travolge soprattutto i più deboli. Non c è speranza di salvezza né di felicità per l individuo. L esistenza è una lotta per la sopravvivenza, è uno scontro con la Storia e la natura, che sono destinati a sconfiggere ogni individuo. Nella seconda parte della produzione verista di Verga, il suo pessimismo si inasprisce. 4 La concezione della vita L «ideale dell ostrica La lucida analisi della realtà che Verga compie nella sua opera può, sia pure indirettamente, servire da denuncia della tragica sconfitta che incombe sull umanità, nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Lo scrittore non intende però suggerire proposte consolatorie, possibili illusioni e vie di fuga capaci di offrire alternative alla vita di oggi o di domani: non vi è alcuna possibilità di riscatto o di emancipazione, perché il dolore non deriva dalle ingiustizie o dal corso della Storia, ma è connaturato all esistenza e riguarda indistintamente tutti gli uomini e tutte le classi sociali. L autore anzi esprime una condanna nei confronti di chi tenta di mutare la propria condizione sociale e di affrancarsi dalle proprie origini. L unica risposta possibile alla situazione di sofferenza è di natura difensiva: nella novella Fantasticheria, per esempio, Verga esalta il «tenace attaccamento di quella povera gente alla propria terra, ai propri costumi, alla propria mentalità. L orizzonte dei vinti e dei diseredati sarà sempre chiuso «fra due zolle , al di fuori delle quali ci sono soltanto la rovina e la perdizione: «Allorquando uno di quei piccoli, o più debole, o più incauto, o più egoista degli altri, volle staccarsi dai suoi per vaghezza dell ignoto, o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo, il mondo, da pesce vorace ch egli è, se lo ingoiò, e i suoi più prossimi con lui . qui enunciato il cosiddetto «ideale dell ostrica : come questa, staccata dal proprio scoglio, è destinata a morire, così chi abbandona, rifiuta o tenta di emanciparsi dalle proprie radici è condannato fatalmente a soccombere. Le devastanti conseguenze del progresso Accettando la teoria darwiniana della lotta per la vita , Verga non ripone alcuna fiducia nel progresso, che anzi è visto come una macchina mostruosa, una «fiumana inarrestabile che travolge i più deboli: per sopravvivere al vortice evolutivo, non resta che ancorarsi alla condizione che si è avuta in sorte, difendendosi da ogni interferenza esterna e da ogni tentazione di alleviare il proprio stato. Il destino che si abbatte sugli uomini è infatti invincibile e immutabile. Inutile è contrapporvisi, confidando in un riscatto impossibile, che sia quello promesso dalla Provvidenza divina, oppure quello garantito dai cantori positivisti della scienza, o ancora quello auspicato dai socialisti mediante la lotta di classe. Si può solamente tentare di mitigarne i colpi e le avversità appigliandosi al lavoro, alla famiglia e ai primitivi codici di saggezza e di sopportazione: una mesta ma dignitosa rassegnazione rappresenta per Verga l unico antidoto morale al dolore dell esistenza e all urto spietato della civiltà. Il pessimismo verghiano Alla concezione positiva della Storia di tradizione illuministica e liberale, Verga oppone dunque «la visione di un caotico e ingovernabile divenire del mondo, che trascende la volontà degli uomini ed è indifferente alla loro sorte, rievocando la severa immagine leopardiana di natura (Martinelli). Di questa sorte, Verga vuole essere il testimone: il suo ateismo materialista lo porta a guardare alla realtà senza concepire per l individuo alcuna felicità, ma soltanto un orizzonte dominato da una grandiosa e oscura fatalità. Scopo ultimo della sua opera è mostrare il carattere ineluttabile dell esperienza umana, l impari lotta che si è costretti a ingaggiare per sopravvivere ai meccanismi della Storia e della natura. Il motivo della «roba Questa cupa visione del mondo si accentua sempre più, durante la sua parabola di uomo e di scrittore. Con Mastro-don Gesualdo, soprattutto, assistiamo a una crescente disumanizzazione e all affermarsi di temi quali l alienazione e l incomunicabilità. Travolto ogni sentimento di appartenenza e cancellati i vincoli di umanità e solidarietà, il mondo verghiano finisce per essere guidato solo da una vorace logica 183

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi