Il tesoro della letteratura - volume 3

Giovanni Verga La malattia e la morte di Ranocchio 320 325 330 335 340 345 350 355 Da lì a poco, Ranocchio il quale deperiva da qualche tempo, si ammalò in modo che la sera dovevano portarlo fuori dalla cava sull asino, disteso fra le corbe,86 tremante di febbre come un pulcin bagnato. Un operaio disse che quel ragazzo non ne avrebbe fatto osso duro87 a quel mestiere, e che per lavorare in una miniera senza lasciarvi la pelle bisognava nascervi. Malpelo allora si sentiva orgoglioso di esserci nato e di mantenersi così sano e vigoroso in quell aria malsana, e con tutti quegli stenti. Ei si caricava Ranocchio sulle spalle, e gli faceva animo alla sua maniera, sgridandolo e picchiandolo. Ma una volta nel picchiarlo sul dorso Ranocchio fu colto da uno sbocco di sangue,88 allora Malpelo spaventato si affannò a cercargli nel naso e dentro la bocca cosa gli avesse fatto, e giurava che non avea potuto fargli quel gran male, così come l aveva battuto, e a dimostrarglielo, si dava dei gran pugni sul petto e sulla schiena con un sasso; anzi un operaio, lì presente, gli sferrò un gran calcio sulle spalle, un calcio che risuonò come su di un tamburo, eppure Malpelo non si mosse, e soltanto dopo che l operaio se ne fu andato, aggiunse: «Lo vedi? Non mi ha fatto nulla! E ha picchiato più forte di me, ti giuro! . Intanto Ranocchio non guariva e seguitava a sputar sangue, e ad aver la febbre tutti i giorni. Allora Malpelo rubò dei soldi della paga della settimana, per comperargli del vino e della minestra calda, e gli diede i suoi calzoni quasi nuovi che lo coprivano meglio. Ma Ranocchio tossiva sempre e alcune volte sembrava soffocasse, e la sera non c era modo di vincere il ribrezzo89 della febbre, né con sacchi, né coprendolo di paglia, né mettendolo dinanzi alla fiammata.90 Malpelo se ne stava zitto ed immobile chino su di lui, colle mani sui ginocchi, fissandolo con quei suoi occhiacci spalancati come se volesse fargli il ritratto,91 e allorché lo udiva gemere sottovoce, e gli vedeva il viso trafelato e l occhio spento, preciso come quello dell asino grigio allorché ansava rifinito sotto il carico nel salire la viottola, ei gli borbottava: « meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire in tal modo, è meglio che tu crepi! . E il padrone diceva che Malpelo era capace di schiacciargli il capo a quel ragazzo, e bisognava sorvegliarlo. Finalmente un lunedì Ranocchio non venne più alla cava, e il padrone se ne lavò le mani, perché allo stato in cui era ridotto oramai era più di impiccio che d altro. Malpelo si informò dove stesse di casa, e il sabato andò a trovarlo. Il povero Ranocchio era più di là che di qua, e sua madre piangeva e si disperava come se il suo figliolo fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana. Cotesto non arrivava a comprendere Malpelo, e domandò a Ranocchio perché sua madre strillasse a quel modo, mentre che92 da due mesi ei non guadagnava nemmeno quel che si mangiava. Ma il povero Ranocchio non gli dava retta e sembrava che badasse a contare quanti travicelli c erano sul tetto.93 Allora il Rosso si diede ad almanaccare94 che la madre di Ranocchio strillasse a quel modo perché il suo figliuolo era sempre stato debole e malaticcio, e l aveva tenuto come quei marmocchi che non si slattano95 mai. Egli invece era stato sano e robusto, ed era malpelo, e sua madre non aveva mai pianto per lui perché non aveva mai avuto timore di perderlo. Poco dopo, alla cava dissero che Ranocchio era morto, ed ei pensò che la ci- 86 corbe: ceste, sinonimo di corbelli. 87 non duro: non si sarebbe abituato. 88 sbocco di sangue: è un sintomo tipico 89 ribrezzo: brivido. 90 fiammata: fuoco del camino. 91 come se ritratto: nell inciso si mani- della tubercolosi, conseguenza della vita malsana nella cava e della malnutrizione. festano i giudizi corali degli altri cavatori. 92 mentre che: sebbene. 93 quanti tetto: modo di dire che signi- fica stare a letto a oziare . 94 almanaccare: immaginare. 95 slattano: svezzano. 171

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi