Il tesoro della letteratura - volume 3

Glossario solo formano il quinario doppio, usato anche come metro barbaro per imitare il falecio latino. Esempio: «Mentre ne càlici / il vin scintìlla / si come l ànima / ne la pupìlla (G. Carducci, A Satana, vv. 5-6); «in questo giòrno [ ] di castagnètte (E. Montale, Arsenio, vv. 7 e 11). R Rima Identità fonetica nella terminazione di due o più parole, a partire dalla vocale tonica, particolarmente percepibile qualora tali parole si trovino a breve distanza in un testo in prosa o in fine di verso in testi poetici. Fanno r. o sono in r. vocaboli come testo : manifesto (r. piana, perché fra parole piane), virtù : tribù (r. tronca), veicolo : ridicolo (r. sdrucciola), biasimano : spasimano (r. bisdrucciola): queste coppie illustrano la r. perfetta. Quando l identità fonetica dalla tonica in poi non è assoluta, si ha una r. imperfetta, come nel caso dell assonanza o della consonanza . In un componimento poetico le rime vengono identificate a seconda della loro disposizione in una sequenza di versi; i tipi di disposizione fondamentali sono: r. baciata, quando procede per coppie (AABB); rima alternata, se le rime si alternano (ABAB); r. incrociata, se una coppia abbraccia un altra coppia (ABBA o ABA.ABA); r. invertita, se più sequenze si presentano con i componenti disposti in ordine inverso (ABC.CBA); r. ripetuta o replicata, quando i componenti di diverse sequenze rimano nello stesso ordine (ABC.ABC); r. incatenata, come nella terzina dantesca, che ha schema ABA.BCB.CDC.DED. Ripresa In musica e nella poesia destinata originariamente a essere cantata (per es., la ballata ecc.), ripetizione di una parte della composizione. chiamata anche ritornello o refrain. S Sdrucciolo In linguistica, che ha l accento sulla terzultima sillaba (it. ésile). Versi s.; endecasillabi , settenari , ottonari s. sono quelli che, terminando con parola s., hanno 12 sillabe invece che 11, 8 invece che 7 e così via; ottave s., composte di versi sdruccioli. Esempi: «Canta la gioia! Io voglio cingerti / di tutti i fiori perché tu celebri/ la gioia (G. d Annunzio, Canta la gioia!, vv. 1-3); « il segno d un altra orbita: tu seguilo (E. Montale, Arsenio, v. 12). Senario Verso composto di 6 sillabe metriche, con accento principale fisso sulla 5ª sillaba; compare per lo più accostato ad altri versi. S. doppio o accoppiato è detto il verso costituito da due emistichi di 6 sillabe metriche ciascuno, separati da una cesura fissa, chiamato anche dodecasillabo. Esempi: «Taci. Su le s glie / del bosco non do (G. d Annunzio, La pioggia nel pineto, vv. 1-2); «verrà se resìsto / [ ], / verrà d improvvìso (C. Rebora, Dall imagine tesa, vv. 15-17). Sestina Forma particolare della canzone, formata nel suo schema tipico da 6 stanze di 6 endecasillabi ciascuna, con un congedo di 3 endecasillabi; ogni stanza si collega alla precedente ripetendo, nel primo verso, la parola-rima con cui quella termina, mentre i versi successivi riprendono anch essi, con ordine variato, le medesime rime della prima stanza, per cui le parole in rima sono in totale soltanto sei; nel congedo è seguito lo stesso criterio, ma con qualche varietà nell alternanza delle parole-rime. Nella poesia italiana la sestina fu dapprima adottata da Dante sul precedente esempio di Arnaut Daniel; è poi presente otto volte nel Canzoniere di Petrarca, e ciò spiega la sua frequenza nei poeti petrarchisti; andata in disuso nel Sei e Settecento, verrà ripresa da poeti moderni, tra i quali Carducci e d Annunzio. Genericamente, strofa di 6 versi, che possono essere tutti uguali (endecasillabi, decasillabi , settenari ), oppure endecasillabi alternati a settenari ecc. In senso stretto, strofa formata di 6 endecasillabi, dei quali i primi 4 a rime alternate e i 2 finali a rima baciata. Settenario Verso composto di 7 sillabe metriche, con accento principale fisso sulla 6ª e uno o due altri su una delle prime 4 sillabe, da cui una grande varietà di armonia. Prevale il ritmo giambico, con accenti sulla 2ª, 4ª e 6ª sillaba. Esempio: «Sazia d erba, bagnàta / dalla pioggia, belàva (U. Saba, La capra, vv. 3-4). il verso più usato dopo l endecasillabo , per lo più congiunto a questo e al quinario in varie forme strofiche. Similitudine Figura retorica che mira a chiarire (logicamente o fantasticamente) un concetto presentandolo in parallelismo e in paragone con un altro, mediante la congiunzione come o i nessi così come , tale quale , come tale ecc.; può avere forma estesa, e in tal caso consta di una prima parte in cui si descrive la cosa presa come confron- to, e di una seconda parte in cui si passa all applicazione. Esempio: «Come la luce rapida / piove di cosa in cosa, / e i color vari suscita / dovunque si riposa; / tal risonò moltiplice / la voce dello Spiro (A. Manzoni, Pentecoste, vv. 41-46). Oppure può risolversi tutta nel giro di una frase (per es., fu trattato come un cane ); in forma ancora più concentrata si riduce alla metafora , mentre la soppressione del come o di ogni altro nesso, cioè l identificazione di un termine con l altro, dà luogo all analogia . Esempio: «con tortiglioni neri di fumo, questo però pecioso e crasso come d un arrosto infernale [ ] o intrefolarsi come un pitone nero su di se stesso (C.E. Gadda, Accoppiamenti giudiziosi, L incendio di via Keplero). Sineddoche Figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo avere mentalmente associato due realtà differenti ma dipendenti o contigue logicamente o fisicamente, si sostituisce la denominazione dell una a quella dell altra. La relazione tra i due termini coinvolge aspetti quantitativi, cioè i rapporti parte-tutto (una vela per la barca), singolare-plurale (lo straniero per gli stranieri), genere-specie (i mortali per gli uomini), materia prima-oggetto prodotto (un bronzo per una scultura in bronzo). Esempi: «Quando vi mettete a fare tutti quei figliuoli non ci pensate che son tante bocche che mangiano? (G. Verga, Il reverendo); «con la congestione / delle sue mani (G. Ungaretti, Veglia, vv. 8-9). Sinestesia Nel linguaggio della stilistica e della semantica, particolare tipo di metafora per cui si uniscono in stretto rapporto due parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse (colore squillante, voce calda); quando l accostamento tende a ripetersi (per contingenze storicoculturali e stilistiche) può determinarsi un mutamento semantico e nascere una nuova accezione della parola (il latino clarus, etimologicamente appartenente alla sfera sensoriale auditiva, è passato alla sfera visiva sia nel latino classico sia nelle lingue romanze, dove, a partire dal linguaggio musicale, ha nuovamente assunto un accezione acustica, come in suoni chiari , voce chiara ). Esempi: «Fresche le mie parole ne la sera (G. d Annunzio, La sera fiesolana, v. 1); «Ascolta tra i palmizi il getto tremulo / dei violini (E. Montale, Arsenio, vv. 24-25). 1293

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi