Il tesoro della letteratura - volume 3

Glossario ti o contigue logicamente o fisicamente, si sostituisce la denominazione dell una a quella dell altra. Costituiscono relazioni di contiguità i rapporti causa-effetto (sotto la specie autore-opera, leggere Verga, cioè le opere scritte da Verga), contenente-contenuto (bere un bicchiere), qualità-realtà caratterizzata da tale qualità ( punire la colpa e premiare il merito , cioè punire i colpevoli e premiare i meritevoli); simbolo-fenomeno (il discorso della corona, cioè il discorso del re o della regina), materia-realtà composta di tale materia (un concerto di ottoni, strumenti fatti d ottone). Si distingue tra m. in cui le realtà associate hanno una relazione di tipo qualitativo e sineddoche , in cui la relazione è di tipo quantitativo. Esempi: «In quel silenzio di chiostro e di caserma (G. Gozzano, Totò Merùmeni, v. 14: chiostro per convento ); «e l ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti (D. Campana, La Chimera, v. 30: lavoro umano per uomini al lavoro ). Mimesi Il termine viene usato soprattutto nel linguaggio filosofico, dove acquista importanza con Platone, il quale con esso designa la somiglianza delle cose sensibili alle idee; nella concezione platonica dell arte, la m. è da condannare perché, imitando le cose, che a loro volta sono copia delle idee, si allontana tre volte dal vero. Nell estetica aristotelica, m. acquista un significato positivo, come imitazione della forma ideale della realtà, per cui l operare dell artista diventa simile all operare della natura. Ripreso nella critica letteraria contemporanea, il termine indica generalmente la rappresentazione di una realtà ambientale, sociale, culturale ecc., attuata perseguendo a vari livelli (ideologico, stilistico, documentario ecc.) l obiettivo di una riproduzione il più possibile realistica e impersonale di tali realtà. Nella più stretta accezione narratologica indica la parte del racconto in cui è preponderante la forma drammatica, limitando al minimo l intervento del narratore, in opposizione alla diegesi . Monologo interiore Tecnica narrativa largamente impiegata nella letteratura del Novecento mediante la quale il lettore viene introdotto direttamente nella vita interiore del personaggio, di cui sono registrati in prima persona, e senza alcun commento dell autore, pensieri, reazioni, impressioni, ricordi, libere associazioni di idee, così come si presentano alla sua mente, in una sor- ta di autoanalisi continuata. Spesso assimilato al flusso di coscienza, il m. interiore se ne distingue in genere per il carattere meno alogico e disordinato, che si traduce in un maggior controllo linguistico e sintattico. Esempio: «Eppure vado ad uccidere un uomo [ ] ucciderlo così senza troppo rumore così ecco: mirare al petto egli cade cade in terra mi chino, senza far rumore, con lentezza lo finisco [ ] Bisognerebbe ucciderlo senza accorgersene (A. Moravia, Gli indifferenti, cap. 15). N Narratore onnisciente La voce narrante, che narra e racconta il susseguirsi degli eventi della storia, è onnisciente quando è esterna alla vicenda e si pone come un osservatore al di sopra delle parti, una voce fuori campo che conosce ogni cosa più dei personaggi stessi. Il narratore onnisciente è a conoscenza di tutto, delle loro azioni, dei loro pensieri, dei loro sentimenti, degli eventi passati come di quelli presenti e futuri, e nel raccontarli non tralascia di esprimere valutazioni e giudizi propri. Novenario Nella metrica italiana, verso che ha come ultima posizione tonica l ottava. Fu usato raramente nell antica poesia (Dante lo considerò come un metro estraneo alla lir ca), pur conoscendo una certa diffusione sostenuta dall imitazione dell octosyllabe francese e provenzale. Ottenne maggiore fortuna nella poesia moderna, a partire da G. Pascoli e G. d Annunzio. Esempi: «Le stelle lucevano rare / tra mezzo alla nebbia di latte (G. Pascoli, L assiuolo, vv. 9-10); «sull umida conca non porta [ ] che gemiti d oche e un interno (E. Montale, Dora Markus, vv. 38-40). O Ode Componimento lirico, di varia forma metrica e strofica e di vario contenuto, ma prevalentemente morale, civile e amoroso, per lo più di tono elevato; nato in Grecia come componimento musicale, tipico della lirica dorica ed eolica, si stacca dalla musica in epoca alessandrina e poi romana, e riappare nella letteratura italiana dall età rinascimentale in poi, con struttura metrica mai fissa, ma comunque sempre ispirata ai modelli classici. Onomatopea In linguistica, modo di arricchimento delle capacità espressive della lingua mediante la creazione di elementi lessicali che vogliono suggerire acusticamente, con l imitazione fonetica, l oggetto o l azione significata; può consistere in un gruppo o in una successione di gruppi fonici (brrr, crac, bau bau, tic tac), in una serie di sillabe in unità grafica (patapùm, chicchirichì), o anche in una successione di più complesse unità ritmiche (costituendo in tal caso un accorgimento retorico detto armonia imitativa). La serie fonica, la parola o la locuzione formate in seguito a tale procedimento subiscono talvolta un completo adattamento grammaticale, con l aggiunta di desinenze e suffissi che le rendono elementi stabili del lessico della lingua (così bisbigliare , chioccolare , tintinnio ecc.). Ossimoro Figura retorica che consiste nell unione sintattica di due termini contraddittori, in modo tale che si riferiscano a una medesima entità. L effetto che si ottiene è quello di un paradosso apparente. Esempi: « s ostina in cielo un sole / freddoloso (E. Montale, Ti libero la fronte dai ghiaccioli, vv. 6-7); «il petto le si gonfiava / timido, e le si riabbassava, / quieto nel suo tumultuare (G. Caproni, La gente se l additava, vv. 7-9). Ottava Nella metrica, strofa di 8 endecasillabi , di cui i primi 6 a rima alternata e i 2 ultimi a rima baciata: derivata secondo alcuni dallo strambotto siciliano, secondo altri dalla stanza della ballata o della canzone, comparve nella poesia religiosa e giullaresca sulla fine del XIII sec. e venne usata dal Boccaccio per la poesia narrativa, di cui restò il metro caratteristico: poema in ottave (o anche in ottava rima). Talvolta, più in particolare, con riferimento al modo in cui la strofa stessa è trattata dall uno o dall altro poeta da cui è stata usata: l o. di Poliziano, dell Ariosto, del Tasso. Ottonario Nella metrica italiana, verso composto di 8 posizioni metriche , con gli accenti principali sulla 3ª e 7ª sillaba. Adoperato fin dalle origini della nostra letteratura, l o. rimase in voga fino a tutto il XV sec.; nel Novecento fu utilizzato da G. Pascoli, che sperimentò anche schemi inconsueti. Esempi: «Su l castèllo di Ver na / batte il s le a mezzogi rno (G. Carducci, Rime nuove, 76, 1-2); «Qui forse potrei scrivere: / potrei forse anche vivere (G. Caproni, Su cartolina, vv. 14-15). 1291

Il tesoro della letteratura - volume 3
Il tesoro della letteratura - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi