T11 - Il passero solitario

Giacomo Leopardi Canti ¥ T 11 ¥ Il passero solitario Canti, 11 La consapevole solitudine del poeta Composta probabilmente nel 1829 (ma alcuni critici la datano dopo il 1831), nell edizione napoletana dei Canti del 1835 questa lirica verrà posta da Leopardi come premessa ai piccoli idilli scritti tra il 1819 e il 1821, forse perché a quegli anni risale la sua prima ideazione. Osservando il comportamento di un uccellino schivo e solitario, il poeta riflette sulla propria diversità rispetto ai coetanei. METRO Canzone libera composta da 3 strofe, di diversa misura, formate da endecasillabi e settenari, liberamente distribuiti. 10 15 20 25 La condizione del passero Oimè, quanto somiglia al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, della novella età dolce famiglia, e te german di giovinezza, amore, sospiro acerbo de provetti giorni, non curo, io non so come; anzi da loro quasi fuggo lontano; quasi romito, e strano al mio loco natio, passo del viver mio la primavera. La condizione del poeta 1 torre antica: il campanile della chiesa di Sant Agostino a Recanati. 3 cantando vai: il vai conferisce valore durativo al verbo cantare . Vi si coglie un eco petrarchesca («Vago augelletto che cantando vai , Canzoniere, 353, v. 1). 1-16 Dalla cima dell antica torre, passero solitario, continui a cantare rivolto verso la campagna fino al tramonto (finché non more il giorno); e il suono del tuo canto (l armonia) si diffonde (erra) in questa vallata. Intorno, la primavera risplende nell aria e nei campi è nel suo pieno rigoglio (esulta), a tal punto che a vederla il cuore si commuove. Si sentono greggi belare, mandrie (armenti) muggire; gli altri uccelli, felici, tutti insieme a gara fanno mille giri nel cielo sereno (libero), anch essi (pur) intenti a festeggiare il periodo migliore della loro vita: tu, invece, pensieroso osservi in disparte tutto ciò che ti circonda; non ti curi (non ti cal) dei compagni, dei voli, di manifestare allegria, eviti i divertimenti (schivi gli spassi); canti e così trascorri l epoca migliore (il più bel fiore) dell anno e della tua vita. PARAFRASI 5 D in su la vetta della torre antica, passero solitario, alla campagna cantando vai finché non more il giorno; ed erra l armonia per questa valle. Primavera dintorno brilla nell aria, e per li campi esulta, sì ch a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti; gli altri augelli contenti, a gara insieme per lo libero ciel fan mille giri, pur festeggiando il lor tempo migliore: tu pensoso in disparte il tutto miri; non compagni, non voli, non ti cal d allegria, schivi gli spassi; canti, e così trapassi dell anno e di tua vita il più bel fiore. 17-44 Ahimè, quanto il tuo modo di vivere (costume) è simile al mio! Io non cerco (non curo), non so come ciò sia possibile, il piacere e il divertimento, dolci compagni della giovane età, né te, amore, fratello (german) della giovinezza, che sarai un rimpianto amaro (sospiro acerbo) nei giorni dell età matura (provetti giorni); anzi quasi scappo lontano da loro; quasi solitario (romito) ed estraneo (strano) al luogo in cui sono nato, passo la primavera della mia vita. 7 core: è soggetto di intenerisce, usato in senso intransitivo. 8 Odi: è usato impersonalmente nel senso di si odono (come anche ai vv. 29 e 30). 12 miri: contempli, osservi. Il passero, pensoso in disparte, viene umanizzato per pre- parare la successiva identificazione tra la sua condizione e quella del poeta. 21 provetti: latinismo, da provectus, che è in età avanzata . 25 al mio loco natio: Recanati. 26 la primavera: la giovinezza. 947

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento