I “grandi idilli” (1828-1830)

Giacomo Leopardi Canti in sintesi Nei cinque piccoli idilli (L infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria) il linguaggio è lirico, si accentua la musicalità del verso e trova espressione la poetica del vago e dell indefinito, cara all autore. Una poesia più personale I piccoli idilli sono cinque: L infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria. Leopardi non fa più riferimento alla Storia o ai miti della tradizione classica, ma privilegia lo scorrere libero della propria immaginazione, con cui esplora lo spazio dell interiorità, sperimentando un linguaggio lirico nuovo, basato sulla musicalità del verso e sulla poetica del vago e dell indefinito ( p. 894). Abbandonando la solennità delle canzoni, egli sviluppa una sorta di mitologia personale , che non attinge a reminiscenze letterarie, ma si alimenta grazie al ricordo, al vagheggiamento dell amore, all amarezza del disincanto, alle sensazioni che spaziano oltre il limite del conoscibile. I grandi idilli (1828-1830) Dopo una pausa di cinque anni, in cui si dedica alla scrittura delle Operette morali e di due sole poesie, Alla sua donna e Al conte Carlo Pepoli, Leopardi compone sette nuovi idilli, detti grandi idilli o canti pisanorecanatesi (1828-1830): Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e Il passero solitario. Il pessimismo cosmico informa la poesia dei grandi idilli : il tono è ora distaccato, la ribellione giovanile cede il posto a una razionale disillusione, a una consapevolezza superiore della condizione umana che placa la disperazione. La rievocazione del passato, con il suo carico di illusioni, sogni e speranze, non ha più nulla di emozionante o consolatorio. La ragione è intervenuta a dissipare quelli che erano solo miti e fantasie e a riconoscere come verità universale l infelicità di ogni essere umano. La pausa poetica Tra i piccoli idilli e i grandi idilli c è una parentesi quinquennale (che va dal 1823 al 1827 e che corrisponde al soggiorno a Bologna, Milano e Firenze), fatta di studi e approfondimenti filosofici: è infatti il periodo in cui Leopardi scrive gran parte delle Operette morali. In questi anni il poeta compone soltanto due liriche: la canzone Alla sua donna (1823), incentrata sul tramonto della speranza amorosa, e l epistola in versi Al conte Carlo Pepoli (1826), in cui dichiara di rinunciare alle illusioni, con il proposito di dedicarsi allo studio del «vero . Il ritorno dell ispirazione Il ritorno alla poesia avviene nel 1828 e dà origine ai sette grandi idilli , detti anche canti pisano-recanatesi : Il risorgimento (la lirica che Leopardi definì «la mia personale risurrezione alla poesia ), A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e Il passero solitario, che nell edizione napoletana del 1835 verrà premesso dall autore ai piccoli idilli . Il superamento delle tonalità tragiche Tornano ora l impostazione strutturale e le modalità espressive dei piccoli idilli : tuttavia il poeta appare meno coinvolto dalla realtà immediata, dalla quale si distacca attraverso la riflessione filosofica, che lo conduce definitivamente al materialismo e all elaborazione del pessimismo cosmico . La dolcezza dei ricordi, delle fantasie e dei sogni giovanili è ora fortemente temperata dall amaro distacco determinato dalla ragione, che sfata miti e illusioni: il dolore e l infelicità sono condizioni inevitabili della vita umana. Scompaiono i toni tragici, le ribellioni, gli accenti di rivolta, lo sdegno, i fremiti, mentre emerge uno stato d animo che medita con ferma lucidità sul tradimento della natura, «matrigna indifferente alla sorte dei suoi figli. Persino la disperazione appare lucida e serena. La centralità della memoria e il paesaggio del dolore In queste poesie affiorano soprattutto il triste ricordo delle cose passate, la rievocazione della giovinezza ormai tramontata, la desolata nostalgia di una felicità perduta, la caduta di sogni e sentimenti dispersi dall «arido vero . L avventura dell immaginazione, sfrenata nei piccoli idilli giovanili, è ora sostituita dall oggettività di una voce matura, che abbandona i sogni dell adolescenza per esprimere una verità universale. La meditazione filosofica scaturisce però spesso dall esperienza personale, dall evocazione iniziale di un luogo reale o di una situazione familiare: il passero che canta sulla torre della chiesa di Sant Agostino a Recanati, la giovinetta che tesse e canta, le stelle che scintillano, il sabato sera, un temporale, la vista della luna come sospesa nel cielo, solo per fare alcuni esempi. Il poeta, tornato per l ultima volta a Recanati, osserva la realtà dell ambiente dove era stato felice in quanto inconsapevole delle dure leggi della vita, mentre ora può comparare le illusioni di un tempo con l esperienza degli anni. Il «natio borgo selvaggio è il microcosmo in cui il poeta ha potuto inaugurare la propria riflessione sul male che non conosce eccezioni: con il Canto notturno di un pastore errante dell Asia, 937

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento