Il tesoro della letteratura - volume 2

Il primo Ottocento di dai nobili del Seicento, perfetti rappresentanti di un epoca caratterizzata dal dilagare della violenza e dal gusto dell esibizione sfarzosa. A questo preciso ritratto Manzoni aggiunge una digressione storica, che spiega la presenza di questi individui nella società lombarda del XVII secolo, e nel contempo accresce la suspense nel lettore, impaziente di scoprire cosa ci stiano a fare, in una stradicciola di campagna. Quando si ritorna alla narrazione il punto di vista è sempre quello di don Abbondio, che si rende conto di essere atteso. I due si guardano fra loro e gli si fanno incontro. Il parroco si guarda intorno ma non ha vie d uscita, né persone alle quali chiedere aiuto. disarmato e solo, come rimarca la triplice anafora di nessuno (rr. 104, 105, 106). Decide allora di affrettare il passo, e dissimulare la paura che lo pervade. Il tradimento di un prete pavido La tensione descrittiva 826 Ci siamo (r. 112), dice mentalmente don Abbondio quando si trova di fronte i due bravi. Ci siamo , potrebbe ripetere il lettore, che si trova di fronte al momento chiave del romanzo, in cui l ingiustizia dei tempi si concretizza in un episodio preciso. Inizia infatti un dialogo nel quale compare l ostacolo che mette in moto la vicenda: i bravi gli vietano di celebrare le nozze fra i due promessi sposi, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella (questo matrimonio non s ha da fare, né domani né mai, r. 124). Il parroco non si ribella, né difende i diritti dei due malcapitati, anzi li accusa di aver fatto i loro pasticci (r. 121) senza pensare a nient altro. Subito dopo precisa di non avere alcun interesse materiale nella questione: a me non me ne vien nulla in tasca (rr. 127-128). Affiora così il carattere vigliacco e volgare di don Abbondio, in dubbio sul da farsi, come evidenzia la frequenza di frasi lasciate a mezzo e chiuse con i puntini, che troviamo nelle battute dei bravi solo per intimidire: Uomo avvertito (r. 130). I due sgherri ricorrono piuttosto a frasi esclamative. L uno apre la bocca per sbraitare bestemmie e minacce, l altro sprezzante e sarcastico porge un saluto per conto dell illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone (r. 138). Don Abbondio capisce al volo, e si profonde in un inchino istintivo al mandante, un pericoloso signorotto locale che conosce di fama. Il dialogo, iniziato con un formale cosa comanda? (r. 114), si conclude con una professione di ubbidienza che lascia soddisfatti i bravi. Le figure sacre del tabernacolo sono testimoni del tradimento di don Abbondio, che invece di restare fedele ai doveri imposti dal suo ruolo si piega alla legge della violenza. Questo parroco, commenta poco oltre il narratore con un ironica litote, «non era nato con un cuore di leone . Le scelte stilistiche Lo scenario della vicenda, nei primi capitoli dei Promessi sposi, è il pittoresco paesaggio dei borghi sul versante orientale del lago di Como, stretti fra l acqua e le montagne. Dove terminano golfi e insenature, le sponde si stringono e sorge il ponte di Lecco: là punta lo sguardo del narratore, che percorre minuziosamente il panorama dall alto, quasi fosse in volo, o lo esaminasse su una carta geografica dettagliata; poi si distanzia, sino a immaginare un osservatore che da Milano riconosca l inconfondibile profilo frastagliato del Resegone. Ma subito la prospettiva si riavvicina e mette a fuoco la città di Lecco, precisando che la storia si svolge in tempi lontani, quando la Lombardia era sotto il giogo degli spagnoli, sui quali viene espresso un giudizio fortemente negativo. Emerge così il tema dell ingiustizia, che sarà cruciale nel romanzo, temperato spesso dall ironia, come avviene già qui, quando si dice che i soldati insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento