Silvio Pellico

Il primo Ottocento in sintesi Silvio Pellico La vita Pellico nasce nel 1789 a Saluzzo in una modesta famiglia perbenista. Il trasferimento a Lione per completare gli studi gli permette di entrare in contatto con un ambiente più dinamico e stimolante. A Milano frequenta diversi intellettuali, tra cui Monti e Foscolo, intraprende l attività letteraria e diventa redattore della rivista Il Conciliatore . Entra a far parte della Carboneria e per questo verrà condannato a vent anni di carcere nella fortezza dello Spielberg. Nel 1830 termina la sua prigionia e Pellico può rientrare a Torino. Nel 1832 pubblica Le mie prigioni. Muore a Torino nel 1854. Gli anni della formazione Silvio Pellico nasce a Saluzzo, in Piemonte, nel 1789. Di famiglia modesta, trascorre l infanzia e i primi anni dell adolescenza tra Pinerolo e Torino, in un ambiente di saldi princìpi religiosi ma profondamente arretrato. Inviato a Lione nel 1806 presso un parente agiato per completare la sua formazione, entra in contatto con un contesto sociale e culturale dinamico, segnato dall eredità dell Illuminismo e della Rivoluzione francese. Rinnovato così il proprio bagaglio culturale, una volta richiamato dal padre a Milano nel 1809, vi giunge pronto a inserirsi nei circoli intellettuali più avanzati della città. Letterato e patriota Stringe rapporti, tra gli altri, con Vincenzo Monti e soprattutto con Ugo Foscolo. Inizia negli stessi anni la sua attività di letterato, di poeta e di drammaturgo. Dal 1816 è precettore nella casa del conte Luigi Porro Lambertenghi, che diventa la sede della rivista Il Conciliatore (che inizia le pubblicazioni nel 1818), di cui Pellico è instancabile redattore. Dopo appena un anno il giornale viene soppresso dalla polizia austriaca. Pellico, per il tramite di Piero Maroncelli, nel 1820 si affilia alla Carboneria. Nell ottobre dello stesso anno una cospirazione della società segreta viene scoperta e lo scrittore è processato e, insieme a Maroncelli, condannato a morte, pena poi commutata in vent anni di carcere duro da scontare nella fortezza boema dello Spielberg. La detenzione si protrae in realtà fino al 1830, quando gli vengono condonati gli ultimi anni di pena. Gli ultimi anni Tornato a Torino, assai provato dalle sofferenze fisiche e morali, pubblica nel 1832 un resoconto della sua carcerazione, Le mie prigioni. Negli anni successivi continua ancora a scrivere e a pubblicare, ma in una progressiva involuzione di temi e contenuti. Il nuovo atteggiamento di Pellico suscita le opposte diffidenze dei cattolici conservatori e dei liberali più accesi: i rapporti con questi ultimi si raffreddano ulteriormente quando diventa amico e poi anche segretario dei marchesi di Barolo, considerati reazionari. Trascorre gli ultimi anni amareggiato dalle incomprensioni. Muore a Torino nel 1854. Le opere Le prime opere letterarie di Pellico sono due tragedie, Laudamia e Francesca da Rimini, quest ultima di grande successo. Negli ultimi anni, invece, pubblicherà I doveri degli uomini, libro educativo di argomento religioso. Le mie prigioni è un libro di memorie che, per quanto incentrato sul tema etico della religione quale conforto nella sventura, è diventato un simbolo del patriottismo contro la dominazione austro-ungarica. 744 La produzione minore Gli esordi letterari di Pellico avvengono nel campo della drammaturgia, in cui è autore di due tragedie di grande successo, Laudamia (1813) e soprattutto Francesca da Rimini (1815), che resterà applauditissima sulle scene per oltre mezzo secolo. Quando nel 1816 divampa la polemica tra Classicisti e Romantici, Pellico si schiera con questi ultimi. Tornato a Torino dopo il periodo della prigionia, oltre a Le mie prigioni (1832) pubblica nel 1834 un trattato di morale religiosa dal titolo I doveri degli uomini, che avrà larga diffusione come libro di edificazione spirituale e come testo scolastico. Nel 1837 pubblica invece due volumi di Poesie inedite (anch esse per lo più di argomento religioso). Le mie prigioni Tuttavia la fama di Pellico oggi è dovuta principalmente, se non esclusivamente, al libro di memorie Le mie prigioni (1832), il più celebre documento della letteratura italiana patriottica dell Ottocento. La fortuna dell opera fu immediata ed estesa, in tutta Europa e perfino oltreoceano. Di famiglia religiosissima, Pellico in gioventù si era allontanato dalla fede, per tornarvi poi negli anni del carcere: e difatti scrive le sue memorie di prigionia allo scopo di dimostrare, con il suo esempio, di quale conforto sia la religione nella sventu-

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento