Lo “sdegno” come chiave di lettura della Vita di Nicola

Il Settecento LETTURE critiche Lo sdegno come chiave di lettura della Vita di Nicola Gardini Tensione antitirannica, temperamento sdegnoso, ricerca letteraria e culto dei classici convivono nella complessa personalità di Alfieri, che lo studioso Nicola Gardini (n. 1965) ricostruisce superando i tradizionali clich interpretativi. Con questa autobiografia (composta nel 1790, ripresa e integrata nel 1798, ricopiata nel 1803 e pubblicata postuma nel 1804) il maggiore tragediografo italiano offre una descrizione del suo carattere e ripercorre le tappe della sua carriera artistica, suddividendo la narrazione in quattro «epoche : la puerizia, l adolescenza, la giovinezza e la virilità. Agli studiosi della parabola alfieriana la Vita offre un dettagliato quadro cronologico, che permette di ordinare in fasi e momenti precisi il farsi dell opera drammatica; al «lettore semplice il ritratto di un piemontese di genio che per destino ha il continuo viaggiare e nello studio della grande letteratura trova la sua ragion d essere. Il protagonista del racconto è un irrequieto aristocratico che grazie ai soldi di famiglia può fin da giovane permettersi di saltare da un paese all altro (i più frequentati l Inghilterra e la Francia), imparando idiomi e costumi stranieri; e che, senza mai smettere di girovagare, a un certo punto comincia a mettere radici nella lettura dei classici. La scoperta della vocazione letteraria non è precoce; né lo è l effettivo esercizio del comporre. Alfieri non si presenta certo come un enfant prodige o un predestinato all arte della poesia. Anzi, non la smette di fustigare la sua ignoranza giovanile pure della lingua italiana l ammirato toscano e, anche quando la sua attività di scrittore si è pienamente sviluppata, continua a considerare prioritaria per lui l istruzione rispetto all esercizio creativo («dovendo lasciare, o le mie cose, o lo studio, senza dubbio lascio le mie , IV, xxvii). La Vita, in sostanza, mette in scena la formazione letteraria di un grande europeo: uno che ha contrastato l inevitabile provincialismo delle sue origini italiane e l autodistruzione cui lo portava la sua indole sfrenata con un caparbio, sempre più efficiente studio della lingua e della letteratura. Facilmente di questo bel libro si sono messi e ancora si potrebbero mettere in evidenza la rappresentazione psicofisica dell uomo: la sua irruenza, il suo fastidio dell ipocrisia e del servilismo, la sua isterica passionalità, il suo orgoglio, il suo narcisismo, la sua passione per i cavalli, le sue sofferenze amorose, le sue malattie; insomma, tutti quei tratti e vezzi da «eroe romantico che Alfieri stesso ha grande interesse ad attribuirsi. Io, mettendo da parte il romanzo psicologico e sentimentale, che pure ancora appassiona e convince, vorrei insistere sull aspetto «educativo della Vita: cioè sull immagine dell uomo che impara; l autodidatta, che, mosso unicamente da un suo fuoco, si costringe a leggere; il fiero anticonformista che, quando, a Parigi, gli si offre l occasione di incontrare Rousseau, sceglie di ritirarsi nella biblioteca dei suoi adorati autori italiani, preferendo il confronto con la tradizione al commercio con i contemporanei. Di pagina in pagina la Vita racconta lo sviluppo di una faticosa, metodica formazione letteraria, che parte dallo studio degli italiani, passa a quello degli autori latini e culmina nell apprendimento del greco antico e nella scoperta della Bibbia. La Vita è un atto di fede nel valore della letteratura, tra i maggiori che si siano mai pronunciati; e, come atto di fede, tanto maggiore si rivela quando consideriamo che il fedele non è un accademico, 464

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento