T4 - Todero: il vincitore sconfitto (Sior Todero brontolon)

Carlo Goldoni in sintesi Il dialetto come strumento realistico Il ricorso al dialetto veneziano si spiega proprio in relazione a questo principio di verosimiglianza, che in alcuni casi porta Goldoni a sacrificare la fruibilità delle sue commedie da parte di un pubblico non veneziano per esaltare l effetto realistico della lingua. Il dialetto veneziano è utilizzato sia in concomitanza con l italiano, per caratterizzare i personaggi del popolo o le maschere più tradizionali (come Arlecchino), sia come lingua esclusiva di alcune commedie (I rusteghi, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte). Si tratta di una scelta meditata e non caricaturale, compiuta per dare forza e credibilità all intento mimetico che la riforma goldoniana si propone. Il dialetto, infatti, esprime perfettamente la concretezza delle esperienze quotidiane, rende con immediatezza sentimenti e riflessioni, fa scaturire la comicità dalla semplicità e dall istintività delle reazioni. Non a caso Goldoni vi ricorre per rappresentare un umanità popolare genuina e autentica, che egli descrive dall interno, mettendone in luce vizi e virtù senza scadere in atteggiamenti parodistici o paternalistici. La ricerca del realismo porta l autore a scegliere molto spesso il dialetto veneziano, perché le sue commedie sono ambientate a Venezia e i personaggi popolari si esprimono sempre in dialetto. T4 Todero: il vincitore sconfitto Sior Todero brontolon, atto III, scene XIV-ultima Benché ricco, Todero un rustego (cioè uno zotico) brontolone e dispotico priva il figlio, Pellegrino, e la nuora, Marcolina, di qualsiasi agio e libertà. Grazie all iniziativa dell amica Fortunata, Marcolina trova per la figlia Zanetta un buon partito, Meneghetto: ricco, rispettoso, di modi eleganti, parente della stessa Fortunata. I due giovani si piacciono, ma Todero ha già stabilito di far unire in matrimonio Zanetta con il modesto Nicoletto, figlio del suo fattore, Desiderio, così da tutelare i propri interessi e risparmiare sulla dote. Marcolina si oppone al progetto, ma non può contare sull aiuto del marito, debole di carattere e succube del padre. Così, con la complicità di Zanetta combina il matrimonio tra la propria servetta e Nicoletto; poi, grazie all onestà di Meneghetto, che si dichiara disposto a rinunciare alla dote (almeno finché vive Todero), riesce a far sposare i due giovani. Riportiamo le ultime tre scene della commedia, in cui compaiono tutti i personaggi per lo scioglimento finale, in un vivace e incalzante scambio di battute. Come burlarsi di un vecchio avaro Scena quattordicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto e Desiderio. 5 10 desiderio E mi? Cossa ha da esser de mi? todero E vu tornerè a Bergamo a arar i campi. desiderio Oh! sior patron, la sa con quanta attenzion, con quanta fedeltà l ho servia. La servirò ancora per gnente, senza salario, per gnente. todero Me servirè per gnente? (con più dolcezza) desiderio Sior sì, ghe lo prometto. fortunata Sior sì, sior sì, el ve servirà per gnente. Ma de aria no se vive. El ve servirà per gnente, e el se pagherà da so posta. (a Todero, forte) desiderio Cossa gh ìntrela ela? Me vorla veder precipità? todero Tasè là. (a Desiderio) Son poveromo; mi no posso pagar un fattor. (a Fortunata) marcolina Caro sior missier, no gh avè vostro fio? todero Nol xe bon da gnente. (a Marcolina) 325

Il tesoro della letteratura - volume 2
Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento