Il tesoro della letteratura - volume 2

Il Settecento La pena di morte è inutile Il secondo argomento, di tipo utilitaristico, rappresenta la parte maggiormente articolata del discorso di Beccaria, con cui l autore intende dimostrare che la pena di morte risulta meno efficace sempre nell ottica della deterrenza, vero scopo delle pene della detenzione perpetua (ossia dell ergastolo). Il ragionamento prende le mosse dall individuazione di due situazioni ipotetiche nelle quali la morte di un cittadino può credersi (r. 17) utile o necessaria, e cioè quando nei periodi di guerra civile e di anarchia un soggetto, pur privato della libertà, abbia relazioni e potenza tali da rappresentare una minaccia per la sicurezza della nazione e per la forma di governo stabilita (rr. 19-20); oppure quando, anche in una situazione di normalità (durante il tranquillo regno delle leggi, r. 23), tale pena costituisca l unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti (r. 28). La formulazione di queste due ipotesi ha indotto alcuni studiosi a ritenere la posizione di Beccaria contraddittoria e non pienamente abolizionista. In realtà, il ripetuto e sapiente ricorso all espressione può credersi indica come Beccaria non preveda, nell ambito dello Stato di diritto, alcun caso in cui la pena di morte possa essere giusta, utile e necessaria. Del resto, la prima delle due ipotesi configura una situazione di assenza o di sospensione delle leggi (quando i disordini stessi tengon luogo di leggi, r. 22), e non può dunque essere utilizzata per dimostrare la necessità della pena di morte in una società civile; quanto alla fondatezza della seconda ipotesi, essa è smentita sia dall esperienza storica sia dall esame della natura umana. In ordine a questo secondo punto, Beccaria ricorda che la storia (la sperienza di tutt i se coli, r. 30) dimostra come la pena capitale (l ultimo supplicio, r. 30) non abbia mai costituito un utile deterrente (cioè non abbia distolti gli uomini determinati dall offendere la società, r. 31). A questo scopo, molto più efficace dell intensità della pena è la sua estensione nel tempo (Non è l intensione della pena che fa il maggior effetto sull animo umano, ma l estensione di essa, rr. 38-39). Il massimo effetto dissuasivo non discende dallo spettacolo terribile ma passeggiero (r. 44) della morte di un criminale, che impressiona gli animi per breve tempo, ma dall esempio di un soggetto privato della propria libertà per lungo tempo (dal lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, rr. 44-46). La schiavitù perpetua (r. 67), cioè appunto la reclusione a vita, deve dunque sostituire la pena di morte, la cui presunta esemplarità ha addirittura effetti contraddittori, arrivando a suscitare la solidarietà dei cittadini nei confronti del condannato (divenendo oggetto di compassione mista di sdegno per alcuni, rr. 57-58). 7 Perché secondo Beccaria la pena di morte è inutile? Sintetizza la risposta in 3 righe. 8 Spiega la seguente affermazione: perché questo supplicio sia utile bisogna che non faccia su gli uomini tutta l impressione che far dovrebbe, cioè che sia utile e non utile nel medesimo tempo (rr. 82-83). Lo stile al servizio dei contenuti 286 Le scelte stilistiche Nelle argomentazioni qui esaminate il presupposto utilitarista ha una decisa prevalenza sugli altri elementi ideali a cominciare da quello umanitario, pur presente che concorrono a formare il pensiero di Beccaria. Anche le scelte stilistiche contribuiscono a sostenere l uno o l altro approccio. Come si è già visto, una prosa asciutta e sobria caratterizza lo stile del trattato nei passaggi in cui la concatenazione logica degli argomenti è più serrata e puntuale. Ciò non toglie che la scrittura di Beccaria sappia allontanarsi dall oggettività propria della prosa filosofica e giuridica, per esprimere invece il punto di vista soggettivo del condannato, attraverso l evocazione viva e concreta della sua situazione. il ca-

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Il tesoro della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento