Ad alta quota - volume 1

LIZZO CONOSCO E LOCA IL SETTORE SECONDARIO IN TRASFORMAZIONE Negli anni 70 del XX secolo l industria pesante europea (siderurgica, metalmeccanica e petrolchimica) è entrata in crisi a causa dell aumento dei costi di lavorazione e dell avvento delle materie plastiche, che hanno sostituito in molti campi i materiali tradizionali (per esempio l acciaio). Si è così verificata, in risposta a quella crisi, una trasformazione dell attività produttiva in direzione delle industrie leggere, basate cioè su produzioni specializzate o ad alta tecnologia. Ma per comprendere la crisi attuale del settore industriale e i cambiamenti più recenti è necessario prendere in considerazione anche altri fattori. La concorrenza è diventata globale In tempi di rapida e libera circolazione di prodotti, ricchezze e lavoro, la concorrenza tende a riguardare tutti i settori industriali e a coinvolgere tutti i Paesi. L Europa, infatti, è in competizione non solo con le economie storicamente più sviluppate, come quelle di Stati Uniti e Giappone, ma anche con i cosiddetti Paesi emergenti, che stanno cioè acquisendo un peso sempre maggiore nel quadro mondiale. La Cina, per esempio, che ha un peso demografico enorme e straordinaria disponibilità di manodopera, ha conquistato rapidamente grandi fette di mercato in settori industriali come quello tessile o degli accessori di abbigliamento, mentre l India ha sopravanzato l industria informatica europea. In altre parole, chi riesce a produrre merci a prezzi inferiori, cioè i Paesi dove il lavoro e le materie prime costano meno, o di qualità superiore, grazie alla specializzazione, alla ricerca, alla formazione, ha oggi la possibilità di venderle quasi ovunque grazie allo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni, conOperaia al lavoro in una fabbrica tessile cinese. quistando i mercati di Paesi anche molto lontani e mettendo in difficoltà le industrie che vi operano e che producono a costi maggiori (o con una qualità inferiore). Le industrie sono mobili e flessibili Le industrie europee, sempre meno legate alla vicinanza di miniere, di fonti di energia, di fiumi e di porti (la materia prima può essere portata anche da lontano), tendono oggi a disperdersi sul territorio. Ad attirarle sono di volta in volta i luoghi di consumo dei rispettivi prodotti, i servizi offerti da una certa regione, la qualità e la disponibilità di manodopera. Il fondamentale elemento di mobilità, anzi di trasformazione, è però dato dalla concorrenza e dalle condizioni di mercato, che spingono le imprese a cambiare prodotti e modi di produzione, ma anche a spostare altrove i loro stabilimenti in cerca di condizioni produttive migliori (delocalizzazione): molte aziende dell Europa Occidentale, per esempio, hanno aperto fabbriche nei Paesi dell Europa Orientale dove gli operai sono pagati meno, mentre produttori giapponesi e statunitensi di personal computer hanno aperto sedi nei nuovi distretti tecnologici dell Irlanda. Una tendenza generale è inoltre quella di ridurre le dimensioni degli stabilimenti per accentuarne la flessibilità, cioè la capacità di cambiare rapidamente in relazione alle richieste del mercato: imprese più piccole, che impiegano meno lavoratori e che possono essere riorganizzate più velocemente, rispondono e si adeguano meglio alle tendenze di un mercato in continua evoluzione. Così la scala delle imprese va dal gigantesco, cioè dalle grandi compagnie multinazionali che hanno filiali in molti Paesi, ad aziende piccolissime: pochi lavoratori che svolgono incarichi (commesse) per conto di altre imprese.

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L’Italia e l’Europa