La scoperta dell’arte africana

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La scoperta dell’arte africana

In Francia nasce l’interesse per gli oggetti artistici e artigianali delle colonie

Già nel XVI secolo le grandi scoperte geografiche avevano dato inizio a quello che gli storici chiamano “colonialismo”: le principali potenze politiche ed economiche europee ampliano i loro imperi conquistando vasti territori in America, Africa e Asia. All’inizio dell’Ottocento la Francia, che ha perso i suoi domini nelle Americhe, si lancia alla conquista dell’Africa: controlla ampie zone dell’Africa del Nord (Algeria, Marocco e Tunisia) e continua a espandere i suoi possedimenti a sud del deserto del Sahara e dell’Africa centro-occidentale. Si tratta di un dominio di sfruttamento, che nasce per utilizzare la forza lavoro indigena e le materie prime indispensabili per le industrie europee.

In questo contesto cresce anche l’interesse per gli oggetti artistici o artigianali delle colonie (23): i collezionisti francesi acquistano oggetti in legno, maschere, statue per arricchire con un tocco di esotismo le loro collezioni.

Il fascino delle culture lontane

Come abbiamo visto, già alla fine dell’Ottocento gli impressionisti e i postimpressionisti si erano appassionati alle tradizioni artistiche di Paesi lontani: l’arte giapponese e quella polinesiana offrivano un infinito repertorio di motivi, colori, forme che divennero fonti di ispirazione per un linguaggio nuovo, lontano dalle convenzioni dell’arte occidentale (vedi p. 418).

Analogamente, agli inizi del Novecento gli artisti si avvicinano all’arte africana: le sculture in legno e in avorio, i totem, le maschere per le danze rituali, le statuette propiziatorie, i costumi. Oltre alle esposizioni universali, un modo per conoscere l’arte africana sono le mostre: a Parigi se ne organizzano tre nel 1907, 1917 e 1919, e nel 1938 nasce, sempre nella capitale francese, il Musée de l’Homme con l’obiettivo di presentare una sintesi della storia della specie umana, nelle sue caratteristiche biologiche, ma anche culturali.

Uno degli eventi di maggiore successo è anche, nel 1931, l’esposizione “Parigi coloniale” (24), che intende mostrare le differenti culture e le risorse dei possedimenti coloniali francesi (ovviamente il punto di vista è quello dei conquistatori): l’esibizione ha un successo straordinario, registrando nove milioni di visitatori.

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Picasso e le maschere africane

Nel 1907, lo stesso anno in cui si apre a Parigi la prima mostra di arte africana, Picasso giunge, dopo mesi di studi, all’elaborazione definitiva delle Demoiselles d’Avignon (vedi p. 450): le forme sintetiche, i volumi stilizzati, la semplificazione quasi geometrica delle anatomie sono un elemento che l’artista ricava dalle sculture africane.

Le maschere erano un elemento fondamentale della cultura tradizionale e dell’arte dei popoli dell’Africa subsahariana: come quelle della tribù Hongwe (25) (del Congo) o Senufo (26) (della Costa d’Avorio), le maschere erano usate nelle danze tribali e nei riti religiosi, conferivano un ruolo speciale ai personaggi che le indossavano ed erano solitamente tramandate di padre in figlio.

Per Picasso le maschere avevano la straordinaria capacità di cogliere in modo sintetico i tratti di un volto, ma anche un più profondo significato magico e simbolico: ritrarre i suoi personaggi con volti ispirati a queste forme d’arte era per lui quasi un modo di proteggere la sua arte dalle critiche.

confronta

Confronta i due volti delle figure a destra del dipinto Les demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso con la maschera Hongwe riprodotta in alto. Quali sono, secondo te, gli elementi in comune?

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L’arte africana
  • Nel Novecento in Francia cresce l’interesse per l’arte                                                           
  • Alcuni artisti, come Picasso, si ispirano alle forme stilizzate delle                                                           africane

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi