Annibale Carracci

classicismo

l’artista

Annibale Carracci

Annibale Carracci unisce l’eleganza dei modelli classici all’attenzione al vero

A Bologna, seconda città per importanza dello Stato pontificio dopo Roma, lavora un’importante famiglia di pittori, i Carracci, di cui fanno parte Ludovico e i suoi due cugini, i fratelli Agostino e Annibale (Bologna 1560-Roma 1609).

Dei tre, sarà Annibale a raggiungere una grande fama: dapprima lavora nella città natale con i cugini, dipingendo scene di vita quotidiana delle classi più umili; poi si trasferisce a Roma dove, per la famiglia Farnese, realizza una grande decorazione a tema mitologico che ispirerà a lungo gli artisti del Seicento.

Dipingere il vero

Tra il 1582 e il 1584 Annibale esegue alcuni dipinti con scene ispirate alla vita di persone umili, lavoratori o artigiani. Non sono dipinti comici o grotteschi, ma quadri, talvolta di grandi dimensioni, attenti a rendere con meticolosa precisione ogni dettaglio della realtà.

Nella cosiddetta Grande macelleria (6) l’artista sceglie un formato molto ampio (quasi due metri in altezza e oltre due metri e mezzo in larghezza), che di solito veniva usato solo per scene di storia sacra o mitologia, per raccontare l’attività umile dei macellai nella loro bottega. I loro gesti attenti ed eleganti somigliano a un movimento classico e ricordano quelli di un antico fregio, mentre i vari tagli di carne sono raffigurati con realismo.

Al servizio dei Farnese

Nel 1596 Annibale si trasferisce con il fratello Agostino a Roma, chiamato dal cardinale Odoardo Farnese a lavorare nel palazzo di famiglia. Il rapporto di Annibale Carracci con i Farnese non si limitò alla decorazione del palazzo, ma fu simile a quello di un pittore di corte: pagato dal cardinale (troppo poco, come si lamentava sempre l’artista), Annibale realizza per la famiglia non solo quadri, ma anche soprammobili, stoviglie e decorazioni per le feste.

Nella Galleria del palazzo, tra il 1589 e il 1601, Annibale lavora al suo capolavoro. Si tratta di una stanza stretta e lunga, dove il cardinale esponeva la sua collezione di antichità. Sul soffitto Annibale organizza, all’interno di un’elaborata cornice dipinta, una serie di quadri riportati, ossia di affreschi che simulano dipinti su tavola o su tela. Al centro si trova la scena più grande, il Trionfo di Bacco e Arianna (7), che racconta l’episodio mitologico dell’unione tra il dio del vino e la principessa: le figure, a grandezza naturale, sono disposte in pose eleganti, ispirate alle statue classiche presenti nelle collezioni del cardinale.

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Il primo paesaggio

Subito dopo il grande progetto della Galleria Farnese, all’inizio del Seicento Annibale lavora per un altro importante cardinale, Pietro Aldobrandini. Per lui esegue una delle prime raffigurazioni in cui il paesaggio naturale diventa un genere autonomo: la natura è protagonista assoluta della narrazione, mentre le figure, di dimensioni ridotte, diventano parte integrante dell’ambiente. In Paesaggio con la fuga in Egitto (8) il paesaggio è quasi fiabesco, ogni elemento naturale è inserito in una composizione perfettamente calibrata e bilanciata. I personaggi sacri – la Vergine e Giuseppe che stanno abbandonando la Palestina per mettere in salvo Gesù – diventano tutt’uno con l’ambiente circostante e sembrano quasi scomparire di fronte alla bellezza classica della natura.

  ricorda
Annibale Carracci
  • È attento alla rappresentazione del                                                           
  • Affresca la Galleria Farnese con miti ispirati al mondo classico e con uno stile                                                           
  • Realizza il primo                                                           autonomo

Le vie dell'arte - volume B
Le vie dell'arte - volume B
Dalla preistoria a oggi