4.3 La Germania di Weimar

4.3 La Germania di Weimar

I difficili inizi
Il 9 novembre 1918, dalle ceneri dell’Impero guglielmino travolto dalla guerra nacque la Repubblica tedesca, un’esperienza politica, istituzionale e culturale inedita e di grande rilevanza, ma che ebbe una vita stentata, essendo minacciata da oppositori di ogni sorta e destabilizzata da spinte insurrezionali e tentativi di colpi di Stato.

La proclamazione della Repubblica tedesca, che spinse a un ruolo di primo piano il Partito socialdemocratico tedesco (Spd), relegato all’opposizione sotto il Reich guglielmino, non determinò il venir meno dell’instabilità postbellica. La profonda lacerazione consumatasi nell’ambito del movimento operaio tedesco fu sancita tra fine dicembre 1918 e inizio gennaio 1919 dalla costituzione del Partito comunista tedesco (Kpd), leale alla Russia bolscevica e ostile all’atteggiamento “legalista” della Spd. Intanto, la capitale Berlino era scossa da veri e propri episodi di guerra civile. La Lega di Spartaco, un gruppo di estrema sinistra (poi confluito nel Kpd) che ambiva a innescare un processo rivoluzionario sul modello sovietico, tentò un’insurrezione per rovesciare il governo appoggiato dai socialdemocratici, che sostenevano invece la necessità di promuovere le riforme sociali all’interno delle strutture statali esistenti.

La repressione, ordinata dal ministro degli Interni, il socialdemocratico Gustav Noske, fu eseguita dalle formazioni paramilitari nazionaliste dei Freikorps che, durante i durissimi scontri avvenuti per le strade della città, uccisero anche i due leader spartachisti Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht [ 3].

La Costituzione di Weimar
Nello stesso mese di gennaio si tennero le elezioni dell’Assemblea costituente che, nel luglio successivo, approvò la Costituzione di Weimar (dal nome della città in cui si erano svolti i lavori). Si trattava di una carta molto avanzata sul piano dei diritti politici e civili, prevedendo, tra le altre cose, il suffragio universale maschile e femminile, la responsabilità del governo di fronte al parlamento e l’estensione delle tutele sociali [▶ idee, p. 148].
Le elezioni avevano però anche determinato una situazione di pericolosa instabilità politica. La Spd aveva infatti perso la maggioranza assoluta del parlamento, trovandosi costretta a governare insieme al Centro cattolico e ai gruppi liberali eredi delle formazioni politiche prebelliche, risultando così meno incisiva nella sua azione riformatrice.
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I costi della sconfitta
A scuotere le già fragili istituzioni postbelliche intervennero inoltre la forza della propaganda nazionalista antidemocratica e la gravissima crisi economica che investì il paese a seguito degli accordi di pace stabiliti a Versailles. Quando nell’estate del 1919 furono resi noti i termini del trattato, l’opinione pubblica tedesca, che aveva vissuto la quotidianità della guerra in modo relativamente meno intenso rispetto a ciò che era avvenuto in altri territori europei, manifestò un sentimento di sdegno e di collera, considerando inaccettabili le condizioni imposte dalle potenze vincitrici [▶ par. 2.7]. Gli stessi generali – in particolare Ludendorff, anche per giustificare il fallimento delle offensive del 1918 [▶ cap. 2.6] – approfittarono di questo clima politico e sociale per diffondere la leggenda della “pugnalata alla schiena”: l’idea, cioè, che al momento della firma dell’armistizio la guerra potesse essere ancora vinta dalla Germania. Da un punto di vista militare questa tesi era in realtà insostenibile: sebbene nel novembre 1918 le truppe anglo-americane e francesi non avessero ancora penetrato il fronte occidentale e a est l’Impero tedesco controllasse gli immensi spazi acquisiti con il Trattato di Brest-Litovsk stipulata con la Russia bolscevica, il destino militare del Reich era ormai segnato di fronte all’offensiva di forze superiori e al collasso morale del fronte interno tedesco. Nonostante ciò, su un piano politico questa propaganda ebbe l’effetto di gettare discredito sulla classe dirigente repubblicana e in particolare sulla Spd.

L’altro principale elemento di crisi fu la questione delle riparazioni di guerra imposte dai trattati e stabilite nella loro entità nel 1921. Si trattava di somme enormi, il pagamento delle quali avrebbe impedito all’economia tedesca di risollevarsi. Al fine di piegare le resistenze del governo tedesco, nel 1923, a seguito del mancato pagamento di alcune rate, la Francia procedette all’occupazione della Ruhr, uno dei più importanti distretti industriali tedeschi. Il governo, non potendo reagire militarmente perché la regione di confine era stata smilitarizzata in base al Trattato di Versailles, incoraggiò e finanziò la resistenza passiva di operai e imprenditori, affrontando però così ingenti spese che, insieme all’indisponibilità di una parte fondamentale delle risorse produttive del paese, determinarono un ulteriore ed estremo aggravarsi del processo inflazionistico già in corso. La drammatica iperinflazione del 1923 polverizzò il valore del marco, che valeva ormai meno della stessa carta su cui era stampato. Il minimo storico fu toccato il 15 novembre 1923, quando per un dollaro occorrevano 4200 miliardi di marchi [ 4].

Storie. Il passato nel presente - volume 3
Storie. Il passato nel presente - volume 3
Dal 1900 a oggi