per riprendere il filo

L’Europa e il mondo fra il XVII e il XVIII secolo

   1. Gli scontri per l’egemonia in Europa


   2. Le monarchie europee e la penisola italiana


   3. L’espansionismo europeo

1. Gli scontri per l’egemonia in Europa

Il regno di Leopoldo I e gli equilibri interni
Dopo la fine della lunga e sanguinosa Guerra dei Trent’anni (1618-48), gli Asburgo del Sacro Romano Impero avevano ormai rinunciato a rafforzare il loro potere sul mondo tedesco ed erano stati costretti ad accettare il passaggio al protestantesimo di molte regioni. Il lungo regno di Leopoldo I (1658-1705) fu quindi caratterizzato da un maggiore investimento sull’area austriaca e sul consolidamento della sua identità cattolica. L’imperatore regnava infatti su territori vasti, in cui dominavano i particolarismi e i privilegi locali: proprio per arginare queste tendenze, puntò molto sul ruolo della corte sottraendoli a soggetti che potevano mostrarsi lontani dal volere della corona.

I legami con il ramo spagnolo della dinastia furono allentati, nell’intento di consolidare i possedimenti dell’Europa centrale. I casati dominanti acquisirono prestigio arricchendo i loro palazzi e puntando sulle città capitali, che ospitavano uffici, accademie e biblioteche. La Baviera si strinse intorno alla famiglia dei Wittelsbach, principi elettori del Sacro Romano Impero che valorizzarono la “Residenza” di Monaco e furono capaci di allargare la loro sfera di influenza su arcivescovati e ducati. La Sassonia trovò un punto di riferimento sempre più forte nei Wettin che trasformarono Dresda in un centro culturale di rilievo, favorendo anche nuove attività produttive.

Il Ducato di Hannover conobbe un processo simile sotto Ernesto di Brunswick-Lüneburg (1629-98), il quale diede un grosso aiuto militare a Leopoldo nelle situazioni di emergenza, ottenendo in cambio il titolo di elettore. Nessuno Stato, però, fu interessato da un’espansione paragonabile a quella del Prussia-Brandeburgo. Sotto la guida di Federico Guglielmo di Hohenzollern, al trono dal 1640 al 1688, fu creato un esercito permanente, fu riorganizzato il prelievo delle imposte, venne reclutata una fitta schiera di funzionari provenienti dalla borghesia colta per controllare città e campagne, furono favoriti il commercio e la manifattura.

L’Impero ottomano e l’attacco a Vienna

I confini orientali del Sacro Romano Impero erano minacciati dall’Impero ottomano, che copriva un’area cruciale sul piano geopolitico, stretto fra la crescente potenza russa – ormai arrivata fino al Mar Nero – e la Persia della dinastia safavide, e quindi sempre più proiettata verso i Balcani. Durante il regno di Mehemet IV (1642-93) ci furono diversi episodi di insubordinazione, sia fra i ceti più elevati, sia fra i membri degli apparati militari. Una buona fetta di potere era stata trasferita nelle mani del  gran visir, un capo militare che gestiva gli affari di Stato e che poteva essere esautorato solo dal sultano in persona. 

Gli apparati centrali erano sempre meno capaci di esercitare una forte pressione fiscale ed erano in difficoltà di fronte ai poteri provinciali di notabili e burocrati che rivendicavano maggiori autonomie. I giannizzeri – corpo di fanteria dotato di importanti mansioni, fra cui la difesa del sultano – erano sempre più legati alle terre e alle ricchezze personali. Le autorità religiose (gli ulema), cominciarono a farsi portatori di una cultura conservatrice, opponendosi ai tentativi di riforma e alle nuove correnti di pensiero, facendo leva sul loro ruolo di sapienti ritenuti a conoscenza della volontà di Dio.

In questa situazione di instabilità si consumò l’attacco a Vienna del 1683 [ 1], che vide impegnato un esercito di 140 000 uomini e si concluse con una pesante disfat

ta per i turchi, aprendo un periodo di crisi e di isolamento culturale. L’episodio fu decisivo nella definizione degli equilibri fra gli Stati dell’Europa occidentale e l’intera area centrorientale del continente. Si schierarono infatti al fianco dell’Austria il re di Polonia Giovanni III Sobieski, diversi principi territoriali tedeschi nonché Stati italiani come la Repubblica di Venezia e il Granducato di Toscana.

L’imperatore Leopoldo I riuscì a trarre vantaggi dall’affermazione del nuovo fronte antiottomano, dando inizio a una controffensiva che cominciò con l’occupazione dell’Ungheria per poi proseguire con un ampliamento territoriale che portò sotto il controllo degli Asburgo d’Austria anche la Transilvania e la Croazia (Pace di Carlowitz del 1699).

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Gli Stati barbareschi del Maghreb
Il ripiegamento dell’Impero ottomano produsse effetti importanti anche sull’Africa. Trovandosi di fronte a una difficile espansione a nordovest, l’iniziativa commerciale e religiosa si intensificò lungo il corso del Nilo e in tutta la cintura territoriale che lambiva il Mar Rosso: l’area, pur non essendo completamente sottoposta al dominio del sultano [ 2] si trovò di fronte a un rinnovato processo di islamizzazione, esplorando nuove possibilità di scambi con l’entroterra asiatico e l’India.

La fascia settentrionale del continente affacciata sul Mediterraneo approfittò invece del parziale affrancamento dalla  Sublime Porta ottenuto negli anni Venti del Seicento e finì sotto il controllo sempre più stretto di dinastie locali che svilupparono intorno a città come Algeri, Tunisi, Tripoli degli organismi statali autonomi, definiti dagli europei come “barbareschi”. Questi ultimi costruivano la loro floridità economica sul commercio, ma soprattutto sulle scorrerie dei pirati e sul rapimento di naviganti provenienti dall’Europa cristiana, restituiti ai loro paesi d’origine in cambio di ricchi riscatti. Questo traffico di esseri umani mantenne intatta la sua floridità fino ai primi decenni del Settecento.

Storie. Il passato nel presente - volume 2
Storie. Il passato nel presente - volume 2
Dal 1715 al 1900