FENOMENI - Superiorità europea nel mondo: la fine di un paradigma

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Superiorità europea nel mondo: la fine di un paradigma

Il primato europeo nel mondo fra realtà e costruzione culturale

Già alla fine degli anni Settanta del Novecento lo storico francese Fernand Braudel (1902-85) denunciò la presenza di una “disuguaglianza storiografica” fra l’Europa e il resto del mondo. Avendo forgiato gli strumenti basilari della disciplina storica, gli europei se ne erano serviti a proprio vantaggio, interpretando le vicende del globo in maniera parziale e postulando una superiorità del loro continente che non trovava riscontri nelle ricerche svolte. Basti pensare al fatto che grandi innovazioni tecnologiche come la stampa, la polvere da sparo o la bussola erano arrivate dall’Asia grazie alla mediazione di viaggiatori, missionari e mercanti che tenevano in contatto terre lontanissime fra loro.

Il “sorpasso” europeo

Rimaneva tuttavia un nodo da sciogliere: lo sviluppo del sistema capitalistico nel vecchio continente e l’inizio di politiche espansionistiche e imperialistiche. In un libro del 1981 dal titolo Il miracolo europeo, l’economista e storico Eric Jones (n. 1936) cercò di spiegare l’avanzata del potere europeo nel corso dell’età moderna e l’inizio dei colonialismi mettendo a confronto i quattro grandi sistemi politici del blocco euroasiatico tra il XVI e il XVIII secolo: l’Impero ottomano, quello indiano moghul, quello cinese dei Qing e l’insieme degli Stati europei. Stando ai risultati della sua indagine, questi ultimi avevano stabilito un sistema di concorrenza reciproca attraverso il quale avevano messo a punto apparati militari e industriali capaci di stimolare la propensione al commercio e agli investimenti, nonché alle esplorazioni geografiche. Per Jones, le ragioni del primato europeo erano quindi politico-economiche, più che culturali.

La sua idea è stata in parte condivisa anche da altri studiosi, come Charles Parker, ma con alcune significative correzioni. Secondo Parker, alle soglie della “rivoluzione industriale”, che avrebbe cambiato radicalmente il tessuto economico del Vecchio continente, le potenze europee erano divenute capaci di dominare i mari e di costruire grandi sfere di influenza, come avvenne nei casi inglese, francese, spagnolo e olandese. Questo proprio mentre i grandi organismi politici esistenti sul versante asiatico si stavano disgregando e non erano più in grado di garantire un supporto alle loro ricchissime tradizioni culturali e ai loro sistemi economici.

Una lettura più aggiornata

L’avanzata del potere economico e politico europeo sugli altri continenti, definitasi nel corso dell’età moderna e destinata ad assumere contorni sempre più netti fra XVIII e XIX secolo, ha però influenzato le letture della storia del mondo, fondate in modo forzato su una periodizzazione prettamente europea (storia antica, medievale, moderna e contemporanea) e su una costante misurazione delle distanze culturali, tecnologiche, politiche ed economiche fra Occidente e altre aree del pianeta. Poca attenzione è invece stata dedicata a ciò che l’Europa ha ricevuto dagli altri continenti.

Negli ultimi anni, tuttavia, le prospettive interpretative sono cambiate e si è dimostrata definitivamente inattendibile l’idea della cosiddetta “occidentalizzazione del mondo” avvenuta fra Medioevo ed età moderna. Studiosi importanti come l’inglese Christopher Bayly (1945-2015) hanno dimostrato in maniera eloquente che le evoluzioni degli stili di vita e delle dinamiche militari, economiche e culturali di diverse aree del pianeta non sono avvenute in virtù dell’imporsi di un’egemonia europea, bensì in seguito a una serie di scambi di saperi, tecnologie e conoscenze sviluppatisi gradualmente fra le diverse aree del globo. Si è così compreso che non è mai esistito un primato europeo assoluto: il punto di forza dell’Europa, in questo quadro, non è stato di tipo culturale, né di stampo prettamente economico. Si è piuttosto trattato di una specificità politica – la presenza di organismi politici stabili, che abbiamo chiamato “Stato moderno” – capaci di sviluppare politiche economiche (come il mercantilismo) e militari più efficienti di quelle promosse dai grandi organismi politici orientali.

Storie. Il passato nel presente - volume 1
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Dal 1000 al 1715