Il paese della tolleranza
Religione e pragmatismo
Nel Seicento, il “secolo d’oro” delle Province Unite, l’atmosfera che si respirava nella repubblica era di un’apertura straordinaria, soprattutto nelle città e in particolare ad Amsterdam. Alla vivacità dei traffici commerciali si accompagnavano una notevole curiosità culturale e l’interesse per le notizie provenienti da tutto il mondo, che originarono un diffuso mercato della stampa con la circolazione di volumi e opuscoli e delle prime “gazzette”, fogli periodici in cui si raccontavano le più importanti novità.
Tratto tipico della società olandese del tempo era inoltre una certa tolleranza nei confronti delle diverse confessioni religiose. L’adesione al calvinismo si era ampiamente diffusa prima fra gli artigiani, poi fra mercanti e uomini d’affari, i ceti dinamici propensi a ricercare nel successo personale il segno della grazia divina. Ciò, però, non aveva generato evidenti fenomeni di fanatismo né dato vita a persecuzioni delle altre fedi. A metà del secolo, in un’epoca di gravi conflitti religiosi, un terzo della popolazione di Amsterdam proveniva dai cattolici Paesi Bassi spagnoli, per non parlare dei numerosi immigrati che giungevano da tutta Europa con il loro bagaglio di usi e costumi diversi. Ciò era possibile perché le scelte religiose, nella società olandese del tempo, si accompagnavano a un forte pragmatismo, per cui per esempio mercanti e banchieri continuavano a concludere lucrosi affari persino con gli spagnoli, con cui la repubblica era formalmente in stato di guerra.
Una libertà relativa
La capacità di integrazione e l’affermazione di principi di tolleranza religiosa avevano comunque dei limiti. La fede cattolica, identificata come espressione di un potere repressivo (quello spagnolo), non godeva infatti di piena libertà. Lo stesso calvinismo non fu esente da dissidi e polemiche interne: i sostenitori della sua interpretazione più intransigente imposero la persecuzione e il bando dei più moderati.
Anche figure sgradite all’establishment religioso della città poterono comunque continuare a esprimere il proprio pensiero. Lo dimostra il caso del filosofo Baruch Spinoza (1632-77) che venne cacciato dalla comunità ebraica perché la sua analisi filosofica razionale negava la verità assoluta della Bibbia, riconoscendole un valore etico ma non scientifico. Egli poté continuare la sua opera, arrivando a concepire un sistema filosofico in cui Dio coincideva con la Natura. Le violente reazioni alle sue posizioni, tuttavia, gli consigliarono di smettere di pubblicare le sue opere. L’idea della libertà di pensiero e di parola come elemento di vantaggio per l’intera società, contenuta nei suoi scritti, era ancora lontana da una compiuta affermazione.